Dovevo andare alla stazione di polizia, ma ero senza macchina. In tasca, pochi dollari. Neanche un soldo sul conto corrente e le carte di credito erano scoperte. Dovevo effettuare un altro arresto.
Chiamai Connie e le riferii quanto era accaduto a Morty Beyers.
«Questo costituisce una grossa falla nella diga di Vinnie», osservò Connie. «Ranger è convalescente dopo una sparatoria e adesso Morty Beyers esce di scena. Erano i nostri due agenti migliori.»
«Già, un vero peccato. Suppongo che a Vinnie sia rimasta io sola.»
All’altro capo del filo seguì una lunga pausa. «Non sei stata tu a far fuori Morty, no?»
«In un certo senso, Beyers se l’è voluta. Hai qualche caso facile? Mi serve denaro in fretta.»
«Ho un tale che non si è presentato all’udienza con una cauzione di duemila dollari. Atti osceni. È stato buttato fuori da tre case di riposo. Attualmente vive in un appartamento non so dove.» Sentii Connie che sfogliava alcune carte. «Eccolo», annunciò alla fine. «Santo cielo, abita nel tuo stabile.»
«Come si chiama?» m’informai.
«William Earling. Appartamento 3E.»
Afferrai la borsa e guardai su. Salii le scale fino al terzo piano, contai gli appartamenti e bussai alla porta di Earling. Mi aprì un uomo e immediatamente sospettai che fosse la persona giusta poiché era vecchio e completamente nudo. «Signor Earling?» chiesi.
«Sono io. Le sembro in forma, carina? Le pare che sia bene attrezzato?»
Mi ordinai mentalmente di non guardare, ma i miei occhi si abbassarono senza volerlo. Non solo non era attrezzato, ma i suoi organi genitali erano completamente avvizziti. «Veramente notevole», dissi e gli tesi il mio biglietto da visita. «Lavoro per Vincent Plum, il suo garante. Lei non si è presentato all’udienza, signor Earling. Devo portarla in città così potrà rimettersi in nota.»
«Quelle maledette udienze sono una perdita di tempo», dichiarò Earling. «Ho settantasei anni. Crede che manderanno in galera un uomo della mia età solo perché ha mostrato in giro i suoi attributi?»
Sinceramente, lo speravo. Vedere Earling nudo bastava a farmi desiderare di restare nubile. «Devo accompagnarla in città. Che ne dice di vestirsi?»
«Non indosso abiti. Dio mi ha fatto venire al mondo nudo e così me ne andrò.»
«Okay, per me, ma nel frattempo desidero che si vesta.»
«Se vuole che la segua, vengo nudo.»
Tirai fuori le manette e gliele feci scattare ai polsi.
«Brutalità poliziesca», strillò lui.
«Spiacente di deluderla, ma non sono un poliziotto.»
«Be’, che cos’è, allora?»
«Sono un’agente incaricata di ricercare i latitanti che non hanno tenuto fede alle clausole della libertà su cauzione.»
«Fa lo stesso. Brutalità, brutalità!»
Andai all’armadio in anticamera, trovai un impermeabile e glielo abbottonai addosso.
«Non vengo con lei», strillò Earling irrigidendosi, le mani ammanettate sotto l’indumento. «Non può costringermi.»
«Ascolti, nonnino, o viene con le buone, o la immobilizzo con il gas e la trascino per i piedi», minacciai.
Stentavo a credere che stessi parlando in quel modo a un povero vecchio. Ero inorridita per il mio comportamento, ma accidenti, l’operazione valeva duecento dollari.
«Non si scordi di chiudere a chiave», mi ammonì lui. «Questo quartiere è diventato impossibile. Le chiavi sono in cucina.»
Presi le chiavi, una aveva inciso un piccolo logo della Buick. Bel colpo. «Un’altra cosa», dissi. «Le dispiace se prendo la sua auto per accompagnarla in città?»
«Niente in contrario, purché non sprechi troppa benzina. Io ho un reddito fisso, sa.»
Portai dentro il signor Earling a tempo di record, badando a non imbattermi in Dorsey. Tornando a casa mi fermai all’ufficio per ritirare il mio assegno e poi in banca per incassarlo. Parcheggiai l’auto di Earling il più vicino possibile al portone per far sì che si mostrasse in giro nudo il meno possibile una volta che fosse uscito di prigione. Non volevo più rivederlo a meno che non fosse del tutto inevitabile.
