Janet Evanovich - Bastardo numero uno

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A corto di soldi, Stephanie Plum rimedia un lavoro, nella società di assicurazioni del cugino, come “cacciatrice di teste”, con il compito di consegnare alla polizia tutti gli arrestati rilasciati su cauzione che non si sono presentati in tribunale per il processo. Il suo primo caso è però quello di un agente di polizia ingiustamente accusato di omicidio, un ex compagno di liceo di Stephanie, al cui Anche pubblicato come “Tutto per denaro”.

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La pausa che seguì durò per un paio di secondi.

«Traduco», riprese Morelli. «Ti sentivi sola e spaventata e hai portato con te Rex per tenerti compagnia.»

«Sono momenti difficili.»

«Parliamone», suggerì lui.

«Immagino che vorrai andartene da Trenton prima che Beyers ritorni.»

«Credo di sì. Sono troppo scoperto in questa auto. Devo ritirare il furgone stasera alle sei, poi torno.»

«Ci sentiamo più tardi.»

«Ricevuto, Capitan Video.»

Tornai a letto e dopo due ore mi svegliai di soprassalto sentendo l’allarme della Cherokee che ululava nel parcheggio. Scesi dal letto in un baleno, corsi alla finestra, tirai le tende in tempo per vedere Morty Beyers che fracassava l’antifurto con il calcio della pistola.

«Beyers!» strillai dalla finestra. «Che accidenti credi di fare?»

«Mia moglie mi ha lasciato e si è presa la Escort.»

«E allora?»

«E allora mi serve un’auto. Stavo per noleggiarne una quando mi è venuta in mente la jeep di Morelli. Ho pensato di risparmiare un po’ di soldi, finché non rintraccio Mona.»

«Cristo, Beyers, non puoi entrare in un parcheggio e portarti via la macchina di un altro. Questo si chiama furto. Sei un maledetto ladro d’auto!»

«E con questo?»

«Dove hai preso le chiavi?»

«Nello stesso posto dove le hai trovate tu. Nell’appartamento di Morelli. C’era un mazzo di scorta nel cassettone.»

«Non te la caverai, te l’assicuro.»

«Cosa vuoi fare, chiamare la polizia?»

«Dio ti punirà.»

«E chi se ne frega!» Beyers scivolò al volante, prese tempo per aggiustarsi il sedile e per accendere la radio.

Arrogante bastardo, pensai. Non solo mi rubava la macchina, ma se ne stava là a vantarsi di potersene appropriare impunemente. Afferrai la bomboletta, sfrecciai fuori dalla porta e giù per le scale. Ero scalza, portavo solo una camicia da notte con l’effigie di Topolino e un bikini, ma me ne infischiavo altamente.

Avevo appena messo il piede fuori dalla porta sul retro, quando vidi Beyers girare la chiave dell’accensione e premere sull’acceleratore. Un secondo dopo l’auto esplose con un boato assordante, facendo volare le portiere come un disco da frisbee. Le fiamme salirono rapidamente dal telaio e divorarono la Cherokee trasformandola in una palla di fuoco brillante.

Ero troppo sgomenta per muovermi. Rimasi impalata a bocca aperta mentre parti del tetto e dei paraurti invertivano la traiettoria per ricadere al suolo.

Ulularono a distanza le sirene, gli inquilini del palazzo si riversarono fuori e rimasero accanto a me a fissare la jeep in fiamme. Nuvole di fumo nero ribollivano nel cielo del mattino, il calore m’investì in piena faccia.

Non c’era stata nessuna possibilità di salvare Morty Beyers. Anche se mi fossi lanciata, non sarei riuscita a tirarlo fuori dalla vettura. E probabilmente lui era morto al momento dello scoppio, non a causa delle fiamme. Mi venne da pensare che non si trattava certo di una disgrazia. L’attentato era stato preparato per la sottoscritta.

La cosa presentava un lato positivo: non dovevo più affrontare Morelli per i danni dell’incidente.

Mi tirai indietro e mi feci strada tra la piccola folla che si era radunata. Salii le scale a due gradini per volta e mi chiusi in casa. Imprudentemente avevo lasciato aperta la porta d’ingresso prima di precipitarmi fuori, perciò ispezionai ogni angolo, impugnando la pistola. Se mi fossi imbattuta nell’individuo che aveva arrostito Beyers, non avrei certo perso tempo con la bomboletta del gas, gli avrei piantato immediatamente una pallottola nello stomaco. Un buon bersaglio, lo stomaco.

