La comunicazione fu interrotta. Chiamai immediatamente la polizia, spiegai agli agenti che la registrazione veniva dall’apparecchio di Ramirez. Diedi l’indirizzo del pugile e il mio numero nel caso volessero risalire alla telefonata. Riappesi, mi aggirai per la casa, controllando tre volte le serrature di porte e finestre. Meno male che avevo fatto installare un altro catenaccio.
Suonò il telefono, rispose la segreteria. Nessuno parlava, ma potevo sentire affiorare, nel silenzio, il male e la follia. Lui era là che ascoltava, gustava la mia paura distillandola goccia a goccia. A distanza sentivo una donna piangere sommessamente. Strappai la spina del telefono e la gettai nel lavello.
Mi svegliai all’alba, contenta che la notte fosse passata. Non pioveva più ed era troppo presto perché gli uccelli cominciassero a cinguettare. Sulla St. James non passavano ancora macchine. Era come se il mondo non respirasse in attesa che all’orizzonte spuntasse il sole.
Mi tornò in mente la telefonata; non c’era bisogno del registratore per ricordarmi il messaggio. La buona e sensibile Stephanie voleva che fosse emesso un ordine di cattura. Stephanie, la neofita bounty hunter si preoccupava ancora del rispetto e della credibilità. Non potevo correre alla polizia ogni volta che ero minacciata, e aspettarmi, dopo, che mi considerassero alla pari. La mia richiesta d’aiuto per la donna torturata era già a verbale. Ci ripensai per un po’ e decisi di non insistere, per il momento.
Più tardi, in giornata, avrei telefonato a Jimmy Alpha.
Avevo programmato di chiedere a Ranger di accompagnarmi al poligono, ma era ancora convalescente per la ferita; avrei dovuto ripiegare su Eddie Gazarra. Guardai di nuovo l’orologio. Gazarra doveva essere al lavoro. Composi il numero della centrale e gli lasciai un messaggio.
Indossai maglietta e shorts, mi allacciai le scarpe da footing. Correre non era una delle mie attività preferite, ma era tempo di pensare seriamente al lavoro e di mantenermi in forma.
«Coraggio», mi dissi.
Trotterellai lungo il corridoio, giù per le scale, varcai il portone. Con un sospiro di rassegnazione partii per il percorso di tre miglia che avevo tracciato con cura per evitare dislivelli e negozi di panettieri.
Ce la misi tutta per il primo miglio, poi fu un supplizio. Non sono di quelli che riescono a trovare il passo. Il mio corpo non aveva nessuna disposizione per la corsa. Preferivo starmene seduta alla guida di una lussuosa automobile. Ero coperta di sudore e ansimavo quando svoltai l’angolo e vidi il mio palazzo a metà isolato. Così vicino eppure ancora così lontano. Corsi per l’ultimo tratto come meglio potei. Mi fermai stremata al portone, piegata in due dalla fatica, aspettando che mi si snebbiasse la vista. Ero così in forma che mi reggevo a malapena in piedi.
Eddie Gazarra accostò al marciapiede la sua auto di pattuglia. «Ho ricevuto il tuo messaggio», spiegò. «Gesù, sei uno straccio!»
«Ho corso.»
«Forse dovresti andare da un medico.»
«Colpa della mia pelle chiara. Si arrossa facilmente. Hai saputo di Ranger?»
«In ogni minimo dettaglio. Sei sulla bocca di tutti. So perfino com’eri vestita quando ti sei presentata da Dodd. Pare che la tua maglietta fosse davvero bagnata.»
«Quando hai cominciato la tua carriera di poliziotto, avevi paura della pistola?»
«Ho maneggiato armi per gran parte della mia vita. Da ragazzo avevo un fucile ad aria compressa e andavo a caccia con mio padre e lo zio Walt. Per me le armi sono sempre state semplici oggetti di metallo.»
«Se decido di continuare a lavorare per Vinnie, credi che dovrei portare una pistola?»
«Dipende dal genere di casi che ti affidano. Se fai solo lavoro d’indagine, no. Se dai la caccia a dei pazzi, sì. Hai una pistola?»
«Una Smith Wesson 38 Special. Me l’ha passata Ranger dandomi le istruzioni in soli dieci minuti, ma non mi sento tranquilla. Saresti disposto a farmi da baby-sitter mentre mi alleno al poligono?»
