Vittorio Bersezio - La plebe, parte I
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Non la miseria soltanto, ma la malattia ed il dolore erano stampati sul viso di quella povera creatura che pareva reggersi e camminare con istento.
Ella ringraziò colui che le aveva parlato ed aguzzò gli occhi continuando a cercare per entro la densa atmosfera di quello stanzone.
– Dov'è egli, Andrea?
– Laggiù, vi dico: rispose ancora quel tale: in fondo, a sinistra… To', guardatelo là con Marcaccio.
Paolina fece un atto come di sdegno, il quale venisse a sopraggiungersi all'abbattimento ed al dolore che già la possedevano; e i suoi occhi vivamente balenarono fissandosi sulla testa di Marcaccio, la quale stava curva verso quella di Andrea, parlando a costui come sappiamo che faceva.
La donna, a quella vista, parve acquistare vigore e smettere affatto la timidezza e la peritanza; camminò risolutamente verso il desco a cui erano seduti i due uomini che abbiamo nominati, ed accostandosi al marito, gli pose, senza pur dir una parola, la mano sopra la spalla.
Andrea si riscosse in sussulto e levò il capo che gli cadeva abbandonato sul petto, mostrando la sua faccia imbestialita dall'ebbrezza.
Al vedere un'ombra comparire e stare presso di loro, anche Marcaccio alzò gli occhi verso di essa, e visto chi fosse, corrugò minacciosamente la fronte.
– Ah Paolina! Diss'egli con tono burbero ed impertinente. Ne siamo forse di nuovo alle solite. Che cosa venite qui a fare? A romper le tasche a vostro marito come sempre?
La donna fece guizzare verso Marcaccio un rapido ma ardentissimo sguardo, in cui c'era tutto il rancore e tutto l'abborrimento che può avere un'anima onesta verso il mal genio della sua famiglia e l'autore di tutti i suoi mali; ma non rispose pure una sillaba.
– Andrea: diss'ella al marito con voce soffocata, affannosa, ma pur tuttavia dolcissima, e con accento di amorevole rampogna: Andrea, vieni a casa.
L'ubbriaco guardava la moglie coll'occhio stupidamente rimbambolito.
– A casa? Ripetè egli: sì a casa… Adesso ci vado appena che abbia finito di bere… Ma prima bisogna finire di bere… Ehi! oste del contagio, porta qui una di barbèra.
– Andrea, bisogna venirci subito a casa: disse la moglie con una certa autorità che a tutta prima fece impressione sull'ubbriaco.
Egli accennò volersi alzare, come per obbedire a quel cenno: ma il suo corpo non era in caso di far ciò con tanta agevolezza, e Marcaccio dandogli uno spintone, mentr'e' stava a mezza strada, lo fece ricadere seduto com'era prima.
– Sei tu matto? Disse beffardamente Marcaccio. Da quando in qua le donne hanno da comandare agli uomini come noi? che vuoi tu lasciarti metter le dande e menar a lascia?
Andrea fissò il suo sguardo avvinazzato in quello del compagno, e ripetè con una grossa bestemmia:
– Menar a lascia?.. No giuraddio!
Alla donna un po' di sangue salito al viso arrossò un istante i pomelli delle ceree guancie; ma non degnò Marcaccio neppure d'uno sguardo.
– Sentite, Paolina, le diceva intanto quest'esso; se volete, sedete lì un momento, e vi daremo una volta da bere…
Paolina non potendo più frenarsi, gli si volse incollerita e colle labbra tremanti ed accento pieno di sprezzo lo interruppe:
– Con voi non parlo.
La figura di Marcaccio divenne terribile per feroce e scellerata espressione: ma poi tosto egli diede in una grassa risata.
– Oh oh! sentite che tono, la signora marchesa! Con noi non si degna!.. Allora date retta ad un mio consiglio, Paolina, e sarà il vostro meglio. Alzate i tacchi, e non seccateci più la gloria.
Paolina tornò rivolgersi al marito, senza dare a Marcaccio altra risposta.
– Vieni, diss'ella nuovamente con supplichevole accento. È tardi. Sai che gli è fin dal primo imbrunire che ti attendiamo… Sono i tuoi figliuoli che ti attendono… Tu dovevi venirci a portare i denari della cena… E non sei venuto; e mentre tu stavi qui a sbevazzare, mentre ci sei, i tuoi figliuoli hanno fame…
Andrea si passò la mano sulla fronte che incominciava a diventar calva, e stette così un poco, come per raccogliere le sue sparse e confuse idee.
