Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4
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- Название:Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4
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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4: краткое содержание, описание и аннотация
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Ma influiscono più frequentemente ne' consigli dei Principi le mire del temporale vantaggio, che le considerazioni d'un verità speculativa ed astratta. Il parziale e crescente favore di Costantino può naturalmente attribuirsi alla stima, ch'egli aveva del moral carattere de' Cristiani, ed alla ferma credenza, che la propagazione dell'Evangelio avrebbe inculcata la pratica della pubblica e privata virtù. Sia quanto si voglia estesa la potenza di un assoluto Monarca, sia egli quanto si voglia indulgente per le proprie passioni, è senza dubbio suo interesse che tutti i sudditi rispettino le naturali e civili obbligazioni della società. Ma l'azione delle più savie leggi è imperfetta e precaria. Di rado esse inspirano la virtù; sempre non posson reprimere il vizio. La loro forza non è sufficiente a proibire tutto ciò che condannano, nè posson sempre punire le azioni, che esse proibiscono. I Legislatori dell'antichità chiamarono in loro aiuto il potere dell'educazione e dell'opinione. Ma in un Impero decadente e dispotico era già da gran tempo estinto ogni principio, che aveva mantenuto una volta il vigore e la purità di Roma e di Sparta. La filosofia esercitava sempre il suo moderato dominio sullo spirito umano, ma la Pagana superstizione assai debolmente influiva nella causa della virtù. In tali circostanze, che scoraggiavano, un Magistrato prudente doveva osservar con piacere il progresso d'una religione, che diffondeva nel popolo un puro, benefico ed universal sistema di morale, adattata ad ogni dovere e ad ogni condizione, raccomandata come la volontà e la ragione della Suprema Divinità, ed invigorita dall'espettazione de' premi o gastighi eterni. L'esperienza dell'Istoria Greca e Romana non era da tanto di far conoscere al mondo, quanto si potesse riformare e migliorare il sistema de' costumi nazionali mediante i precetti di una Divina Rivelazione; e Costantino potè con fiducia prestare orecchio alle lusinghiere e in verità ragionevoli assicurazioni di Lattanzio. Pareva che l'eloquente Apologista aspettasse per fermo, e s'arrischiasse quasi a promettere, che lo stabilimento del Cristianesimo avrebbe restituita l'innocenza e la felicità de' primitivi tempi; che il culto del vero Dio avrebbe estinto la guerra e la dissensione fra quelli i quali si risguardavan fra loro come figli d'un comun Padre; che per la cognizione dell'Evangelio si sarebbe tenuto a freno qualunque impuro appetito, qualunque passione d'ira o d'amor proprio, e che i Magistrati avrebber potuto porre nel fodero la spada della giustizia fra un popolo, che tutto quanto sarebbe stato retto da sentimenti di verità e di pietà, di equità e di moderazione, di armonia e d'amore universale 17 17 Vedi l'elegante descrizion di Lattanzio ( Div. Inst. v. 8. ) ch'è molto più chiara e positiva di quel che convenga a un discreto Profeta.
.
La passiva e docile obbedienza, che si piega sotto il giogo dell'autorità o anche dell'oppressione, dovè apparire, agli occhi di un assoluto Monarca, tra le virtù Evangeliche la più cospicua o vantaggiosa 18 18 Il sistema politico de' Cristiani si spiega da Grozio ( de Jur. Bell. et pac. l. I. c. 3. 4 ). Questi era un repubblicano ed un esule; ma la dolcezza del suo temperamento lo faceva inclinare a sostenere le potestà già stabilite.
