Ne convenni. «È stato crudele.»
Lui prese un tovagliolo e spolverò lo zucchero dalla camicia azzurra. Una delle cose che aveva imparato all’accademia, pensai. Tornò a sedersi con le braccia conserte. Gazarra era alto un metro e settantacinque, tarchiato. I suoi lineamenti tradivano l’origine slava; aveva occhi blu, chiari e inespressivi, capelli biondissimi e il naso corto e largo. Quando eravamo ragazzi abitava due case dopo la mia, i suoi genitori vivevano tuttora là. Per tutta la vita aveva desiderato di diventare un poliziotto. Ora che indossava una divisa, non aveva nessun desiderio di fare carriera. Gli piaceva guidare l’auto, rispondere alle chiamate d’emergenza, arrivare per primo sulla scena del delitto. Era bravo a confortare la gente. Era simpatico a tutti, con la sola possibile eccezione di sua moglie.
«Ho qualche informazione per te», annunciò Eddie. «Sono andato da Pino’s l’altra sera a bere una birra e ho incontrato Gus Dembrowsky. Gus è il PC che lavora al caso Kulesza.»
«Che cos’è un PC?» m’informai.
«Un detective in borghese.»
La notizia mi fece drizzare sulla sedia. «Ti ha detto qualcosa a proposito di Morelli?»
«Ha confermato che la Sanchez era un’informatrice della polizia. Dembrowsky si è lasciato sfuggire che Morelli aveva una scheda della donna. I nomi degli informatori sono tenuti segreti. Il supervisore di controllo tiene tutte le schede in un archivio chiuso a chiave. Suppongo che in questo caso la notizia sia trapelata per lo svolgimento delle indagini.»
«Perciò la faccenda è più complicata di quanto potrebbe sembrare. Può darsi che l’omicidio sia collegato a qualcosa su cui Morelli stava lavorando.»
«Potrebbe essere. Come può darsi che Morelli avesse un interesse sentimentale per la Sanchez. Mi risulta che fosse giovane e carina. Il tipo latino.»
«Lei è ancora latitante.»
«Già. Il dipartimento è risalito a certi parenti a Staten Island, ma nessuno l’ha vista.»
«Ieri ho parlato con i vicini della donna; ho saputo che uno degli inquilini, che ricordava di aver visto il presunto testimone di Morelli, è morto improvvisamente.»
«Che genere di morte improvvisa?»
«È stato investito da un’auto pirata davanti all’edificio.»
«Potrebbe essere stato un incidente.»
«Vorrei crederlo.»
Eddie guardò l’orologio e si alzò. «Devo andare.»
«Un’ultima cosa. Conosci Mooch Morelli?»
«Lo vedo in giro qualche volta.»
«Sai che cosa fa o dove abita?»
«Lavora per la sanità. È una specie di ispettore. Abita a Hamilton. Connie deve avere i dati in ufficio. Se lui ha un telefono, sarà facile trovare l’indirizzo.»
«Grazie. E grazie per le ciambelle e il caffè.»
Eddie si fermò in corridoio. «Hai bisogno di soldi?»
«Me la cavo», risposi scuotendo la testa.
Lui mi abbracciò, mi baciò sulla guancia e se ne andò.
Chiusi la porta alle sue spalle e le lacrime mi inumidirono gli occhi. Qualche volta l’amicizia mi commuove. Tornai in soggiorno, raccolsi i sacchetti vuoti e i tovaglioli e andai a gettarli nel cestino in cucina. Questa era la prima occasione per passare in rassegna il mio appartamento. Morelli lo aveva setacciato a fondo e, per la rabbia di non trovare ciò che cercava, aveva lasciato un vero disastro. Le credenze erano spalancate, il contenuto sparso sul banco o sul pavimento; i libri rimossi dagli scaffali, il cuscino dell’unica sedia rimastami, era volato chissà dove. La camera da letto si presentava in un disordine incredibile, con gli abiti ammucchiati sul pavimento. Rimisi in ordine la cucina e decisi che il resto poteva aspettare.
