Emilio Salgari - Straordinarie avventure di Testa di Pietra

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Straordinarie avventure di Testa di Pietra: краткое содержание, описание и аннотация

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«Sì, mastro. Sono certo di giungere al fortino senza ingannarmi. Entreremo per il passaggio segreto?»

«Certamente: di là siamo usciti e da quella parte vi rientreremo.»

Poi mormorò: «Ed ora andiamo a fare i conti anche con quel caro signor Riberac.»

4 – Il brigantino inglese

Piccolo Flocco procedeva con precauzione per tema d’ingannarsi sulla vera direzione del magazzino che le tenebre, ancora foltissime, rendevano assolutamente invisibile, anche per l’uomo dallo sguardo più acuto.

E poi vi erano mille ostacoli da superare ad ogni istante, perché il vento, mentre i tre uomini si affrettavano nella caverna, aveva abbattute molte piante che dovevano superare a fatica non trattandosi sempre di pini e di betulle di modeste dimensioni.

Ruggiva intanto sul lago la bufera e si udivano le onde sfasciarsi rabbiosamente contro le scogliere.

Le raffiche passavano ad intervalli al di sopra della foresta ululando cupamente e schiantando gran numero di rami.

La pioggia ricominciava, a tratti, sfrondando le foglie poiché lasciava cadere dei goccioloni sconosciuti nei nostri climi.

I tre uomini, investiti continuamente dal vento e dall’acqua, avevano percorso duecento metri, cercando sempre di orizzontarsi, quando verso il lago si udì rimbombare una cannonata.

«Pezzo da ventotto!…» esclamò Testa di Pietra, il quale s’era subito fermato. «Il ventotto è un cannone inglese.»

«Che qualche nave di Burgoyne sia già giunta?» chiese Piccolo Flocco.

«È probabile,» rispose il vecchio bretone.

«Qualche esploratore?»

«Va a domandarlo al comandante che la guida.»

«Che cerchi di approdare qui?»

«Non vi sono ancoraggi per le navi qui, quindi sono tranquillo, per il momento.»

«Perché per il momento?»

«Perché se gl’inglesi sono già giunti, non so come faremo a recarci a Ticonderoga. Ci taglieranno la via dalla parte del lago e noi rimarremo sempre immobilizzati in mezzo a questi boschi con gl’indiani alle costole. Siamo però sempre i due bretoni della Tuonante, e in qualche modo ce la caveremo. A New York non tornerò certamente senza aver compiuta la mia missione. Bum!… Un’altra cannonata!… Che quella nave sia in pericolo? Speriamo che tocchi qualche scogliera come la nostra fusta e che si rompa.»

«Tu che hai l’orecchio più esercitato del mio, dal rombo sapresti dirmi a quale distanza può trovarsi la nave?»

«A sette od otto miglia per lo meno,» rispose Testa di Pietra. «Andiamo avanti e lasciamo che spari. Dobbiamo già essere presso il passaggio segreto.»

«Sta quasi di fronte a noi,» rispose il giovane marinaio, il quale, pure parlando, non aveva cessato di camminare.

«Affrettiamoci, siamo nuovamente inzuppati ed il vento è freddissimo.»

Attraversarono una piccola macchia di betulle e giunsero dinanzi al passaggio.

«Lo conosci, Jor?» chiese Testa di Pietra al canadese. «Tu devi essere uscito proprio di lì.»

«Io non ho mai veduta questa galleria. Da quando sono approdato non ho fatto altro che aggirarmi sotto i boschi.».

«Là, là!… Tu vuoi farci bere grosso, è vero? Sei abbastanza scaltro, ma noi non siamo degli stupidi. Vuoi che ti dica una cosa?»

«Dite pure.»

«Tu devi aver conosciuto il signor Riberac.»

«Vi ho già detto di non aver mai udito questo nome,» rispose il canadese, il quale seguiva da presso Piccolo Flocco.

«Lo sapremo fra poco,» disse Testa di Pietra.

Percorsero la breve galleria piena di umidità e impregnata di un tanfo di legnami e di radici corrose e giunsero finalmente al magazzino, entrando nello spazio lasciato misteriosamente libero dietro le grosse botti e le balle di pellicce.

Testa di Pietra fu pronto ad afferrare Jor per una mano, per tema che gli giocasse qualche sorpresa e spinse lo sguardo dentro il vasto stanzone.

