Ricomposi il numero, premendo i tasti con tanta forza che quasi mi ruppi un dito.
«Sì!» rispose Ranger in tono divertito.
«Non riappendere! È una cosa seria, maledizione! Sono intrappolata nel bagno, la porta d’ingresso è chiusa e nessuno ha la chiave.»
«Perché non chiami la polizia? Loro sono felici quando possono prestare soccorso a qualcuno.»
«Perché non voglio dare spiegazioni ai piedipiatti. E poi, sono nuda.»
«Eh, eh.»
«Non è divertente, sai. Morelli si è introdotto nel mio appartamento mentre ero sotto la doccia e quel figlio di buona donna mi ha ammanettato.»
«Ti piace quel tipo, eh?»
«Vuoi aiutarmi o no?»
«Dove abiti?»
«Nello stabile all’angolo fra la St. James e la Dunworth. Appartamento 215. È sul retro. Morelli si è arrampicato sulla scala di sicurezza e si è introdotto dalla finestra. Probabilmente dovrai fare la stessa cosa.»
In realtà non potevo biasimare Morelli per avermi ammanettato. Dopo tutto, gli avevo rubato la macchina. E capivo che volesse tenermi lontana mentre perquisiva l’appartamento. Avrei anche potuto perdonarlo per aver distrutto la tenda della doccia in una esibizione maschilista di forza, ma lui si era spinto troppo oltre quando mi aveva lasciato lì nuda e ammanettata. Se credeva di scoraggiarmi, si sbagliava. Ormai era una sfida, e non mi sarei certo tirata indietro. Avrei preso Morelli, a costo di morire.
Ero rimasta in piedi nella vasca per un periodo che mi sembrava di ore, quando sentii aprire e chiudere la porta d’ingresso. Il vapore della doccia si era dissipato da un pezzo e l’aria era fredda. Avevo la mano intorpidita, ero esausta e affamata, mi faceva male la testa.
Ranger apparve sulla porta del bagno. Mi sentii troppo sollevata per essere imbarazzata. «Ti ringrazio d’essere venuto in piena notte.»
Lui sorrise. «Non volevo perdermi lo spettacolo di te incatenata e nuda.»
«Le chiavi sono in mezzo a quel casino sul pavimento.»
Lui trovò le chiavi, mi prese il telefono dalle dita e aprì le manette. «Tu e Morelli avete per caso una storia?»
«Ricordi quando mi hai consegnato le sue chiavi, oggi pomeriggio?»
«Uh, uh.»
«Ho preso in prestito la sua auto.»
«In prestito?»
«Gliel’ho requisita, per la precisione. Sai, la legge è dalla nostra parte…»
«Uh, uh.»
«Bene, gli ho requisito l’auto e lui l’ha saputo.»
Ranger sorrise e mi porse un asciugamano. «Come ha preso la storia della requisizione?»
«Diciamo che non era contento. A ogni modo, ho parcheggiato la macchina e ho tolto la calotta dello spinterogeno per precauzione.»
«Scommetto che ha funzionato alla grande.»
Uscii dalla vasca e dovetti soffocare un grido quando vidi la mia immagine riflessa nello specchio della toilette. Avevo i capelli ritti come se avessi preso una scossa da duemila volt e mi avessero spruzzata con l’appretto. «Devo installare un antifurto nella sua auto, ma non ho il denaro necessario.»
Ranger rise, una risata sommessa e divertita. «Un antifurto. Morelli ne sarà felice.» Raccolse una penna dal pavimento e scrisse un indirizzo su un pezzo di carta igienica. «Conosco un garage che ti farà un buon prezzo.»
Andai in camera e cambiai l’asciugamano con un lungo accappatoio di spugna. «Ti ho sentito entrare dalla porta.»
«Ho fatto saltare la serratura. Non mi è parso prudente svegliare il custode.» Ranger guardò verso la finestra. La pioggia batteva sul vetro scuro, dal davanzale pendeva un pezzo di zanzariera. «Faccio l’Uomo Ragno solo con il bel tempo.»
«Morelli mi ha fracassato la zanzariera.»
«Si vede che aveva fretta.»
«Ho notato che parli quasi sempre il linguaggio del ghetto.»
«Sono poliglotta», rispose Ranger.
Lo accompagnai alla porta. Provavo un po’ d’invidia, avrei voluto conoscere un’altra lingua.