Feci la doccia e indossai un paio di shorts da ciclista neri con una maglietta kaki di grossa taglia. Il mio equipaggiamento da bounty hunter era ancora sparso sul pavimento del bagno. Rimisi tutto nella grande borsa di pelle nera che mi gettai sulle spalle. Controllai che tutte le finestre fossero chiuse. Questo sarebbe diventato un rituale, mattina e sera. Detestavo l’idea di vivere come un animale in gabbia, ma non volevo altre sorprese. Chiudere la porta a chiave fu una questione di pura formalità, più che di sicurezza. Ranger aveva fatto saltare la serratura con facilità. Naturalmente non tutti erano in gamba come lui. Era anche più opportuno aggiungere un altro chiavistello a quelli già esistenti. Alla prima occasione ne avrei parlato con il custode.
Salutai Rex, raccolsi tutto il mio coraggio e misi la testa fuori dalla porta prima di avventurarmi nel corridoio, per assicurarmi che Ramirez non apparisse all’improvviso.
La calotta dello spinterogeno era sotto un cespuglio, dove l’avevo lasciata, vicino alla facciata dell’edificio. La rimontai e uscii dal parcheggio dirigendomi verso Hamilton. Trovai un posto libero davanti all’ufficio di Vinnie e riuscii a parcheggiare la Cherokee al terzo tentativo.
Connie era alla scrivania, intenta a guardarsi in uno specchietto per liberare le ciglia dai grumi di mascara.
Alzò lo sguardo appena mi scorse. «Tu non usi mai questa roba per allungare le ciglia?» chiese. «Sembra fatta con i peli di topo.»
Le agitai sotto il naso la ricevuta rilasciatami il giorno prima dalla polizia. «Ho preso Clarence.»
«Bene!» commentò lei stringendo le dita a pugno e tirando indietro il gomito.
«C’è Vinnie?»
«È dovuto passare dal dentista… per farsi affilare gli incisivi, credo.» Connie prese gli originali della pratica e afferrò la mia ricevuta. «Non c’è bisogno di Vinnie, ti faccio io l’assegno.» Scrisse un appunto sulla cartelletta dei documenti e la depositò nel contenitore in un angolo lontano della scrivania. Poi prese il libretto e staccò l’assegno. «Come va con Morelli? Lo hai localizzato?»
«Non esattamente, ma so che è ancora in città.»
«È davvero un bel tipo», disse Connie. «L’ho visto sei mesi fa, prima che scoppiasse il caso. Stava ordinando del provolone in un negozio. Ho dovuto compiere uno sforzo per non affondargli i denti nelle natiche.»
«Si direbbe che ti piace la carne!»
«Macché, quell’uomo è irresistibile.»
«È anche accusato di omicidio», le ricordai.
Connie sospirò. «Un sacco di donne a Trenton piangeranno quando sapranno che Morelli è in galera.»
Probabilmente era vero, ma io non mi sarei trovata fra quelle donne. Dopo la notte appena trascorsa, il pensiero di Morelli dietro le sbarre suscitava sensazioni piacevoli nel mio cuore, umiliato e in preda a un desiderio di vendetta. «Hai un elenco telefonico?» m’informai.
Connie si girò sulla sedia per indicarmi gli schedari. «È il librone sopra il cassetto G.»
«Sai qualcosa sul conto di Mooch Morelli?» domandai mentre cercavo il nominativo.
«Solo che ha sposato Shirley Gallo.»
L’unico Morelli in Hamilton Township figurava al 617 Bergen Court. Cercai la località sulla cartina dietro la scrivania di Connie. Se ricordavo bene la zona, era un quartiere di casette a piani sfalsati, piuttosto degradate.
«Hai visto Shirley, ultimamente?» chiese Connie. «È grossa come un cavallo. Deve aver messo su almeno quaranta chili dalla scuola superiore. L’ho vista alla festa di Margie Manusco. Occupava tre sedie quando si sedeva e aveva una borsa piena di Ding Dong. Probabilmente per casi d’emergenza… se qualcuno tentava di soffiarle l’insalata di patate.»
«Shirley Gallo grassa? Era magra come un chiodo, a scuola.»
«Le vie del Signore sono misteriose.»
«Amen.»
Il cattolicesimo che praticavano nella cittadella era una religione comoda. Nel dubbio, c’era sempre Dio, dietro le quinte, ad assumersi le colpe degli uomini.
Connie mi consegnò l’assegno e si rimosse un grumo di mascara dalle ciglia dell’occhio sinistro. «Sai cosa ti dico? È maledettamente complicato apparire una donna di classe», dichiarò.
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