Emisi un suono strozzato.
Lui prese un’arancia dal cesto di frutta sul banco. «Sei avvelenata perché non sai ricordare l’ultima volta che hai visto la bestia.»
«Ti sbagli.»
«Tesoro, è come dico io. Mi sono informato, non hai una vita sociale.»
Gli feci segno con la mano di andare a farsi fottere. «E di questa che te ne pare?»
Lui sorrise. «Sei carina quando ti comporti da stupida. Se vuoi che scateni la bestia, fammelo sapere, in qualsiasi momento.»
Prima o poi lo avrei attaccato con il gas. Magari non lo avrei portato dentro, ma mi sarei divertita un mondo a vederlo svenire e vomitare.
«Devo andare», disse Morelli. «Un tuo vicino mi ha visto entrare, e non vorrei rovinarti la reputazione fermandomi troppo a lungo. Vieni in Stark Street verso mezzogiorno, gironzola per un’oretta o due e portati la trasmittente. Io ti sorveglierò e starò in ascolto.»
Dovevo far passare la mattinata, perciò uscii a correre. Non fu affatto piacevole, ma almeno evitai di vedere Eddie Gazarra e di sentire i suoi commenti sulla mia faccia accaldata. Feci colazione e una lunga doccia, pensando a come avrei speso il mio denaro dopo aver messo nel sacco Morelli.
Calzai un paio di sandali con le fibbie a strappo, una minigonna nera, aderente, lavorata a maglia, e un top elasticizzato rosso con una scollatura vertiginosa che lasciava intravedere quanto sporgeva dal reggiseno. Spruzzai la lacca sui capelli per aumentarne il volume. Segnai i miei occhi con un eye-liner blu notte e inumidii le ciglia con del mascara; passai sulle labbra un rossetto color rosso fiamma e mi attaccai ai lobi gli orecchini più vistosi che possedevo. Mi laccai le unghie con uno smalto dello stesso colore del rossetto e finalmente mi guardai allo specchio.
Sembravo proprio una donnaccia.
Erano le undici. Un po’ presto, ma volevo sbrigarmi per andare a trovare Lula. Dopo l’ospedale, contavo di esercitarmi al poligono e infine tornare a casa ad aspettare che il telefono squillasse.
Parcheggiai a un isolato dalla palestra e mi incamminai nella via con il borsone a tracolla e la mano stretta sulla bomboletta Sure Guard. Avevo scoperto che la trasmittente si vedeva sotto il top attillato, così avevo dovuto infilarmela nelle mutandine. Alla faccia tua, Morelli.
Il furgone era parcheggiato quasi di fronte alla palestra. Jackie si trovava fra me e il veicolo. Appariva anche più imbronciata del solito.
«Come sta Lula?» m’informai. «Sei stata all’ospedale, oggi?»
«Non ci sono ore di visita, al mattino. E comunque non ho tempo di andare a trovarla, devo guadagnarmi la pagnotta.»
«Quando ho telefonato all’ospedale, mi hanno detto che le sue condizioni erano stazionarie.»
«Già. L’hanno trasferita in una camera, dovrà restare ancora un po’ perché i medici temono un’emorragia interna, ma credo che se la caverà.»
«Ha un posto sicuro dove andare, quando uscirà?»
«Nessun luogo sarà sicuro per Lula quando la dimetteranno dall’ospedale, a meno che non si faccia furba. Dovrà dire alla polizia che un bianco figlio di buona donna l’ha tagliata a fette.»
Sbirciai lungo la strada verso il furgone e mi parve di sentire il grugnito di esasperazione di Morelli. «Qualcuno deve fermare Ramirez», dissi.
«Non sarà certo Lula», ribatté Jackie. «Che cosa può testimonare, secondo te? Credi che la gente crederà a una puttana? Diranno che ha avuto quel che si meritava e che probabilmente il suo protettore gliele ha date di santa ragione per causa tua. O forse diranno anche che ti sei messa a battere senza pagare un pappone e che qualcuno ha voluto darti una lezione.»
«Hai visto Ramirez, oggi? È in palestra?»
«Non lo so. I miei occhi non vedono mai Ramirez: per quello che mi riguarda, è l’uomo invisibile.»
