Emilio Salgari - La riconquista di Monpracem

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– Signora, – le disse – dove andate? A Varauni o a Pontianak?

– A Varauni, signore.

– Allora spero di rivedervi presto.

– Anche voi andate nella capitale del Sultanato?

– Lo spero. —

Si tolse da un dito un superbo anello con un magnifico rubino e glielo porse:

– Signora Lucy, – riprese – per avermi fatto divertire.

– Ed io lo terrò carissimo, perché datomi da un uomo che non ha paura di nessuno. —

Le diede il braccio e le fece largo fra i passeggeri che si affollavano addosso alle murate, impazienti di scendere nelle imbarcazioni già tutte messe in acqua.

– Finché io sono qui non v’è alcun pericolo, signori miei, perché non ho alcun desiderio di saltare in aria colle macchine di questa nave.

Lasciate il posto a questa signora! —

La sollevò fra le robuste braccia, passandola sopra il bastingaggio e l’affidò a due marinai che si trovavano sulla piattaforma della scala.

Ciò fatto, il portoghese si appoggiò ad un argano, continuando a fumare e a sorvegliare anche il salvataggio.

I malesi erano sempre intorno a lui per prestargli man forte.

Già a bordo non rimanevano che poche persone, le quali si affrettavano a portare i loro bagagli, quando si mostrò il capitano della nave, che fino allora non si era fatto vedere, occupato probabilmente a mettere in salvo le carte di bordo e la cassa.

– Spero, signore, – gli disse, affrontandolo iratamente, – che noi ci rivedremo.

– E perché no, capitano? – rispose Yanez.

– Non trascinerete continuamente per il mare la vostra flottiglia senza prendere qualche volta terra: guai a voi, se vi trovo in qualche porto!

Sapete come si trattano i pirati?

– Si appiccano – rispose il portoghese, continuando a fumare.

– Ricordatevi del capitano John Foster.

– Ho già marcato il vostro nome. —

Il comandante si morse le pugna, poi volse bruscamente le spalle bestemmiando.

Raggiunse la scala e si fermò ancora un istante per urlare contro Yanez impassibile:

– Ladro! tre volte ladro! —

La risposta fu un’ironica risata.

Le scialuppe ben cariche di passeggeri si allontanavano frettolosamente, tentando di raggiungere l’isola di Mangalum, la quale non distava più d’una quindicina di miglia verso levante.

– È pronto tutto? – gridò Yanez imboccando il porta-voce della sala macchine. – Salite subito ed accendete la miccia. —

Un momento dopo quattro uomini s’arrampicavano lestamente su per la scala di ferro e si slanciavano in coperta.

– Presto, capitano, brucia! – disse uno dei quattro.

– In ritirata!– comandò Yanez.

Lo yacht si trovava sempre ormeggiato contro la scala di babordo ed aveva i fuochi accesi.

I trenta malesi ed il loro capo salirono a bordo.

La sirena lanciò un fischio acuto e la piccola nave s’allontanò passando fra i prahos i quali avevano allargate le loro linee.

Il grosso piroscafo abbandonato a sé stesso, sempre pieno di luce, fluttuava lentamente, scotendo le catene delle àncore.

Yanez aveva fatto arrestare il suo yacht a cinquecento metri e si era collocato a poppa, per non perdere nulla dello spettacolo.

Accanto a lui era comparso un vecchio malese, tutto rugoso, coi capelli completamente bianchi.

– È guerra questa? – chiese Yanez al vecchio.

– Cominciamo bene, signore. Io per altro avrei conservato quella bella nave.

– E che cosa ne avrei potuto fare? In qualunque porto io l’avessi condotta mi avrebbero arrestato, perciò preferisco distruggere tutto.

Mi accusino pure i passeggeri, se lo vorranno: non li temo.

È solamente da quel John Foster che può giungere il pericolo, ma noi saremo a Varauni ben prima di lui se… —

Un lampo accecante squarciò in quel momento la nave, seguìto da un rimbombo assordante.

Il barile era scoppiato e la nave affondava.

Per alcuni istanti una pioggia di rottami cadde sul mare, per un giro larghissimo, poi la massa che beveva acqua in quantità enorme dai suoi fianchi squarciati, affondò da poppa, alzando la prora come una lama mostruosa.