Salii in casa e chiamai i miei; tremavo al pensiero di ciò che stavo per fare.
«Papà è fuori con il taxi?» m’informai. «Avrei bisogno di fare una corsa.»
«Oggi non lavora, è qui. Dove devi andare?» chiese mia madre.
«A un residence sulla Route 1.» Ancora tremavo.
«Adesso?»
«Sì, adesso», confermai con un sospiro.
«Stasera preparo lumache farcite. Vieni?» mi propose mia madre.
Desideravo le lumache ripiene più di qualsiasi altra cosa al mondo, più del sesso, di un’auto veloce, di una notte fresca o delle sopracciglia. Per un po’ volevo tornare bambina, sentirmi al sicuro, coccolata dalla mamma che mi riempiva il bicchiere di latte sollevandomi dalle mie responsabilità. Desideravo trascorrere qualche ora in una casa stipata di mobili orribili con un insopportabile odore di cucina in tutte le stanze. «Non vedo l’ora di gustare le tue lumache.»
Mio padre mi aspettava alla porta sul retro dopo un quarto d’ora. Ebbe un sussulto, vedendomi.
«C’è stato un incidente nel parcheggio», spiegai. «Un’auto si è incendiata e io ero troppo vicina.» Gli diedi l’indirizzo e lo pregai di fermarsi al K-Mart mentre eravamo sulla strada. Mezz’ora dopo, papà mi lasciò nel parcheggio di Morelli.
«Dì a mamma che sarò da voi per le sei», annunciai.
Lui guardò la Nova e le lattine d’olio che avevo appena comperato. Forse è meglio che mi fermi per vedere se parte.
Misi l’olio e controllai il livello. Feci a mio padre un cenno affermativo. Lui non parve affatto impressionato. Salii al volante, diedi un pugno al cruscotto e avviai il motore. «Parte sempre», gridai.
Mio padre era rimasto impassibile, sapevo che stava pensando che avrei dovuto acquistare una Buick. Certe cose non capitano mai con una Buick. Uscimmo insieme dal parcheggio, salutai papà agitando il braccio e puntai la Nova in direzione del Ye Olde Muffler Shoppe. Passai davanti al tetto arancione e appuntito sull’ Howard Johnson Motel , allo Shady Grove Trailer Park , al canile Happy Days Kennels. Gli altri automobilisti si tenevano a debita distanza non osando entrare nella mia rumorosa scia. Dopo circa dieci chilometri mi rallegrai alla vista dell’insegna su cui campeggiava una marmitta gialla e nera.
Portavo gli occhiali Oakleys per nascondere le sopracciglia, ma l’uomo al banco mi guardò ugualmente due volte. Riempii i moduli, gli diedi le chiavi e andai a sedermi nella saletta riservata ai proprietari delle auto in riparazione. Quarantacinque minuti più tardi ero di nuovo per strada. Notai il fumo solo quando mi fermai a un incrocio, la luce rossa si accendeva di tanto in tanto. Non potevo aspettarmi di meglio, conclusi.
Mia madre attaccò appena misi piede sul portico: «Ogni volta che ti vedo, è sempre peggio. Lividi, tagli, e adesso guarda che capelli! Oh Dio, non hai più le sopracciglia! Che cosa ti è successo? Tuo padre mi ha detto che ti sei trovata vicino a un incendio».
«Un’auto ha preso fuoco nel mio parcheggio. Niente di grave.»
«L’ho visto in televisione», intervenne nonna Mazur passando davanti a mia madre con una gomitata. «Hanno detto che è stata l’esplosione di una bomba. La macchina è volata in cielo. E dentro c’era un tale, un losco figuro che si chiamava Beyers. Dicono che non sia rimasto molto di lui.»
Nonna Mazur indossava una blusa di cotone rosa e arancione, con le maniche di lamé, shorts da ciclista blu, scarpe da tennis bianche e calze arrotolate sopra il ginocchio.
«Belli i tuoi shorts», osservai. «Un colore stupendo.»
«È andata a un funerale così conciata, oggi pomeriggio», gridò mio padre dalla cucina. «Era la funzione per Tony Mancuso.»
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