Quando fui sicura che in casa non c’era nessuno, mi vestii con shorts e maglietta. Andai in bagno a darmi un’occhiata: sullo zigomo avevo un livido rosso e un piccolo taglio sul labbro inferiore. Il gonfiore era diminuito. Invece, a causa dell’incendio, la mia pelle sembrava bruciata dal sole e dalla sabbia; le sopracciglia e i capelli attorno alla faccia erano bruciacchiati e appiccicati sulle punte di qualche millimetro. Molto carina. Non che mi lamentassi, potevo esser morta e mutilata, con parti del corpo disperse fra le azalee. Calzai le scarpe da ginnastica e scesi per dare un’altra occhiata.

Il parcheggio e le vie adiacenti erano intasate di camion dei vigili del fuoco, auto della polizia e ambulanze. Erano state disposte delle transenne per tenere lontano i curiosi dai resti fumanti della jeep. Sul terreno, rivoli di olio e acqua sporca; l’aria aveva odore di arrosto bruciato. Non volevo pensarci. Vidi Dorsey in piedi che parlava con un poliziotto in divisa. Alzò la testa, mi notò e si avvicinò.

«Ho una brutta sensazione su questa faccenda.»

«Conosce Morty Beyers?» gli chiesi.

«Sì.»

«Era nella jeep.»

«Cristo! È sicura?»

«Gli stavo parlando quando l’auto è esplosa.»

«Questo spiega perché ha perso le sopracciglia. Di che cosa parlavate?»

«Vinnie mi aveva dato solo una settimana di tempo per arrestare Morelli. La settimana era finita e Morty ha preso in mano il caso. In un certo senso stavamo parlando di Morelli.»

«Ma lei non doveva essere troppo vicino, altrimenti sarebbe ridotta a un hamburger, a quest’ora.»

«In realtà, ero quasi dove siamo ora e stavamo litigando. Non eravamo d’accordo su una questione.»

Un agente in divisa si avvicinò con una targa contorta. «Abbiamo trovato questa vicino al cassonetto delle immondizie», annunciò. «Vuole che la faccia identificare?»

Presi la targa. «Non si disturbi, l’auto appartiene a Morelli.»

«Oh Dio!» gemette Dorsey. «Aspetto solo che si spieghi.»

Decisi di abbellire la verità poiché era probabile che la polizia non vedesse di buon occhio la caccia a un ricercato da parte di un bounty hunter e non giustificasse il fatto che avessi requisito un’auto. «È andata così», attaccai. «Mi ero recata dalla madre di Morelli e lei era preoccupata che nessuno facesse muovere la macchina di Joe. Sa, la batteria ne risente, se si lascia ferma un’auto. Così, dopo una breve chiacchierata, ho acconsentito a mettere in moto la macchina.»

«Sicché guidava l’auto di Morelli per fare un favore a sua madre?» fece Dorsey.

«Sì. Lui l’aveva pregata di averne cura, ma la signora non aveva tempo.»

«Un gesto nobile da parte sua», commentò Dorsey.

«Sono nobile per natura.»

«Vada avanti.»

Gli spiegai che la moglie di Beyers lo aveva lasciato, che lui aveva cercato di rubare l’auto e che aveva commesso l’errore di dire: «Chi se ne frega», rivolto a Dio. Subito dopo la Cherokee era esplosa.

«Lei crede che Dio si sia offeso e abbia arrostito Beyers?»

«È solo un’ipotesi.»

«Quando verrà alla centrale per completare la denuncia contro Ramirez, vedremo di approfondire questa faccenda.»

Rimasi a guardare ancora per qualche minuto, poi risalii in casa. Non ci tenevo particolarmente a trovarmi nelle vicinanze quando avrebbero raccolto le ceneri di Morty Beyers.

Sedetti davanti al televisore fino a mezzogiorno, tenendo le finestre chiuse e le tende tirate per non vedere la scena nel parcheggio. Di tanto in tanto andavo in bagno e mi guardavo allo specchio per vedere se mi fossero ricresciute le sopracciglia.

Alle dodici in punto tirai le tende e azzardai un’occhiata al parcheggio. La Cherokee era stata rimossa, erano rimasti solo due agenti di pattuglia. Dalla finestra sembrava che stessero riempiendo i moduli per i danni subiti dalle poche auto che erano state colpite dalle schegge dell’esplosione.

Una mattina di televisione mi aveva anestetizzato abbastanza da sentirmi pronta a rimettermi in pista, perciò feci una doccia e mi vestii cercando di non pensare alla morte e alle bombe.

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