– I miei figliuoli hanno fame: ripetè egli poi con accento doloroso, come se quelle tremende parole avessero avuto potenza di farlo rientrare in sè.
Marcaccio si mise a canterellare sull'aria d'una sconcia canzone de' trivii.
– La la le ralà! Ci siamo colla solita storia… Hanno fame? Vadano a letto. Chi dorme mangia, dice il proverbio… E ci lascino tranquilli.
Queste ciniche parole, però, non parvero andare compiutamente a' versi ad Andrea, per quanto ebbro egli fosse.
– I miei figli! Balbettò esso. I miei poveri figli!
– Sì, i tuoi figli: riprese Marcaccio. Ecco lì il bel gusto di caricarsi d'una famiglia. Si ha una frotta di marmocchi che vi strillano alle orecchie e una donna che vi tien dietro e vi sta addosso come una mignatta… Che cosa hai tu da fare pei tuoi figli? Hai tu denaro in tasca da recar loro?
Andrea scosse dolorosamente la testa.
– Non ne hai: continuava Marcaccio. Ti ho trovato che ti aggiravi come una mosca senza capo, per la città, disperato e senza saper che cosa fare di te, pronto a dar la pelle per un quattrino in aria… Non avevi trovato lavoro da nessuna parte, non avevi la croce d'un maledetto centesimo, e la pelle del ventre ti toccava l'osso della schiena. Che cosa ti ho detto io eh? Andrea sono un amico o non sono un amico, corpo di cento boja!.. Vieni qui all'osteria di Pelone che una frittata alle cipolle ed un fiasco di vino, ce ne ho sempre da offrirteli a tua disposizione. Si chiama parlar bene codesto o no, per le carezze di mastro Impicca? Sei venuto, abbiamo fatto ballare de' bei boccali; puoi tu lamentarti di qualche cosa? Saresti stato più allegro andando a casa ad udire strillare i bambini e borbottare la moglie? Bella musica! Le rampogne d'una donna con accompagnamento di guaìti fanciulleschi. Sì, sì, va ora con lei. Gli è quel bell'accoglimento che ti prepara a casa. Mi par già di sentirla. «Bel modo di regolarti! E che hai tu fatto qui? E che hai tu fatto là?» Il fastidio dei rimproveri e l'umiliazione di dover render conto dei fatti tuoi alla moglie.
Andrea fece un atto vivace di ripugnanza.
– No: esclamò egli, non voglio rimproveri, non li vo' tollerare giurabacco!.. Un uomo non lo deve!
– Bene. Disse la donna frenando con tutte le forze che le restavano la collera onde sentiva l'anima commossa verso Marcaccio. Sta certo. Non te ne farò neppur uno di rimproveri, ma vieni a casa.
– Sì, proruppe beffardamente Marcaccio, vacci, bamboccio, e vedrai che valore hanno le promesse delle donne.
Paolina non ci resse più.
– Tacete, Marcaccio: gridò volgendoglisi sdegnosamente. Non vi basta ancora tutto il male che ci avete già fatto? Voi siete il diavolo tentatore del mio pover'uomo.
– E voi non sapete quello che vi dite. Se questo buon uomo passa ancora qualche momento d'allegria, lo deve a me; e se ascoltasse i miei suggerimenti vivrebbe un poco meglio di quanto ora gli tocca.
– I vostri suggerimenti? Santa Vergine Maria! So di che genere sono; e se mai Andrea li seguisse tutti e davvero avrebbe cessato di essere un onest'uomo.
– Ohei! Che modo di parlare è codesto? Gridò Marcaccio battendo un forte pugno sulla tavola. Sapete voi che queste parole non le soffrirei da nessun uomo al mondo, fosse il più forte di tutti? E pensate voi voglia lasciarmele sputare in faccia da una miseruzza di donnicciuola come voi?
Il suo aspetto di scellerato era tale veramente da incuter timore, ma la donna è un essere che quando è posseduto da una giusta indignazione ha un coraggio cui null'altro uguaglia.
– Credete voi d'impormene, Marcaccio? Riprese Paolina. I brutti musi non mi fanno paura. E poichè vi trovo e mi ci avete incitata, vi dirò una buona volta il fatto vostro. Siete voi che avete recato il disordine e la miseria nella nostra famiglia. Siete voi che avete tolto a me ed a' miei figli l'animo di Andrea. Sia maledetto il momento in cui avete posto il piede in casa nostra, e siate maledetto voi stesso!.. Ma per l'anima mia, vi dico che nella mia povera soffitta, là dove sono i miei bambini, non vi lascierò entrar più o che mi caschi piuttosto la testa.
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