Rimase un momento in quella posizione, poi affondò rapidamente, formando un gran gorgo.

– Assestiamo ora i nostri affari, caro Sambigliong. In questo momento io non ho bisogno della flottiglia che hai assoldata, quindi per ora puoi metterla al sicuro nella baia d’Ambong.

Se le cannoniere inglesi od olandesi la incontrano, non la lasceranno tranquilla ed io ci tengo ad aver sotto mano questi legni.

– E come farete a trasmettermi i vostri ordini?

– Manderai a Varauni il praho di Padar, che è il più leggero e il più rapido e che ha l’aspetto d’un onesto veliero.

Di Mompracem in questo momento non occuparti. Non è ancora suonata l’ora di prenderla d’assalto; e poi agirà ora più la diplomazia che la forza.

– Avete null’altro da dirmi, signor Yanez?

– Cerca di guardarti dalle cannoniere e di non lasciare la barca senza mio ordine.

– E Sandokan?

– Veglia sulle frontiere del Sultanato insieme coi suoi dayachi ed è pronto a varcare le montagne di Cristalli.

Metteremo il Sultano fra due fuochi e giacché gl’inglesi hanno commessa la sciocchezza di cedergli Mompracem, avrà da fare con noi.

Parti, Sambigliong: ho fretta di rivedere Varauni dopo tanti anni. —

Fu calata in mare una scialuppa ed il vecchio fu trasbordato sul veliero più grosso.

I capi, avvertiti degli ordini dati da Yanez, fecero spiegare quanta tela avevano, essendo il vento favorevole e dopo dieci minuti s’allontanavano verso il settentrione per rifugiarsi ad Ambong.

Sul posto non era rimasto che il praho di Padar, un magnifico veliero lungo e sottile come una feluca, che con una buona brezza poteva ridersene anche delle cannoniere-tartarughe che l’Olanda e l’Inghilterra andavano laggiù per impedire, sempre con scarso profitto, la pirateria.

– Forza in macchina! – gridò Yanez.

Lo yacht balzò sulle onde come un puro sangue che per la prima volta sente lo sprone del cavaliere, e si slanciò verso il sud-est, lasciandosi dietro una superba scia fosforescente, in mezzo alla quale le belle meduse, simili a globi di luce elettrica, danzavano.

Il piccolo praho si era pure messo in corsa, scivolando silenziosamente sulle acque illuminate.

– Benissimo! – disse Yanez quando la flottigla non fu più visibile. – Non credevo che i nostri affari cominciassero così bene.

Andiamo a scambiare due parole con quel caro Sir William Hardel.

Sarà certamente di pessimo umore: ho però del thè da offrirgli e si calmerà.-

Prese un canocchiale, che in quel momento un malese aveva portato in coperta e lo puntò verso tutte le direzioni.

Nulla: solo il gran mare d’argento, senza una macchia oscura che potesse far sospettare la presenza d’una cannoniera o d’un incrociatore.

– La fortuna sorride sempre agli antichi pirati di Mompracem – mormorò. – Ma mi sono imbarcato in un’avventura che non so dove finirà, poiché gl’inglesi di Labuan non mancheranno di appoggiare il sultano.

D’altronde che cosa può fare un principe consorte alla corte dei rajah d’Assam? Far saltare sulle mie ginocchia mio figlio per farmi ridere dietro da quei grandi nababbi maleducati e invidiosi?

Surama d’altronde sa che io sono un uomo d’azione, incapace quindi di addormentarmi fra i profumi ed i balli delle bajadere.

Ehi, cuoco, è pronto il thè?

– Si, signor Yanez, – rispose il cuciniere, avanzandosi con un gran vassoio d’argento cesellato e relativo servizio di chicchere, di terrine e di zuccheriere.

– Allora seguimi: andiamo ad addomesticare John Bull. —

Scese la scaletta ed entrò nel quadro, ammobiliato con molto buon gusto ed attraversato il salotto, ampio, spazioso e bene illuminato, aprì la porta d’una cabina segnata col numero 3. Due malesi vegliavano coi parangs in mano e le carabine in ispalla, pronti a mandare all’altro mondo il disgraziato ambasciatore, se avesse tentata la fuga.

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