Dormii un sonno profondo e senza sogni, e avrei continuato a dormire fino a novembre se non fosse stato per l’insistente bussare alla porta d’ingresso. Guardai di sbieco l’orologio sul comodino. Le otto e trentacinque. Una volta amavo la compagnia, ora avevo paura quando qualcuno bussava alla mia porta. Il mio primo pensiero fu Ramirez. Il secondo fu che la polizia era venuta ad arrestarmi per il furto dell’auto.
Presi la bomboletta di Sure Guard dal comodino, infilai una vestaglia e mi trascinai alla porta. Chiusi un occhio e con l’altro guardai attraverso lo spioncino. Fuori c’era Eddie Gazami. Era in divisa e reggeva due sacchetti. Aprii la porta e fiutai l’aria come un cane che segue una pista. «Ciao», lo salutai.
«Ciao», rispose Gazarra passandomi davanti nel minuscolo corridoio e dirigendosi verso il tavolo de! soggiorno. «Dove sono i mobili?»
«Sto cambiando l’arredamento.»
«Uh, uh.»
Sedemmo l’uno di fronte all’altra e aspettai che tirasse fuori due tazze da caffè da uno dei sacchetti. Poi svitammo il tappo del contenitore del caffè, spiegammo i tovaglioli e ci buttammo sulle ciambelle.
Eravamo così buoni amici che non sentivamo il bisogno di parlare mentre mangiavamo. Attaccammo per prima le paste con la crema. Poi ci dividemmo le rimanenti ciambelle alla marmellata. Dopo due di queste, Eddie non si era ancora accorto dei miei capelli e allora mi chiesi come dovevano essere in condizioni normali. Lui non aveva ancora fatto commenti sul disordine che aveva lasciato Morelli. Questo mi offrì l’occasione di meditare sulle mie attitudini di donna di casa.
Gazarra mangiò la terza ciambella più lentamente, sorseggiando il caffè. «Ho saputo che hai eseguito un arresto, ieri», esordì fra un boccone e l’altro.
Gli era rimasto solo il caffè e adocchiava la mia ciambella, che per prudenza tirai dalla mia parte.
«Non vuoi fare a metà di quella?» suggerì lui.
«Credo proprio di no», replicai. «Come hai saputo dell’arresto?»
«Chiacchiere di spogliatoio. Sei sulla bocca di tutti in questo momento. I ragazzi scommettono su quando ti farai scopare da Morelli.»
Mi si contrasse il cuore così forte che temetti mi schizzassero gli occhi fuori dalle orbite. Fissai Gazarra per un minuto intero, aspettando che la pressione sanguigna tornasse normale e temendo che i capillari esplodessero in tutto il corpo.
«Come lo sapranno, quando mi scopa?» domandai a denti stretti. «Forse mi ha già scopato. Forse lo facciamo due volte al giorno.»
«Loro pensano che rinuncerai al caso, quando ti farai scopare. In realtà scommettono su quando abbandonerai il caso.»
«E tu partecipi alle scommesse?» volli sapere.
«No. Morelli ti ha incastrata quando eri alle scuole superiori. Non credo che ti farai incastrare una seconda volta.»
«Che cosa ne sai tu di quella storia delle superiori?»
«Tutti lo sanno.»
«Gesù.» Inghiottii l’ultimo boccone della mia ultima ciambella e la mandai giù con il caffè.
Eddie sospirò mentre osservava il resto del dolce sparire nella mia bocca. «Tua cugina, la regina delle bisbetiche, mi tiene a dieta», spiegò. «Per il breakfast mi lascia prendere caffè decaffeinato, mezza tazza di cereali con un po’ di latte scremato e mezzo pompelmo.»
«Mi pare che non sia un’alimentazione adatta per un poliziotto», convenni.
«Supponiamo che mi sparino», ragionò Eddie, «e che abbia nello stomaco solo caffè decaffeinato e mezzo pompelmo. Credi che finirei al reparto di traumatologia?»
«Non come se avessi in corpo caffè e ciambelle.»
«Maledettamente giusto.»
«Quel rotolo di grasso che sporge sopra la cintura probabilmente serve a fermare i proiettili», osservai.
Eddie scolò la tazza del caffè e la gettò nel sacchetto vuoto. «Non l’avresti detto se non fossi arrabbiata per la storia delle scommesse.»
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