Vittorio Bersezio - La plebe, parte I
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Pelone aveva schivato lo sguardo di Barnaba; sedette e tossendo più disperatamente che mai, rispose:
– Di nuovo?.. Uhm!.. C'è proprio niente… Uhm! Uhm! Che cosa volete che ci sia?
– Tu non hai dunque proprio nulla da dirmi?
– Proprio nulla.
Barnaba allungò il braccio sopra la tavola ed impugnò colla mano il polso dell'oste.
– Ebbene, sta attento, che te ne dirò io di nuovo.
– Ah sì?.. Mi farete piacere… È vostro mestiere saper delle novità.
– Stanotte hanno scassinato la porta che mette negli uffizi del signor Bancone; sono entrati nella stanza della cassa, hanno potuto romper questa ed hanno portato via venti mila lire.
– Che bel colpo! sclamò Pelone i cui occhi in fondo alla loro cavità brillarono un momento e tornarono spegnersi di botto.
– Tu non lo sapevi? Domandò Barnaba colla ironia di prima.
– Sì… oh sì… L'ho udito a contare… Tutt'oggi non si è parlato d'altro che di questo furto a quel ricco banchiere.
– Il commissario, soggiunse Barnaba abbassando ancora la voce, pretende che tu non l'hai saputo solamente dopo… ma lo sapevi prima.
– Io? Esclamò Pelone elevando le braccia e gli occhi al cielo. Dio buono! Si può egli pensare una cosa simile?
– Che tu, continuava Barnaba, conosci gli autori di questo «bel colpo» come tu lo chiami…
– Io ho detto così… così per dire… ma voglio che il corno del diavolo mi colga se…
– Che, inoltre, questo «bel colpo» è stato combinato nella tua osteria, qui stesso, in questa camera, forse a questo medesimo desco a cui siamo seduti tu ed io.
Mastro Pelone mandò un oh d'indignazione che si convertì in uno sbruffo di tosse.
– Il signor commissario mi fa torto, diss'egli poi, un gran torto, un grandissimo torto. A quest'ora dovrebbe già conoscermi, e dopo i servigi che gli ho resi, e che non domando meglio che di rendergli ancora…
– Gli è appunto perchè ti conosce che la pensa di questo modo sul conto tuo.
L'oste protestò con un'altra esclamazione e con una pantomima analoga.
– Or ben, vediamo. Ai fatti, signor mio. Sai tu dirmi qualche cosa del furto di questa notte?
Pelone pose la sua scarna e grossa mano destra sul petto incavato e rispose con enfasi:
– Parola da Pelone!.. Non so nulla.
Barnaba lo guardò un istante con espressione che significava chiaramente qual poca fiducia avesse nella parola dell'oste; poi fece un sorriso e riprese scrollando le spalle:
– Bene! Non parliamone più. Guarda soltanto, vecchia gatta maliziosa, di non lasciarti cogliere lo zampino nel graffiare il lardo. Passiamo ad altro… Chi era quel cotale che usciva di qua allorchè io ci entrai?
– Non so affatto, affatto, e voi, messer Barnaba, credo possiate saperlo più presto e meglio di me. Vi fu un momento che l'ho creduto uno dei vostri.
– Era egli solo qui dentro?
– Credo bene… Ah! C'era Maddalena che lo serviva.
Pelone teneva gli occhi a terra per evitare quelli di Barnaba, che non cessavano di fissarlo con iscrutatrice insistenza.
Barnaba crollò la testa.
– No, diss'egli, Maddalena non c'era. Tu sai che al mio occhio non isfugge nulla. Entrando nel tuo sucido antro ho visto di là Maddalena, la quale, appena m'ebbe scorto, si slanciò in questa stanza ratta come il baleno.
– Quell'avventore l'avrà chiamata: susurrò con voce insinuante Pelone.
– Non vorrei che fosse venuta ad avvertire qualcheduno del mio arrivo.
– E chi mai, buon Dio?.. Che il diavolo mi porti!
– Quella ragazza sarebbe mai per caso istrutta del vero esser mio?
– Oh! Che cosa dite?.. Uhm! Uhm!.. Manco per sogno!
– Meglio per voi mille volte, che non sia; sapete?
– Se lo so!.. Diavolo!..
– Da alcun tempo mi pare che qui, questi galantuomini mi accolgono con una diffidenza che non avevan prima.
