Emilio Salgari - Straordinarie avventure di Testa di Pietra
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«Vi occorrerebbero sette od otto settimane e cadreste fatalmente fra le braccia degl’indiani.»
«Corpo d’un cannone scoppiato!…» esclamò Testa di Pietra con voce irata. «Che cosa siamo venuti allora a fare qui se non abbiamo più nessuna barca?»
«Io accetterei il consiglio del signor Riberac.» disse Piccolo Flocco. «Se non possiamo muoverci restiamo qui.»
«E gl’inglesi? Arnold non saprà della loro poderosa riscossa.»
«Vuoi che attraversiamo il lago a nuoto, col freddo cane che fa fuori? Siamo stati vigliaccamente traditi, ecco tutto.»
«E se gl’indiani vengono qui?»
«Ci difenderemo come orsi grigi, vecchio mastro. Qui i fucili e la polvere non mancano, e il magazzino è solido come un vero fortino. Come vedi non mancano nemmeno le feritoie.»
«Voi parlate bene,» disse il trafficante. «Mi terrete compagnia e chissà che non riesca a salvarvi dalle furie sanguinarie degl’indiani, poiché ora che ci penso, godo la protezione della madre di uno dei più valorosi sackem degli Uroni ed essa potrebbe, se volesse, salvarci tutti.»
«Uhm!… Fidatevi di quelle canaglie sempre assetate di sangue,» disse Testa di Pietra.
Si era alzato, essendosi ormai ben asciugato. e si era messo a girare come una bestia feroce per il magazzino, picchiandosi pugni su pugni sulla testa.
Girò tre o quattro volte intorno alla tavola, poi si fermò gridando:
«Cane d’un Davis!… Se il mio soldato non ti ha mandato a tener compagnia ai pesci del lago e dovessi incontrarti, non ti risparmierei di certo. Vile canaglia che hai tradito la causa americana!…»
Proprio in quel momento nel magazzino risonò come un risolino soffocato.
Testa di Pietra aveva fatto un salto.
«Avete udito voi?» chiese con voce alterata.
«Io, nulla,» disse il trafficante, il cui volto era diventato subito oscuro.
«Ma io sì,» disse Piccolo Flocco, il quale si era alzato rapidamente, subito imitato dai due assiani.
«Un risolino, è vero?» chiese il mastro.
«Che mi parve provenisse da quella parte,» rispose il giovane, indicando la massa di pelli, di botti e di casse che occupavano tutto il fondo della capanna.
«E anche noi, patre,» dissero i due assiani.
«Che cosa dite voi, signor Riberac?» chiese il vecchio bretone il quale si era prontamente armato d’una scure. «Che durante la vostra assenza sia entrato qui qualche animale?»
«Io non credo,» rispose il trafficante. «Nessuna bestia è mai entrata qui dentro.»
«Sarà meglio accertarcene.»
«Mi getterete tutto all’aria.»
«Rimetteremo tutto a posto, non dubitate. E poi non potrebbe essersi nascosto qualche indiano per farci la tosatura sanguinosa durante il nostro sonno?»
«Non credo che i pellerossa abbiano già spinte le loro avanguardie fino su queste rive. Vi giungeranno, ma quando giungeranno le navi inglesi.»
«Dite quello che volete, noi vogliamo frugare tutta quella parte del magazzino,» disse Testa di Pietra con voce un po’ irritata. «Ci hanno tesi troppi agguati e non desideriamo affatto subirne ancora qualche altro.»
«Dubitereste di me?»
«Mai più, signor Riberac.»
«Se volete divertirvi a scombussolare tutto il mio magazzino. fate pure,» disse il trafficante un po’ piccato.
«Non vi guasteremo nulla. Voglio scovare la bestia o l’uomo che ha riso.»
«Tempo perduto.»
«Non importa. A me, amici.»
Il trafficante fece un gesto d’impazienza e si sedette dinanzi al fuoco accendendo un grosso sigaro del Maryland.
I due bretoni e i due tedeschi si erano messi alacremente al lavoro, spostando casse, cassoni, barili, grosse botti che prima non avevano osservate e giganteschi rotoli di pelli. Agivano rapidamente, aprendosi un passaggio onde giungere alla parete formata anche quella di grossi tronchi.
Erano quasi certi di trovare là qualche sorpresa.
