Janet Evanovich - Bastardo numero uno

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A corto di soldi, Stephanie Plum rimedia un lavoro, nella società di assicurazioni del cugino, come “cacciatrice di teste”, con il compito di consegnare alla polizia tutti gli arrestati rilasciati su cauzione che non si sono presentati in tribunale per il processo. Il suo primo caso è però quello di un agente di polizia ingiustamente accusato di omicidio, un ex compagno di liceo di Stephanie, al cui Anche pubblicato come “Tutto per denaro”.

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«Ora potrei colpirti con il gas», sussurrai.

Lui alzò la testa, ma non aprì gli occhi. Un sorriso gli increspò gli angoli della bocca. «Non è nel tuo stile, bellezza.»

Dormiva ancora sul pavimento davanti al televisore quando mi alzai alle otto. In punta di piedi gli passai vicino e uscii per andare a correre. Quando rientrai, leggeva il giornale e beveva il caffè.

«C’è qualcosa sull’esplosione?» gli chiesi.

«L’articolo e le foto sono in terza pagina. La definiscono un’esplosione inspiegabile. Niente di particolarmente interessante.» Mi guardò da sopra il giornale. «Dorsey ha lasciato un altro messaggio sulla segreteria telefonica. Forse dovresti sentire che cosa vuole.»

Feci una rapida doccia, indossai abiti puliti e applicai un po’ di crema alla mia faccia arrossata. Poi il mio naso spellato mi portò diritta alla caffettiera. Bevvi mezza tazza mentre leggevo i fumetti del giornale e finalmente chiamai Dorsey.

«Sono arrivate le analisi di laboratorio», annunciò il poliziotto. «Era decisamente una bomba. Un lavoro da professionisti. Naturalmente, basta prendere un libro da qualsiasi biblioteca per sapere come si confeziona una bomba. A ogni modo, desideravo che lo sapesse.»

«Lo sospettavo.»

«Ha idea di chi possa essere stato?»

«Nessun nome.»

«Che ne dice di Morelli?»

«È una possibilità», ammisi.

«Ieri non si è fatta vedere alla centrale.»

Stava cercando di ottenere informazioni. Sapeva che c’era qualcosa di poco chiaro in tutta la faccenda, solo che non lo aveva ancora inquadrato. Benvenuto Dorsey. «Cercherò di venire oggi», promisi.

«Le consiglio di provarci, sul serio.»

Riappesi e finii di bere il caffè. «Dorsey vuole che vada da lui.»

«Ci vai?» chiese Morelli.

«No, mi farà domande a cui non posso rispondere.»

«Allora stamattina dovresti passare un po’ di tempo in Stark Street», suggerì lui.

«Stamattina no. Ho altro da fare.»

«Per esempio?»

«Cose personali.»

Lui inarcò le sopracciglia con aria interrogativa.

«Ho dei nodi da sciogliere… nel caso…»

«Nel caso di che cosa?» insisté Morelli.

Risposi con un gesto esasperato: «Nel caso che mi capiti qualcosa. In questi ultimi dieci giorni sono stata perseguitata da un sadico e ora sono sulla lista di un bombardiere professionista. Mi sento un po’ insicura, okay? Lasciami riprendere fiato, Morelli. Devo vedere certe persone, ho alcune commissioni da fare.»

Lui mi staccò con dolcezza una striscia di pelle dal naso. «Andrà tutto bene», disse con voce sommessa. «Capisco che tu sia spaventata, lo sono anch’io. Ma noi siamo i buoni e i buoni vincono sempre.»

Mi sentivo un’idiota perché Morelli si mostrava così gentile con me, quando in realtà ciò che volevo fare era andare da Bernie a comperare un frullatore e avere gratis la mia bottiglia di daiquiri.

«Come pensi di andare a fare queste commissioni, senza la jeep?» domandò Morelli.

«Ho ripreso la Nova.»

A quel punto lui fece una smorfia. «Non l’avrai parcheggiata qui sotto, eh?»

«Speravo che il bombardiere non avrebbe riconosciuto la mia auto.»

«Dio santo!»

«Sono sicura di non dovermi preoccupare.»

«Ma certo, sono sicuro anch’io. Scendo con te per accertarmi di essere doppiamente sicuro.»

Raccolsi il mio armamentario, controllai le finestre e inserii la segreteria telefonica. Morelli mi aspettava alla porta. Scendemmo insieme le scale e ci fermammo quando raggiungemmo la Nova.

«Anche se il bombardiere sapesse che questa è la tua macchina, sarebbe un idiota a riprovarci la seconda volta», osservò Morelli. «Dalle statistiche risulta che il secondo colpo proviene sempre da una direzione diversa.»

