Janet Evanovich - Bastardo numero uno

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A corto di soldi, Stephanie Plum rimedia un lavoro, nella società di assicurazioni del cugino, come “cacciatrice di teste”, con il compito di consegnare alla polizia tutti gli arrestati rilasciati su cauzione che non si sono presentati in tribunale per il processo. Il suo primo caso è però quello di un agente di polizia ingiustamente accusato di omicidio, un ex compagno di liceo di Stephanie, al cui Anche pubblicato come “Tutto per denaro”.

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Mi voltai a guardare le finestre delle case sull’altro lato della strada e conclusi che non sarebbe stato male andare a interrogare gli inquilini. Risalii in macchina, girai intorno all’isolato e trovai un parcheggio un po’ più avanti. Bussai a diverse porte, rivolsi un sacco di domande, mostrai le foto. Le risposte furono identiche. No, non riconoscevano Morelli e non avevano visto niente d’insolito dalle finestre posteriori la notte dell’omicidio o quella dell’incendio.

Provai con la casa situata direttamente di fronte all’appartamento di Carmen e mi trovai faccia a faccia con un vecchietto curvo che brandiva una mazza da baseball. Aveva gli occhi acquosi e il naso a becco.

«Fa esercizio come battitore?»

«Non sono molto bravo.»

Mi presentai e gli chiesi se avesse visto Morelli.

«No, Mai visto. E ho di meglio da fare che guardar fuori dalla finestra. Comunque, non avrei visto un accidente la notte dell’omicidio. Era buio. Come avrei potuto vedere qualcosa?»

«Ci sono i lampioni là dietro», gli feci notare. «Il posto doveva essere bene illuminato.»

«I lampioni erano spenti. L’ho detto anche ai poliziotti che sono venuti a interrogarmi. Quei maledetti lampioni sono sempre fuori uso, i ragazzi li prendono a sassate. So che erano spenti perché ho guardato per vedere cos’era tutto quel trambusto. Non riuscivo a sentire la televisione per il fracasso delle auto della polizia e dei camion.

«La prima volta che ho guardato fuori è stato quando ho sentito il rumore del motore di uno di quei camion frigorifero. Era parcheggiato proprio dietro casa mia. Le dirò, questo quartiere sta andando in malora, la gente non ha più considerazione per nessuno. Parcheggiano camion e furgoni nel vicolo mentre sono in giro per i fatti loro. Dovrebbe essere vietato.»

Annuii vagamente pensando che per fortuna avevo una pistola, perché se mi fossi imtata fino a quel punto sarei arrivata a uccidermi.

Lui scambiò il mio cenno come un gesto d’incoraggiamento e continuò. «Dopo è arrivato un furgone della polizia che aveva le stesse dimensioni del camion frigorifero; hanno lasciato il motore acceso. Si vede che hanno benzina da sprecare.»

«Dunque non ha visto niente di sospetto?» incalzai.

«Era maledettamente buio. King Kong avrebbe potuto arrampicarsi su quel muro e nessuno se ne sarebbe accorto.»

Ringraziai il vecchio per la sua disponibilità e tornai alla jeep. Era quasi mezzogiorno e l’aria s’era fatta caldissima. Mi fermai al bar di mio cugino Ronnie a comperare una confezione da sei lattine di birra e mi diressi verso Stark Street.

Lula e Jackie stavano mettendo in mostra la loro mercanzia all’angolo, come al solito. Sudavano e si agitavano nella calura, apostrofando i loro potenziali clienti con nomignoli vezzosi o allettandoli con fantasiose proposte. Parcheggiai poco lontano, posai la birra sul cofano. Aprii un barattolo.

Lula adocchiò la birra. «Stai cercando di attirarci lontano dal nostro angolo, ragazza?»

Le rivolsi un largo sorriso. In un certo senso, quelle due mi piacevano. «Ho pensato che potevate aver sete.»

«Sete è dir poco.» Lula si avvicinò e prese una birra. «Non so proprio perché perdo tempo a venire qui. Nessuno vuole fottere con questo caldo.»

Jackie la seguì. «Non dovresti bere», avvertì la compagna. «Il tuo vecchio si arrabbia.»

«Uhh», commentò Lula. «Ammesso che me ne importi, lui non è qui sotto il sole, quel ruffiano.»

«Allora, novità su Morelli?» domandai. «Successo niente?»

«Non l’ho visto», rispose Lula. «E neppure il furgone.»

«Saputo qualcosa di Carmen?»

«Per esempio?»

«Per esempio se si trova da qualche parte.»

