Carlo Botta - Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV
Здесь есть возможность читать онлайн «Carlo Botta - Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV» — ознакомительный отрывок электронной книги совершенно бесплатно, а после прочтения отрывка купить полную версию. В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Издательство: Иностранный паблик, Жанр: foreign_antique, foreign_prose, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.
- Название:Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV
- Автор:
- Издательство:Иностранный паблик
- Жанр:
- Год:неизвестен
- ISBN:нет данных
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
-
Избранное:Добавить в избранное
- Отзывы:
-
Ваша оценка:
- 80
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV: краткое содержание, описание и аннотация
Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.
Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV — читать онлайн ознакомительный отрывок
Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.
Интервал:
Закладка:
Quando poi incominciò a raggiornare, quanto si scoperse diverso l'aspetto delle cose da quello, ch'era stato prima che la battaglia incominciasse! Due flotte per lo innanzi fioritissime, acconce, preste, piene di gente allegra ed intera, risuonanti di grida liete, e festose, ora rotte, lacere, tarde, sanguinose, arse, piene di morti, di moribondi, di gemiti spaventosi e compassionevoli. Nissuna reliquia dell'arso Oriente; la fregata la Seria gita a fondo mostrava solo la cima degl'infranti alberi; le navi Francesi, il Guerriero, il Conquistatore, lo Spartano, l'Aquilone, il Popolo sovrano, ed il Franclino disalberate, ed in poter d'Inghilterra; il Felice, ed il Mercurio dato di fianco negli scogli; il Tonante privo di tutti i suoi alberi, l'Artemisia in fiamme, il Timoleone gito di traverso. Solo intere si osservavano le due navi del retroguardo il Guglielmo Tell ed il Generoso, con le due fregate la Diana e la Giustizia. Degl'Inglesi il Bellerofonte casso di tutti i suoi alberi, un altro in pari stato, uno col solo artimone, tutti laceri e fracassati, ma non tanto che non potessero ed armeggiare, e mareggiare. Si scagliavano contro il Felice, il Mercurio, il Tonante, ed il Timoleone naufraghi, e se gli prendevano. Poi facevano forza d'impadronirsi del Guglielmo Tell, del Generoso, e delle due fregate superstiti; ma tutte queste navi, spiegate prestamente le vele, e preso dell'alto, andarono a salvamento, la prima governata da Villeneuve, capitano che era stato della fregata la Giustizia, a Malta, la seconda a Corfù. Quest'ultima, strada facendo, si prese il Cavallo marino, grossa nave d'Inghilterra, e lo condusse con se nel porto dell'isola. Era il Generoso al governo di la Joailles, capitano, se mai alcuno fu al mondo, di estremo valore, e le cose che fece con quel suo Generoso sono piuttosto incredibili, che maravigliose. Pure era di cortese tratto, e di facile e mansuetissima natura. La Giustizia, fregata la più veloce corridora di tutto il navilio Francese e forse del mondo, si salvò facilmente; la Diana, più tarda, difficilmente. Non poterono gl'Inglesi seguitare le fuggenti navi, perchè avevano le proprie rotte, e sdruscite dalla battaglia. Dei Francesi, chi fu raccolto dagl'Inglesi, chi fuggì verso Alessandria sui leggieri palischermi. Ma quelli che si gittarono al lido, venuti in mano degli Arabi, furono con ogni strazio condotti a morte: quegli scogli strani grondavano Francese sangue. Dei Francesi mancarono in questa battaglia tra morti, feriti e prigionieri circa ottomila, fra i quali i morti sommarono a quindici centinaja. Furono i feriti e i prigionieri dall'ammiraglio Inglese, sotto fede di non guerreggiare contro l'Inghilterra fino agli scambi, liberati, e mandati in Alessandria. Perdettero gl'Inglesi fra feriti ed uccisi circa novecento soldati, fra i quali molto desiderarono un Wescott, capitano del Maestoso. Fu accagionato Brueys, come si usa nelle disgrazie, anche da Buonaparte, dello avere stanziato troppo più lungamente che si convenisse su per quelle spiagge infedeli. Scrisse anzi il generalissimo, che questo soprastamento aveva fatto l'ammiraglio contro i suoi ordini, poichè, come allegò, gli aveva comandato, che si ritirasse tosto a Corfù. Altri al contrario scrivono, avere voluto Brueys, che conosceva il pericolo, partirsene per Corfù, ed essere stato impedito da Buonaparte, che gl'impose di restare, perchè non voleva privarsi del sussidio della trasportatrice armata innanzi che avesse fermato con vittorie di momento il piede in Egitto. Ciò non mi ardirò di affermare, non avendone alcuna testimonianza certa. Bene non si può scusare Brueys dello aver lasciato l'adito aperto, perchè gl'Inglesi si potessero recare a ridosso della sua armata; poichè, quando a lui si scoperse il nemico, o doveva, salpando tostamente, e dando le vele al vento, condursi a combattere in alto mare, o se fermo sull'ancore voleva combattere, esplorar bene le acque frammesse tra la sua vanguardia e il lido, e trovatele profonde a dar passo a navi grosse da guerra, mettersi in altro sito, o serrarle con altri avvisamenti; poichè si vede, che l'esser passati per quello stretto ad orza dell'armata Francese, diè del tutto agl'Inglesi vinta una battaglia, che altrimenti sarebbe stata per loro assai pericolosa e dubbia. Dall'esito di lei nacquero altre sorti in Europa.