I due tedeschi erano seduti dinanzi al fuoco e fumavano gli eccellenti sigari del Maryland avendo ognuno, a portata di mano, una bottiglia di gin.

Il trafficante invece passeggiava intorno alla tavola col viso assai abbuiato.

«Signor Riberac, siamo già di ritorno,» disse Piccolo Flocco il quale portava sempre la lanterna. «Dobbiamo darvi una bella notizia.»

«Che avete ucciso qualche orso?» chiese il trafficante fermandosi di colpo ed aggrottando la fronte. «Quando piove escono dalle loro tane e non è difficile incontrarli in questi dintorni.»

«Abbiamo catturato un uomo,» disse Testa di Pietra, spingendo innanzi il canadese. «Lo conoscete?»

Il trafficante guardò Jor e diventò pallidissimo, ma si rimise subito e rispose:

«Io non ho mai veduto quella faccia.»

«Eppure si era nascosto nel vostro magazzino.»

«Oh!… È impossibile!… Da qual parte è entrato, dunque?»

«Da una galleria che immetteva in piena foresta, aperta dietro il vostro fortino.»

«Che storie mi venite a raccontare. mastro?»

«Delle storie autentiche, signor mio.»

«Quand’io, dieci anni or sono, ho acquistato questo magazzino da un altro francese che era stato mezzo scotennato dagl’indiani, non ho notato che vi fosse qualche passaggio. Se me ne fossi accorto mi sarei affrettato a turarlo onde impedire che qualche malandrino s’introducesse qui durante il mio sonno.»

«È strano!…»

«Eppure è così.»

«Eppure quest’uomo, che faceva parte dell’equipaggio della nostra fusta, ha saputo scoprirlo e si è riposato dietro le botti, lasciando dovunque le sue tracce.»

«È vero?» chiese il trafficante, guardando il canadese.

«Io ho già detto che non sapevo nemmeno che qui si trovasse un fortino,» rispose il prigioniero il quale si era seduto dinanzi al fuoco fra i due tedeschi. «Mi hanno preso dentro una caverna scavata in un pino malato dove stavo riposandomi.»

«Tu menti!…» urlò Testa di Pietra. «Ti abbiamo inseguito.»

«La notte era troppo scura per vedere un uomo fuggire.»

«Ma noi avevamo il fanale.»

«Avete inseguito forse qualche indiano, non me.»

«Hai udito, Piccolo Flocco?»

«Quell’uomo gioca di audacia,» rispose il giovane marinaio, il quale intanto aveva fatto segno ai due tedeschi di sorvegliarlo strettamente. «Negare tutto è il suo sistema. Fra poco ci dirà che non ha mai conosciuto nemmeno Davis.»

«È probabile,» rispose il vecchio bretone. «Noi però lo costringeremo a parlare se vorrà uscire vivo dalle nostre mani.»

«Voi dimenticate che siete in casa mia,» disse il trafficante picchiando fortemente il pugno sulla tavola. «Io ho accordato ospitalità a degli uomini bianchi, compatrioti di mio padre e non a dei pellerossa.»

«Noi faremo quello che vorremo,» disse risolutamente Testa di Pietra. «Basta tradimenti, per tutti i campanili della Bretagna!…»

«Avete avuto finora da lamentarvi di me?» chiese il trafficante, il quale si era un po’ impressionato vedendo Piccolo Flocco chiudere a gran corsa la porta del fortino, e sbarrarla.

«No, ma noi siamo caduti, mi pare, senza volerlo, entro una vera trappola.»

«Perché, marinaio?» chiese Riberac con voce alterata.

«Ve lo dirò più tardi. Noi però siamo in quattro e se anche giungessero gli inglesi non entrerebbero facilmente qui.»

«GI’inglesi!…»

«Non avete udito tonare per due volte il cannone sul lago?»

«No.»

«E tu, Hulrick?»

«Quel colpo afer fatto tremare la casa.»

«E tu, Wolf?»

«Ho gli orecchi che ancora mi ronzano,» rispose il secondo tedesco.

«Signor Riberac, sareste per caso sordo?» chiese Testa di Pietra il quale cominciava ad irritarsi. «Mi pare però che siate anche cieco, poiché non riconoscete più l’uomo che abbiamo condotto qui dentro e che si nascondeva qui come un piccolo orso. Che cosa venite a raccontarci che non conoscevate il passaggio segreto? Dovevamo proprio scoprirlo noi!»

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