Morelli era in cucina con la testa nel frigorifero. «Beyers sarà una grossa seccatura. Andrà a controllare la targa del furgone e metterà insieme due più due.»
«Questo che cosa significa per te?»
«Mi costringe ad andarmene da Trenton finché non trovo un altro veicolo», spiegò mentre tirava fuori un cartone di succo d’arancia e una pagnotta di pane con l’uva. «Metti in conto questa roba. Devo andarmene.» Si fermò alla porta. «Temo che per un po’ dovrai cavartela da sola. Chiuditi in casa, non aprire a nessuno e dovrebbe andare tutto bene. In alternativa potresti venire con me, ma se ci beccano insieme tu diventi complice.»
«Resterò qui, non preoccuparti.»
«Promettimi che non uscirai.»
«Prometto, prometto!»
Certe promesse sono fatte per essere violate. Come questa. Non avevo nessuna intenzione di star seduta con le mani in mano ad aspettare Ramirez. Ero in attesa di sue notizie dal giorno prima. Volevo darci un taglio. Volevo Ramirez dietro le sbarre. E non vedevo l’ora d’incassare il premio per continuare a vivere la mia vita.
Guardai fuori dalla finestra per assicurarmi che Morelli se ne fosse andato. Presi il borsone e chiusi la porta a chiave. Mi diressi verso Stark Steet e parcheggiai di fronte alla palestra. Non avevo il coraggio di muovermi liberamente nella via, senza Morelli, perciò rimasi in macchina con i finestrini alzati e le portiere chiuse con la sicura. Ero certa che ormai Ramirez conosceva la Cherokee. Meglio così.
A intervalli di mezz’ora accendevo l’aria condizionata per mantenere bassa la temperatura e rompere la monotonia. Molte volte guardai verso l’ufficio di Jimmy Alpha e notai una faccia alla finestra. Niente, invece, dietro le finestre della palestra.
Alle dodici e trenta Alpha attraversò la strada e bussò al finestrino.
Abbassai il vetro. «Mi scusi se ho parcheggiato in questo punto, Jimmy, ma devo continuare la sorveglianza per individuare Morelli. Sono sicura che capirà.»
Lui aggrottò le sopracciglia. «Non afferro. Se io cercassi Morelli, terrei d’occhio i suoi parenti e amici. Cos’è questa storia di Stark Street e Carmen Sanchez?»
«Ho una mia teoria su quanto è accaduto. Credo che Benito abbia abusato di Carmen proprio come ha fatto con Lula. Credo che poi, preso dal panico, abbia mandato Ziggy e qualcun altro da Carmen per assicurarsi che la donna non facesse troppo baccano. Sono quasi convinta che Morelli sia entrato in quel momento e che abbia sparato a Ziggy per legittima difesa, come afferma lui stesso. Poi, non si sa come, Carmen, l’altro complice e la pistola di Ziggy sono spariti. Credo che Morelli li stia cercando e che Stark Street sia il posto dov’è più logico cercare.»
«Pazzesco. Come è giunta a questa ridicola conclusione?»
«Ho letto il verbale d’arresto di Morelli.»
Alpha appariva disgustato. «Cosa credeva che dicesse, Morelli? Che ha sparato a Ziggy per il gusto di sparare? Benito è un bersaglio facile, con la sua reputazione di essere un po’ troppo aggressivo con le donne. E Ziggy lavorava per lui, perciò Morelli ha preso lo spunto da lì.»
«E il testimone scomparso? Anche lui doveva lavorare per Benito», gli feci notare.
«Non so niente del testimone scomparso», borbottò Alpha.
«Dicono che ha il naso schiacciato come se fosse stato appiattito con un tegame. Una faccia che si nota.»
Alpha sorrise. «Non in una palestra di terza categoria. Metà dei tipacci che lavorano là hanno un naso simile.» Guardò l’orologio e soggiunse: «Sono in ritardo per il pranzo. Mi sembra piuttosto accaldata, così tappata in macchina. Vuole che le porti qualcosa? Una bibita fresca? Un panino?»
«Sto bene così. Fra poco anch’io farò un break per pranzo. Devo andare anche alla toilette.»
«C’è un gabinetto al secondo piano. Si faccia dare la chiave da Lorna. Le dica che ha il mio permesso.»