La rivoluzione di Roma, e la presa di Malta, per cui i repubblicani si erano acquistati grandissima facilità di perturbare il regno di Napoli, avevano dato cagione di temere al re Ferdinando, che il governo di Francia avesse fatto pensieri sinistri anche contro quella estrema parte d'Italia; nè era certamente verisimile, che la smania d'innovare e di spogliare i paesi, che tanto sfrenatamente aveva turbato Genova, Milano, Venezia, Roma, fosse per arrestarsi ai confini dello stato Romano. Ciò non isfuggiva al direttorio, e per tal motivo aveva timore, che il re di Napoli facesse qualche risoluzione precipitosa contro di lui. Pertanto, siccome quello che voleva temporeggiare per vedere quale via fosse per pigliare la spedizione d'Egitto, e qual effetto partorirebbe sui principi d'Europa, e sul governo Ottomano, aveva mandato ambasciatore a Napoli Garat, letterato di molto grido in Francia, per rendere il re persuaso, che l'amicizia della Francia, verso di lui era sincera e cordiale. Ma il fatto stesso era contrario alle parole, perchè sebbene Garat fosse di dolce e pacifica natura, aveva ciò non ostante molto capriccio sulle rivoluzioni di quei tempi, parendogli, che all'ultimo avessero a produrre qualche gran benefizio all'umanità. Era anche in questo un altro particolare, per cui il direttorio, se avesse avuto animo più civile, o Garat mente meno illusa, avrebbero dovuto, quello non dare, questo non accettare il carico di Napoli, dove regnava Carolina d'Austria. Certo è bene, che il suo arrivo dispiacque grandemente alla regina; e da un altro lato i novatori molto si confortavano nei pensieri loro di mutar lo stato, perchè egli aveva nome di essersi mescolato nella rivoluzione di Francia. Favellava Garat nel suo ingresso al re parole di pace, di filosofia, di umanità. Favellava per verità molto tersamente, siccome accademico.
Disse, che era mandato per conservar la pace fra i due stati; che il direttorio della repubblica Francese così trattava con le altre nazioni d'Europa, come reggeva i Francesi; cioè con la giustizia, e che gli alti fatti, di cui suonava l'Europa, ciò dimostravano. Continuava, avere la repubblica Francese, allorchè più era potente e più gloriosa, dato la pace a' suoi nemici, quando già vinti ed inermi offerivano, non più ostacoli, ma frutti; l'independenza, e la libertà (queste cose io rapporto per dimostrare ai posteri o la semplicità, o la illusione di Garat) essere state recate a nazioni tra folgori, che parevano avere a recar loro il giogo della conquista, trattati essere stati fatti con potenze nemiche del nome repubblicano; essere questa tolleranza politica il segno di pace per le attuali generazioni d'Europa; mostrarlo la moderazione nella forza, di quella forza, che di per se stessa s'arresta, dove non è più che una giustizia invincibile, che pianta avanti a se termini, che niuna cosa che al mondo sia, potrebbe opporgli. Poscia l'ambasciadore chiamava il re virtuoso e buono, l'Inghilterra schiava dentro, tiranna fuori, la Francia libera, clemente e felice, la repubblica onnipotente per la libertà, savia per le disgrazie: per tutte queste cose rappresentare averlo mandato il direttorio. Finalmente parlava al re di filosofia, di volcani, di lave, di globi sconquassati in questi termini: «Non già perchè io mi sia andato ravvolgendo sotto i portici, dove si usa la ambizione e si cerca il favore, il direttorio mi ha inviato con mandato straordinario presso di voi; che anzi piuttosto io non vissi mai, che nelle silenziose campagne, ne' licei, e sotto i portici della filosofia; e quando le rivoluzioni, ed una repubblica a voi mi mandano con comandamenti, che possono tornare in pro di molti popoli, la fantasia mi rappresenta quei tempi antichi, in cui dal grembo delle repubbliche della Grecia partendo filosofi, che solo un nome si avevano acquistato, perchè avevano imparato a pensare, su questi medesimi lidi, su questo continente stesso, su queste isole erano venuti recando i desiderj loro per la felicità degli uomini: fecervi parecchi del bene, tutti vollero farvene: nè voti, e desiderj disformi da questi io avere posso, nè il direttorio della Francese repubblica m'intimava. Debbono questi voti, e questi desiderj inspirati essere a tutte le potenze da tutte le voci, che hanno efficacia negli uomini, debbonlo in nome del cielo, debbonlo in nome della natura; e parmi, o re, che in questi luoghi, dove voi regnate, fra gli accidenti più stupendi del cielo e della terra, su questo suolo, ammasso magnifico di reliquie dalle rivoluzioni del globo conservate, vicine a questi volcani, le cui bocche sempre aperte, e sempre fumanti rammentano quelle lave ardenti che buttate hanno, e di nuovo butteranno, parmi, dico, o Sire, che, o che in repubblica si viva, o sotto l'obbedienza di un re, l'uomo dee, più che in altro luogo, amare di raccomandare ai posteri per qualche beneficio fatto agli uomini una vita tanto fugace, e tanto incerta».
Читать дальшеИнтервал:
Закладка:
Похожие книги на «Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV»
Представляем Вашему вниманию похожие книги на «Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.
Обсуждение, отзывы о книге «Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo IV» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.