Osservazione sensata, ma i miei piedi erano incollati al selciato e il cuore mi batteva furiosamente. «Okay, vado», dissi. «Adesso o mai più.»

Morelli si era disteso sul ventre e guardava sotto la Nova.

«Che cosa vedi?» gli chiesi.

«Una gran perdita d’olio.» Strisciò fuori e si rialzò.

Sollevai il cofano ed esaminai l’asta dell’olio. Meraviglia delle meraviglie: la macchina era a secco. Misi due barattoli d’olio e richiusi il cofano.

Morelli aveva preso le chiavi dalla portiera e s’infilò davanti al volante. «Resta indietro», mi ordinò.

«Assolutamente no. Questa è la mia auto, ci penso io a metterla in moto.»

«Se uno di noi due deve saltare in aria, meglio che tocchi a me. Tanto posso considerarmi morto se non trovo quel testimone scomparso. Allontanati.»

Lui girò la chiave. Non successe niente. Mi guardò.

«Qualche volta bisogna darle un colpetto», suggerii.

Lui tornò a girare la chiave e tirò un pugno sul cruscotto. L’auto tossicchiò e poi si accese. Stentò, poi il motore iniziò a girare.

Morelli si lasciò andare sul volante, tenendo gli occhi chiusi. «Cristo.»

Lo guardai attraverso il finestrino. «Hai bagnato il sedile?»

«Molto divertente.» Scese dalla macchina e mi tenne aperta la portiera. «Vuoi che ti segua?»

«No, non occorre. Grazie.»

«Mi troverai in Stark Street, se hai bisogno di me. Chissà… forse il testimone si presenta alla palestra.»

Quando raggiunsi il negozio di Bernie, notai che la gente non stava in coda per entrare, perciò conclusi che ero una dei primi clienti.

«Ehi!» salutò Bernie. «Guarda chi c’è.»

«Ho ricevuto il tuo messaggio per il frullatore.»

«È questo piccolo gioiello», disse lui dando un colpetto a un frullatore esposto. «Frulla noci, ghiaccio, banane e fa un ottimo daiquiri.»

Guardai il prezzo del frullatore; potevo permettermelo. «Venduto. Posso avere la mia bottiglia di daiquiri in omaggio?»

«Certamente.» Bernie portò un frullatore nella sua scatola alla cassa e lo impacchettò. «Come va?» chiese imbarazzato, gli occhi fissi ai peli bruciacchiati che un tempo erano stati le mie sopracciglia.

«Meglio.»

«Un daiquiri ti farà bene.»

«Senza ombra di dubbio», approvai.

Sull’altro lato della strada, Sal stava lucidando la porta del suo negozio. Era un uomo dall’aspetto gradevole, robusto e stempiato, avvolto nel suo grembiulone bianco da macellaio. Per quello che ne sapevo, faceva anche l’allibratore a tempo perso. Niente di speciale. Dubitavo che fosse implicato. Ma allora, perché un tipo come Kulesza, la cui vita era concentrata in Stark Street, attraversava la città per andare da Sal? Avevo poche informazioni su Kulesza, non sapevo nulla della sua vita; l’unica informazione abbastanza interessante era che andava a far spesa da Sal. Forse Ziggy era uno scommettitore. Forse lui e Sal erano vecchi amici. O erano legati in qualche modo. A ripensarci, era possibile che Sal sapesse qualcosa di Carmen o dell’uomo con il naso schiacciato.

Chiacchierai ancora per qualche minuto con Bernie, mentre mi si affacciava l’idea di interrogare Sal. Vidi una donna entrare nel negozio e fare un acquisto. Mi sembrava un buon approccio. Mi avrebbe offerto l’opportunità di guardarmi attorno.

Promisi a Bernie che sarei tornata per comperare altri articoli e attraversai la strada.

13

Spinsi la porta del negozio di Sal e mi avvicinai al lungo banco d’esposizione pieno di bistecche, vassoi di carne macinata e pezzi d’arrosto già avvolti con lo spago.

Sal mi accolse con un sorriso. «Desidera?»

«Ero da Kuntz’s a comperare un frullatore…» Alzai il pacchetto perché lo vedesse. «…e ho pensato di prendere qualcosa per la cena, intanto che ero qui.»

«Salsicce? Pesce fresco? Un pezzo di pollo?»

«Pesce.»

«Ho delle sogliole appena pescate al largo del Jersey.»

«Probabilmente luccicavano al buio. Bene. Me ne dia per due persone.»

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