Dopo una buona mezz’ora riuscirono finalmente nel loro intento e non poterono trattenere un grido di sorpresa.
Dietro le grosse botti esisteva un bel vuoto di cui il trafficante, chissà per quali motivi, aveva creduto bene di non servirsi.
Testa di Pietra che si era munito del grosso fanale di marina si guardò intorno e notò che il pavimento era abbondantemente bagnato.
«Eppure l’acqua qui non deve entrare,» disse. «Come spiegare questo mistero?»
«E come spiegare quell’apertura che deve immettere al di fuori? Possibile che il trafficante ne ignorasse l’esistenza?» disse Piccolo Flocco.
«Vediamo!… Vediamo!…» rispose il vecchio bretone il quale cominciava ad inquietarsi.
Si avanzò verso la parete e vide subito un passaggio aperto fra i tronchi d’albero e così ampio da poter permettere di far entrare nel magazzino anche un orso grigio.
«Una galleria?» si chiese. «Perché non è stata turata? Ah, guarda, guarda, Piccolo Flocco, le tracce dell’acqua giungono fino qui.»
I due bretoni si guardaron l’un l’altro, poi nello stesso tempo dissero:
«Andiamo a vedere.»
Sempre più inquieti entrarono nel passaggio, il quale si apriva quasi a fior di terra ed era sempre assai largo ed alto, e si spinsero risolutamente avanti impugnando le asce. I due tedeschi li seguivano pronti ad ogni sbaraglio.
Percorsi dieci o quindici metri, si trovarono improvvisamente in piena foresta.
«L’animale o l’uomo che ha fatto udire quella specie di riso, deve essere uscito di qui,» disse il vecchio bretone.
Alzò il fanale e scrutò le tenebre. L’alba tardava poiché il cielo era coperto da immense nubi le quali, di quando in quando, si squarciavano per lasciar cadere delle grosse gocce d’acqua.
«Vedi nulla?» chiese Piccolo Flocco.
«No,» rispose Testa di Pietra.
«Ritorniamo per domandare a quello strano trafficante se conosceva l’esistenza di questo passaggio segreto?»
«Aspetta un po’.»
Si era curvato proiettando sul terreno inzuppato dalla pioggia la luce vivissima del grosso fanale.
«Ah!… Il brigante!…» gridò.
«Che cosa hai scoperto?» chiese Piccolo Flocco.
«Le orme di due grosse scarpe armate di chiodi. Ora, come si sa, i pellerossa non usano che dei mocassini ben cuciti senza un pezzo qualunque di metallo. Dunque l’uomo che è uscito dal magazzino non può essere che un canadese od un inglese. Qui gl’indiani non c’entrano affatto.»
«E sei ben sicuro che quell’uomo fosse proprio uscito dal fortino del trafficante?»
«Per il borgo di Batz!… Le punte delle scarpe sono rivolte verso la foresta. L’uomo dunque dev’essere uscito dalla baracca del trafficante.»
«Che sia quello che ha riso?»
«Lo sospetto.»
«E chi credi che possa essere?»
«Mi è venuto un sospetto che nessuno mi leverà mai più.»
«Che sia Davis o qualcuno dei suoi canadesi?»
«Che abbia cercato di mettersi al sicuro nel magazzino del trafficante!»
«Lo avevo pensato anch’io. Che sia già lontano quell’uomo?»
«Io non credo che abbia avuto il tempo di guadagnare molta via. Se ci muoviamo subito possiamo avere qualche probabilità di acciuffarlo.»
«Sarà una caccia all’uomo un po’ pericolosa. Non abbiamo nemmeno un fucile.»
«Piove e non servirebbe gran che.»
Testa di Pietra si volse verso i due assiani e disse loro:
«Voi tornate nel magazzino a tenere compagnia al signor Riberac.Riberac, e badate soprattutto che non cerchi di prendere il largo. Quell’uomo non è franco e forse ha conosciuto Davis. Non dite nulla del passaggio per ora.»
«Ja, patre,» risposero i due tedeschi girando sui talloni con una mossa tutta militaresca.
Testa di Pietra impugnò ben salda l’ascia colla destra, strinse colla sinistra il grosso fanale e si slanciò dietro le orme che erano profondamente impresse sul terreno inzuppato di acqua.
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