Pensai che fosse molto cortese da parte di Alpha offrirmi l’uso del suo bagno, ma non volevo correre il rischio che Ramirez mi giocasse qualche brutto scherzo mentre mi trovavo alla toilette.
Scrutai la strada in tutta la sua lunghezza e mi allontanai per andare alla ricerca di una tavola calda. Tornai nello stesso punto dove avevo parcheggiato prima, mi sentivo più rilassata e doppiamente annoiata. M’ero portata un libro, ma era difficile leggere e sudare allo stesso tempo. Sudare aveva la precedenza.
Alle tre avevo i capelli increspati e incollati sul collo e sulla faccia, la camicia attaccata alla schiena e il petto bagnato di sudore. Sentivo i crampi alle gambe, un fastidioso tic mi tormentava l’occhio sinistro.
Finora nessun segno di Ramirez. Il traffico dei pedoni era ristretto a poche chiazze d’ombra, per lo più la gente preferiva rifugiarsi nei bar con l’aria condizionata. Io ero l’unica scema rimasta seduta ad arrostire in una macchina. Perfino le prostitute erano sparite per una pausa di metà pomeriggio.
Strinsi nella mano la mia bomboletta e scesi dalla Cherokee, gemendo sommessamente per il gran mal di schiena. Mi stirai, saltellai, girai attorno all’auto e mi toccai le punte dei piedi. Una leggera brezza scendeva per Stark Street, mi sentivo sin troppo felice. D’accordo l’aria era torrida, ma se non altro si muoveva.
Mi appoggiai alla macchina e scostai la camicia dal corpo sudato.
Jackie emerse dal Grand Hotel e venne verso di me, diretta al suo angolo. «Sei distrutta dal caldo», disse, allungandomi una Coca gelata.
Feci saltare il tappo e bevvi; poi appoggiai il barattolo freddo alla fronte. «Grazie. Magnifico.»
«Non credere che stia diventando tenera con te», replicò lei. «È solo perché morirai seduta in macchina e la cosa procurerebbe una brutta fama a Stark Street. La gente dirà che è un omicidio razzista e allora addio ai miei affari con i piccoli bianchi depravati.»
«Cercherò di non morire. Dio mi perdoni se dovessi rovinare i tuoi affari.»
«Fottere, prima di tutto», spiegò Jackie. «Quei piccoli bianchi depravati sganciano un bel po’ di denaro per il mio brutto deretano.»
«Come sta Lula?» m’informai.
Jackie scrollò le spalle. «Fa del suo meglio. Ti ringrazia dei fiori.»
«Non c’è grande movimento, oggi.»
Jackie alzò gli occhi verso le finestre della palestra. «Meno male», mormorò.
Seguii il suo sguardo. «Sarà meglio che non ti vedano parlare con me.»
«Hai ragione», convenne lei. «E comunque, devo tornare al lavoro.»
Mi fermai ancora per un minuto, gustando la Coca e il lusso di essere in posizione verticale. Mi girai per risalire in macchina e rimasi senza fiato alla vista di Ramirez vicino a me.
«È tutto il giorno che aspetto di vederti scendere dall’auto», esordì. «Scommetto che sei sorpresa per come mi muovo così silenziosamente. Non mi hai sentito arrivare, vero? È così che deve essere, non mi sentirai mai avvicinarmi finché non ti piomberò addosso. E allora sarà troppo tardi.»
Respirai lentamente per calmare i battiti del cuore, aspettai ancora un momento per rendere ferma la voce. Quando mi accorsi di aver ripreso il controllo, gli chiesi di Carmen. «Voglio sapere della Sanchez. Lei ti ha visto arrivare?»
«Carmen e io avevamo un appuntamento. Chiedeva ciò che ha avuto.»
«Dov’è, adesso?»
Lui scrollò le spalle. «Non lo so. È sparita dopo che Ziggy è morto.»
«Che mi dici di quel tizio che era con Ziggy, quella sera? Chi era? Che cosa gli è capitato?»
«Non so niente neppure di lui.»
«Credevo che quei due lavorassero per te», insistetti.
«Perché non andiamo su e ne parliamo?» suggerì Ramirez. «Oppure possiamo fare una corsa in macchina. Ho una Porsche, ti invito sulla mia Porsche.»
«Non credo proprio.»
«Vedi, ci risiamo. Respingi il campione, dici sempre di no. Non mi piace.»
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