Mi aspettavo una reazione del genere. E probabilmente Jackie aveva ragione sulla testimonianza di Lula. Ramirez avrebbe assunto il miglior avvocato dello stato, che non avrebbe certo sudato troppo per screditare Lula.
Proseguii nella via. Qualcuno ha visto Carmen Sanchez? domandai qua e là. È vero che era stata vista con Benito Ramirez la sera in cui Ziggy venne ucciso?
Nessuno l’aveva vista. Nessuno sapeva niente della donna e di Ramirez.
Gironzolai per un’altra ora e conclusi l’operazione attraversando la strada per andare a deporre qualche dispiacere ai piedi di Jimmy Alpha. Stavolta non entrai nel suo ufficio come un ciclone. Aspettai pazientemente che la segretaria mi annunciasse.
Non parve sorpreso di vedermi. Probabilmente mi osservava dalla finestra. Aveva profonde occhiaie scure, come quando uno passa una notte insonne e affronta dei problemi senza soluzione. Mi piantai davanti alla scrivania e per un minuto intero ci fissammo senza parlare.
«Ha saputo di Lula?» chiesi finalmente.
Alpha annuì.
«L’ha quasi ammazzata, Jimmy. L’ha coperta di tagli e di botte, poi l’ha lasciata appesa alla mia scala antincendio. Quindi mi ha telefonato per domandarmi se avevo ricevuto il suo regalo e mi ha minacciata dicendomi che dovevo aspettarmi una sorte peggiore.»
Alpha fece di nuovo un cenno con la testa, ma stavolta di diniego. «Gli ho parlato», disse. «Benito ammette di aver trascorso un po’ di tempo con Lula e forse di essere stato piuttosto rude con lei, ma niente di più. Ha detto che qualcuno deve aver avuto rapporti con la ragazza dopo di lui. Afferma che qualcuno vuole screditarlo.»
«Gli ho parlato al telefono, ho sentito bene. È tutto registrato.»
«Benito giura che non era lui.»
«E lei gli crede?»
«So che è un po’ pazzo con le donne. Ha quell’atteggiamento del maschio duro, teme di non essere rispettato come merita. Ma proprio non lo vedo appendere una donna su una scala di sicurezza e non me l’immagino mentre fa una telefonata del genere. Capisco che non sia Einstein, ma non è così scemo.»
«Non è scemo, Jimmy, è malato. Ha fatto cose terribili.»
Alpha si passò una mano fra i capelli. «Non so, forse ha ragione. Senta, mi faccia un favore, stia lontana da Stark Street per un po’. La polizia sta investigando su quanto è successo a Lula. Qualsiasi cosa scoprano… dovrò adeguarmi. Nel frattempo devo preparare Benito a combattere. Si batterà contro Tommy Clark fra tre settimane. Clark non rappresenta una minaccia, ma bisogna prendere ugualmente sul serio questi incontri. I fan comperano il biglietto, si meritano un buon match. Se Benito la vede, si agita, capisce? È già dura convincerlo ad allenarsi…»
C’erano meno di dieci gradi nell’ufficio, ma Alpha aveva un alone scuro sotto le ascelle. Al suo posto, avrei sudato anch’io. Lui vedeva il suo sogno trasformarsi in un incubo e non aveva il coraggio di affrontarlo.
Gli spiegai che avevo un lavoro da svolgere e che non potevo star lontana da Stark Street. Uscii e scesi l’unica rampa di scale. Sedetti sull’ultimo scalino e parlai abbassando la testa verso l’inguine. «Maledizione, è stato davvero deprimente.»
Sull’altro lato della via, Morelli ascoltava nel furgone. Non riuscivo a immaginare che cosa pensasse.
Morelli bussò alla mia porta alle dieci e mezzo di quella sera. Teneva una confezione da sei lattine di birra, una pizza e un televisore portabile sotto il braccio. Non indossava la divisa, ma un paio di jeans e una maglietta della marina.
«Un altro giorno in quel furgone e potrei essere contento di andare in galera», dichiarò.
«La pizza l’hai presa da Pino’s ?»
«E dove, se no?»
«Come hai fatto ad averla?»
«Pino consegna anche ai criminali.» Morelli si guardò attorno. «Dov’è l’attacco del televisore?»
«In soggiorno.»
Morelli inserì il cavo della TV nella presa, posò la pizza e la birra sul pavimento e premette il telecomando. «Hai ricevuto telefonate?»
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