Janet Evanovich - Bastardo numero uno

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A corto di soldi, Stephanie Plum rimedia un lavoro, nella società di assicurazioni del cugino, come “cacciatrice di teste”, con il compito di consegnare alla polizia tutti gli arrestati rilasciati su cauzione che non si sono presentati in tribunale per il processo. Il suo primo caso è però quello di un agente di polizia ingiustamente accusato di omicidio, un ex compagno di liceo di Stephanie, al cui Anche pubblicato come “Tutto per denaro”.

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«Nessuna.»

Aprì una birra. «È ancora presto. Ramirez lavora meglio di notte.»

«Ho parlato con Lula. Non testimonierà», annunciai.

«Bella sorpresa.»

Sedetti sul pavimento vicino alla scatola della pizza. «Hai sentito la mia conversazione con Alpha?»

«Sì, l’ho sentita. Come accidenti ti eri agghindata?»

«Ero vestita da puttana. Volevo accelerare le cose.»

«Cristo, gli uomini ti rincorrevano in auto fin sul marciapiede. E tu dove hai nascosto il microfono? Non ce l’avevi sotto il top. Mi sarei accorto persino di un pezzetto di scotch.»

«L’ho messo nelle mutande.»

«Magnifico!» esclamò Morelli. «Quando lo riavrò, lo farò indorare.»

Aprii anch’io una lattina di birra e presi un pezzo di pizza. «E Alpha? Credi che potremmo convincerlo a testimoniare contro Ramirez?»

Morelli era occupato a cambiare continuamente canale, trovò una partita di football, guardò per qualche secondo. «Dipende da quello che sa. Se è deciso a cacciare la testa sotto la sabbia, non vorrà cacciarsi nei guai. Dopo che te ne sei andata, Dorsey gli ha fatto una visita e ha ottenuto meno di te.»

«Avevi messo un microfono nell’ufficio di Alpha?» gli chiesi.

«No. Chiacchiere da bar, l’ho saputo da Pino’s. »

Era rimasto solo un pezzo di pizza. Entrambi la puntavamo.

«Ti fa ingrassare», avvertì Morelli.

Aveva ragione, ma presi ugualmente la pizza.

Buttai fuori Morelli poco dopo l’una e mi coricai. Dormii tutta la notte e al mattino vidi che non c’erano messaggi sulla segreteria telefonica. Stavo per accendere la macchinetta del caffè quando suonò l’allarme dell’auto, nel parcheggio sottostante. Afferrai le chiavi e mi precipitai fuori, saltando gli scalini tre per volta. La portiera del posto di guida era aperta, quando raggiunsi la Cherokee. Disattivai e reinserii l’allarme, e rientrai in casa.

Morelli era in cucina, si vedeva che per lo sforzo di star calmo gli era salita la pressione.

«Non volevo che rubassero la tua auto», spiegai. «Perciò ho fatto mettere l’allarme.»

«Non era degli altri che ti preoccupavi, ma del sottoscritto. Hai fatto mettere l’antifurto nella mia maledetta auto perché non te la portassi via sotto il naso!»

«Però ha funzionato. Che cosa ci facevi nella nostra macchina?»

«Non è la nostra , ma la mia macchina. Ti permetto di guidarla. Andavo a prendere qualcosa per la colazione.»

«Perché non hai usato il furgone?»

«Perché volevo guidare la mia auto. Giuro che quando questa storia sarà conclusa, mi trasferisco in Alaska. A costo di qualunque sacrificio, sono deciso a mettere migliaia di chilometri fra noi. Perché se rimango qui, ti strangolo e mi accuseranno di omicidio di primo grado.»

«Gesù, Morelli, come ti scaldi! Cerca di calmarti. È solo un antifurto, dovresti ringraziarmi. L’ho fatto installare con i miei soldi.»

«Merda, e di cosa debbo ringraziarti?»

«Sei decisamente sotto stress, in questi ultimi tempi.»

Qualcuno bussò alla porta, sobbalzammo tutti e due.

Morelli arrivò prima di me allo spioncino. Si ritrasse di parecchi passi e mi trascinò con lui. «È Morty Beyers.»

Altro colpo alla porta.

«Non può arrestarti», dichiarai. «Tu sei mio, non ti divido con nessuno.»

Andai alla porta a dare un’occhiata personalmente. Non avevo mai visto Morty Beyers, ma l’uomo dietro l’uscio aveva l’aria di uno che avesse appena subito una appendicectomia. Era prossimo ai quarant’anni, in sovrappeso, faccia color cenere; era piegato e si teneva lo stomaco. I suoi capelli color sabbia erano pettinati in modo da coprire la calvizie incipiente ed erano lucidi di sudore.