Lula indossava un top con un sacco di fronzoli che pendevano da ogni parte. La ragazza si passò la lattina di birra gelata sul petto. Un gesto inutile, pensai. Ce ne sarebbe voluto un barile per rinfrescare un seno di quelle dimensioni.

«Non so niente di Carmen.»

Un brutto pensiero mi balenò nella mente. «Carmen è mai uscita con Ramirez?»

«Prima o poi tutte escono con Ramirez.»

«Tu sei mai stata con lui?»

«Io no. A lui piace esercitare il suo fascino sulle magre.»

«Supponiamo che voglia esercitare il suo fascino su di te. Ci andresti?»

«Sorella, nessuno rifiuta niente a Ramirez.»

«Pare che maltratti le donne.»

«Un’infinità di uomini maltratta le donne», intervenne Jackie. «Qualche volta hanno la luna storta.»

«O sono malati», aggiunsi. «Anormali. Mi risulta che Ramirez è un anormale.»

Lula guardò verso la palestra, gli occhi che fissavano le finestre al secondo piano. «Sì», mormorò. «È anormale. Mi spaventa. Avevo un’amica che andava con Ramirez: lui l’ha ferita in modo grave.»

«Con un coltello?» insistei.

«No, con una bottiglia di birra», replicò Lula. «Ha rotto il collo e l’ha usato per… colpirla.»

Mi sentii mancare, per un momento il tempo si fermò. «Come sai che è stato Ramirez?»

«La gente lo sa.»

«La gente non sa niente», intervenne di nuovo Jackie. «Le persone non dovrebbero parlare. Qualcuno potrebbe sentire, ti troverai nei guai. Sarà tutta colpa tua, perché sai bene che bisogna tenere la bocca chiusa. Non voglio restare qui ad ascoltare, me ne torno al mio angolo. E se sai qual è il tuo bene, vieni anche tu.»

«Sapessi qual è il mio bene, non sarei qui a battere, ti pare?» borbottò Lula allontanandosi.

«Sta attenta», le gridai.

«Una grassona come me non ha bisogno di stare attenta», replicò. «Basta che gli pesti i piedi, a quei bastardi. Nessuno può fregare Lula.»

Sistemai le altre lattine di birra in macchina, salii al volante e chiusi le portiere. Avviai il motore e girai gli sfiatatoi dell’aria condizionata in modo che il fresco mi arrivasse sulla faccia. Andiamo, Stephanie, calmati, mi dissi. Ma non riuscivo a calmarmi. Mi batteva il cuore e avevo un nodo alla gola per il dolore che provavo per una donna che non conoscevo neppure e che doveva aver sofferto terribilmente. Volevo allontanarmi il più possibile da Stark Street e non tornarci mai più. Non volevo sapere certe cose, avevo paura che il terrore si insinuasse dentro di me all’improvviso. Strinsi il volante e guardai nella via verso la palestra al secondo piano, in preda alla rabbia e all’orrore, al pensiero che Ramirez non era stato punito e che fosse libero di mutilare e terrorizzare altre donne.

Scesi dall’auto, chiusi la portiera con un colpo secco e attraversai la strada fino all’edificio dove c’era l’ufficio di Alpha. Salii le scale due gradini alla volta. Sfrecciai davanti alla segretaria e spalancai la porta del suo ufficio privato con tale forza da farla sbattere rumorosamente contro la parete.

Alpha fece un balzo sulla sedia.

Appoggiai le palme delle mani sulla scrivania e gli sibilai sulla faccia: «L’altra sera ho ricevuto una telefonata dal suo pugile. Stava brutalizzando una giovane donna e cercava di terrorizzarmi facendomi sentire i lamenti di quella poveretta. So tutto dei suoi precedenti come stupratore, sono al corrente delle sue predilezioni per le mutilazioni sessuali. Non so come sia riuscito a cavarsela finora, ma sono qui per dirle che la fortuna lo ha abbandonato. O lo ferma lei, o ci penserò io. Andrò alla polizia, alla stampa, parlerò con il delegato della vostra federazione.»

«Non lo faccia, me ne occupo io. Lo giuro, provvederò personalmente lo ricondurrò alla ragione.»

«Oggi!» tuonai.

«Sicuro, oggi. Prometto. Gli troverò qualcuno che lo aiuti.»

Non gli credetti nemmeno per un secondo, ma gliel’avevo cantata chiara, perciò me ne andai con la stessa decisione con cui ero entrata. Sulle scale mi costrinsi a respirare profondamente, poi attraversai la strada con una calma che non sentivo. Uscii dallo spazio dove avevo parcheggiato e mi allontanai molto lentamente, con estrema cautela.

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