«Parli sul serio, vero?»
«Assolutamente.»
Eddie annuì. «Ho saputo della tua chiamata della notte scorsa.»
«Saltato fuori niente?»
«Hanno mandato subito qualcuno, ma quando sono arrivati gli agenti Ramirez era solo. Ha dichiarato di non averti telefonato. La donna non si è fatta viva, ma tu potresti sporgere denuncia per molestie.»
«Ci penserò.»
Salutai Eddie e ansimai sbuffando su per le scale. Entrai in casa, tirai fuori un filo del telefono di scorta, misi un nuovo nastro sulla segreteria telefonica e andai a fare la doccia. Era domenica. Vinnie mi aveva concesso una settimana e il termine era scaduto. Non m’importava. Lui poteva affidare il caso a qualcun altro, ma non poteva impedirmi di dare la caccia a Morelli. Se poi qualcun altro lo incastrava prima di me, pazienza; ma fino a che questo non fosse accaduto, intendevo continuare.
Gazarra mi aveva dato appuntamento al poligono dietro il Sunny’s Gun Shop per le quattro, appena avesse terminato il suo turno. Mi restava perciò una giornata intera per curiosare. Cominciai passando davanti alla casa della madre di Morelli, quella di suo cugino e di vari parenti. Girai intorno al parcheggio della casa dove abitava e notai che la Nova era ancora dove l’avevo lasciata. Percorsi avanti e indietro Stark Street e Polk. Non vidi né il furgone né altri indizi della presenza di Morelli.
Passai davanti allo stabile di Carmen e mi portai sul retro. La strada di servizio che tagliava l’isolato era stretta e piena di buche. Non c’era parcheggio per gli inquilini. L’unica porta posteriore si apriva sul viottolo. Sul lato opposto, casette a schiera a ridosso della strada.
Parcheggiai il più vicino possibile allo stabile, lasciando appena lo spazio per un’altra auto. Scesi e guardai in su, cercando di localizzare l’appartamento di Carmen al secondo piano; rimasi sorpresa nel vedere due finestre sbarrate e annerite dal fumo. Le finestre erano quelle dell’appartamento della Santiago.
La porta posteriore a livello della strada era spalancata, nell’aria stagnava odor di fumo e di legno bruciacchiato. Sentii qualcuno che spazzava lo stretto passaggio che conduceva all’atrio principale.
Un rivolo d’acqua sporca colava dalla soglia, un uomo dalla pelle scura e con i baffi guardò verso di me. Poi il suo sguardo si spostò verso la Cherokee. L’uomo piegò la testa in direzione della strada. «È vietato parcheggiare qui.»
Gli diedi il mio biglietto da visita. «Sto cercando Joe Morelli. Ha violato l’accordo per la cauzione.»
«L’ultima volta che l’ho visto era lungo disteso sulla schiena, svenuto.»
«Ha visto quando è stato colpito?»
«No. Sono arrivato dopo la polizia. Il mio appartamento è nello scantinato, non si sente nulla da lì.»
Guardai in alto, verso le finestre annerite. «Che cosa è successo?»
«Un incendio nell’appartamento della Santiago. È stato venerdì. Erano circa le due del mattino. Grazie a Dio in casa non c’era nessuno, la signora Santiago si trovava da sua figlia. Le teneva i bambini. Di solito i ragazzini vengono qui, ma venerdì la signora è andata da loro.»
«Nessuno sa come è scoppiato l’incendio?»
«Può essere cominciato in un milione di modi. Non tutto funziona a dovere in uno stabile come questo. Non che sia peggio di tanti altri, ma è un palazzo vecchio, capisce?»
Diedi un’ultima occhiata alle finestre e mi chiesi se fosse tanto difficile lanciare una bomba incendiaria contro la finestra della camera della signora Santiago. Probabilmente no, conclusi. E alle due del mattino, in un appartamento di modeste dimensioni, un incendio scoppiato nella camera da letto poteva diventare una trappola. Se la Santiago fosse stata in casa, sarebbe morta arrostita. Non c’erano balconi né scale di sicurezza, c’era un solo modo per uscire: la porta d’ingresso. Anche se, a quanto sembrava, Carmen e il testimone scomparso non dovevano essere usciti dalla porta.
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