Gli aprii.

«Morty Beyers», si presentò tendendo la mano. «Tu devi essere Stephanie Plum.»

«Ma non eri in ospedale?»

«Per una appendicite, basta un ricovero di poche ore. Ho ripreso a lavorare. Mi hanno detto che sono come nuovo.»

Non sembrava, a guardarlo. Anzi, dava l’impressione di aver incontrato uno spettro sulle scale. «Ti fa male lo stomaco?»

«Solo se sto eretto.»

«Che cosa posso fare per te?»

«Vinnie mi ha detto che avevi per le mani i miei casi. Ora che sto bene, pensavo…»

«Di riprenderti il materiale», conclusi.

«Già. Senti, mi dispiace che tu non abbia avuto successo.»

«Non è stato un fiasco completo, ho arrestato due ricercati.»

Beyers annuì. «Nessuna fortuna con Morelli?»

«Assolutamente.»

«Ti sembrerà strano, ma giurerei di aver visto la sua auto nel parcheggio.»

«L’ho rubata», risposi pronta. «Pensavo di snidarlo costringendolo a venire a riprendersi l’auto.»

«L’hai rubata?! Davvero? Gesù, è fantastico.» Morty stava appoggiato al muro con la mano premuta sull’inguine.

«Vuoi sederti per un minuto? Desideri un po’ d’acqua?»

«No, sto bene. Devo andare al lavoro. Volevo solo le foto e il resto.»

Corsi in cucina, radunai le schede e tornai alla porta. «Ecco il materiale.»

«Perfetto.» Lui infilò i fascicoli sotto il braccio. «Dunque hai intenzione di tenerti la macchina per un po’?»

«Non ho ancora deciso.»

«Se ti capitasse di vedere Morelli camminare per strada, lo porteresti dentro?»

«Sì.»

Beyers sorrise. «Al tuo posto, farei la stessa cosa. Non mi arrenderei solo perché è finita la settimana di prova. Resti fra noi, Vinnie pagherebbe chiunque gli riportasse Morelli. Be’, adesso vado. E grazie.»

«Curati», gli suggerii.

«Certo. Prenderò l’ascensore.»

Chiusi la porta, feci scorrere il catenaccio e agganciai la catena. Quando mi voltai, Morelli stava in piedi sulla soglia della camera da letto. «Pensi che sapesse che eri qui?» gli chiesi.

«Se l’avesse saputo, ora avrei la sua pistola puntata alla fronte. Non sottovalutare Beyers. Non è così stupido come sembra e non è così gentile come vorrebbe farti credere. Era un poliziotto. L’hanno sbattuto fuori perché chiedeva favori alle prostitute, di entrambi i sessi. Noi lo chiamavamo Morty la Talpa perché infilava il pisello in qualsiasi buco trovasse.»

«Scommetto che lui e Vinnie vanno perfettamente d’accordo.»

Andai alla finestra e guardai giù nel parcheggio. Beyers stava esaminando l’auto di Morelli, sbirciava dai finestrini. Provò la maniglia della portiera e la serratura del baule. Poi scrisse qualcosa sulla copertina di un fascicolo. Si drizzò leggermente e si guardò attorno nel piazzale. La sua attenzione era ora attirata dal furgone. Si avvicinò lentamente al veicolo e premette il naso sui finestrini per vedere l’interno; alla fine si issò faticosamente sul paraurti anteriore per sbirciare attraverso il parabrezza. Si tirò indietro per guardare le antenne. Andò dietro il furgone e copiò il numero di targa. Poi si voltò e guardò su verso lo stabile. Balzai indietro dalla finestra.

Dopo cinque minuti risuonò un altro colpo alla porta.

«Mi chiedevo a proposito di quel furgone nel parcheggio…», disse Beyers. «L’hai notato?»

«Quello blu con le antenne?»

«Sì. Conosci il proprietario?»

«No, ma è lì da un po’ di tempo.»

Chiusi l’uscio e osservai Beyers dallo spioncino. Rimase in piedi a riflettere per un momento, poi bussò alla porta del signor Molesky. Mostrò al mio coinquilino la foto di Morelli e gli rivolse alcune domande. Finalmente, ringraziò Molesky, gli diede il suo biglietto da visita e si allontanò.

Tornai alla finestra, ma Beyers non apparve nel parcheggio. «Va a chiedere di porta in porta», dissi.

Morelli e io continuammo a guardare dalla finestra e finalmente Beyers si avviò zoppicando verso la sua auto. Aveva una Ford Escort blu scuro di modello recente, dotata di telefono. Uscì dal parcheggio e svoltò in direzione della St. James.

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