– Vi assicuro, esclamò vivamente Pelone, che se mai per caso hanno dei sospetti, io non ci entro per nulla.
– Ma li hanno questi sospetti?
– Non credo… Anzi no di sicuro.
Barnaba tacque un istante.
– Caro mastro Pelone, riprese egli di poi, fra i frequentatori della tua osteria c'è un personaggio di cui tu non mi hai ancora parlato mai, e che, per una combinazione veramente strana, non mi è ancora mai avvenuto di vedere.
– Ci siamo! Pensò l'oste cercando di prendere il meglio possibile un'aria da nesci. Qui conviene stare in gamba.
– Chi è che volete dire? Domandò egli. Ce ne vien tanta della gente alla mia povera osteria, con l'aiuto di Dio… Che il diavolo mi porti!
– Intendo dire colui che chiamano col soprannome di medichino .
Pelone tossì per cinque minuti prima di rispondere.
– Ah sì, disse poi, l'ho udito nominare ancor io… Forse è venuto qualche volta egli pure qui dentro, ma non l'ho osservato, o non me l'hanno additato, o non me lo ricordo… Del resto, che uomo è egli costui?.. È forse tale che possa interessarvi?.. Volete che guardi d'informarmene?.. Sapete che non ci ha il mio pari in codesto; e se vi piace, saprò dirvi chi egli è, che cosa fa ed altro ancora…
Barnaba fece un gesto di minaccia verso Pelone col dito indice della mano destra.
– Oste mio, ho paura che tu faccia male i tuoi conti. Sai che a me non la si dà così facilmente ad intendere.
– Vi assicuro…
– Che tu tieni il piede in due staffe, gli è un pezzo che lo sappiamo, e siamo disposti a perdonarti fino ad un certo punto, quando tu ci compensi del nostro chiuder gli occhi sui tuoi malestri con importanti effetti d'altra parte; ma se invece tu credi poterti servire delle attinenze che hai con noi per aiutare i birboni e favorire le opere loro, alla croce di Dio che sapremo fartene pentire e mettere al passo anche te.
– Credete, messer Barnaba… Vi giuro…
– Basta! Pensa ai casi tuoi e fa senno. Persisti intanto a non aver nulla da dirmi intorno al furto Bancone ed al medichino ?
– Non posso che ripetervi le stesse parole: nulla affatto.
– Ancora una cosa. Bada che questa è la più importante e intorno a questa non ti si vorrebbe tollerare neppur l'ombra d'uno scarto.
– Che cosa mai? Domandò Pelone con interesse.
Barnaba si curvò verso il suo interlocutore, abbassò ancora di più la voce, e disse:
– I nemici della società non sono solamente quelli che attentano alla proprietà ed alla vita degl'individui; ve ne hanno di più pericolosi e di più scellerati, e son quelli che cercano sovvertire le basi stesse su cui si pianta la fabbrica sociale, lo altare ed il trono, la monarchia e la religione. Sappiamo che in questi brutti tempi la perfida razza di costoro s'è accresciuta grandemente; sappiamo che essi si agitano e non si peritano innanzi a nessun eccesso per potere arrivare ai loro empi fini. L'iniqua setta va diffondendo le sue scellerate dottrine e la sua influenza per mezzo di società segrete che serpeggiano negli strati inferiori della società come la gramigna nei campi. Anche nella infima plebaglia ha gettate ora le sue radici e tenta abbarbicarvisi giovandosi dell'ignoranza di quella misera gente. Conviene vegliare più che mai e colpire più ratto e più severamente che sia possibile… Pelone, rispondete la verità, perchè si tratta proprio della vostra sorte. Nella vostra osteria avete voi udito che dai componenti della cocca si tenessero discorsi contro il Re ed il suo Governo, contro la religione e i suoi ministri? o che qualcheduno forse d'una classe superiore, qualche apostolo della borghesia s'insinuasse fra di loro a fare di cotali parlate?
La faccia di Pelone esprimeva la meraviglia e l'orrore che possano essere maggiori.
– E che? Esclamò egli con profonda indignazione. Voi potete pensare che io avrei sentito non fosse pure che una mezza parola di cotante scelleraggini, senza dirvi di subito qual fosse e chi l'avesse detta perchè ne ottenesse il premio che si meriterebbe?
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