. I primitivi Cristiani facevan derivare l'istituzione del Governo civile non già dal consenso del Popolo, ma da' decreti del Cielo. Quantunque l'Imperatore, che regnava, usurpato avesse lo scettro per mezzo del tradimento e della strage, egli assumeva tuttavia subito il sacro carattere di Vicegerente della Divinità. A questa soltanto dovea render conto dell'abuso del suo potere; ed i suoi sudditi erano, pel giuramento di fedeltà, indissolubilmente legati ad un Tiranno, che avesse violato qualunque legge di natura e di società. Gli umili Cristiani eran mandati nel Mondo, come pecore in mezzo a' lupi; e poichè non era loro permesso d'impiegar la forza, neppure in difesa della lor religione, molto più sarebbero stati rei, se tentato avessero di spargere il sangue de' loro prossimi nel disputare i vani privilegi o i sordidi beni di questa vita transitoria. Attaccati alla dottrina dell'Apostolo, che nel regno di Nerone avea predicato il dovere di una sommissione illimitata, i Cristiani de' primi tre secoli mantennero pura ed innocente la lor coscienza dalla colpa di qualunque segreta cospirazione, non meno che di ogni aperta rivolta. Mentre provavano il rigore della persecuzione, non furono mai tentati o d'affrontare in campo di battaglia i loro tiranni, o di ritirarsi sdegnati in qualche remoto e separato canto del globo 19 19 Tertulliano Apolog. c. 32, 34, 35, 36. Tamen nunquam Albiniani, nec Nigriani vel Cassiani inveniri potuerunt Christiani, ad Scapulam c. 2. Se tale espressione è rigorosamente vera, essa esclude i Cristiani di quel secolo da tutti gli impieghi civili e militari, che gli avrebber costretti a prendere qualche parte nel servizio de' respettivi loro Governatori. Vedi le Opere di Moyle Vol. II. p. 349.
. Si sono insultati i protestanti della Francia, della Germania, e dell'Inghilterra, che sostennero sì coraggiosi ed intrepidi la civile e religiosa lor libertà, con l'odioso paragone fra la condotta de' Cristiani primitivi e quella de' riformati 20 20 Vedi l'artificioso Bossuet, Hist . des Variat. des Egl. Protest. Tom. III. p. 210-258 , ed il malizioso Bayle ( Tom. II. p. 630 ). Io nomino Bayle, perchè fu egli senza dubbio l'autore dell' avviso a' Refugiati . Vedi il Dizionar. di Critica de Chaufepiè Tom. I. part. 2. p. 145.
. Forse, invece di censura, si sarebbe dovuto applaudire a' sentimenti e allo spirito superiore de' nostri maggiori, che si eran persuasi, che la religione non può abolire gl'inalienabili diritti della natura umana 21 21 Il Bucanano è il più antico, o almeno il più celebre fra' riformatori, che hanno giustificato la teoria della resistenza. Vedi il suo dialogo de Jure regni apud Scotos Tom. II. p. 28, 30. Edit. fol. Reddiman .
. Può forse attribuirsi la pazienza della primitiva Chiesa alla debolezza, ugualmente che alla sua virtù. Una setta di indisciplinati plebei, senza condottieri, senz'armi, senza fortificazioni, sarebbe stata inevitabilmente distrutta, se avesse fatta una temeraria ed inutile resistenza a chi disponeva delle legioni Romane. Ma quando i Cristiani esecravano la rabbia di Diocleziano, o sollecitavano il favore di Costantino, potevano addurre con verità e fiducia, ch'essi tenevano il principio d'una passiva obbedienza, e che nello spazio di tre secoli la lor condotta era sempre stata conforme a' loro principj. Potevano anche aggiungere, che il trono degli Imperatori si sarebbe stabilito sopra una base fissa e durevole, se tutti i lor sudditi, abbracciando la fede Cristiana, imparato avessero a tollerare e ad ubbidire.
Nell'ordine generale della Previdenza, i Principi ed i Tiranni si risguardan come ministri del Cielo, destinati a regolare, o a gastigar le nazioni della terra. Ma l'Istoria Sacra somministra molti illustri esempi d'una interposizione più immediata della Divinità nel governo del suo popolo eletto. Si affidava lo scettro e la spada alle mani di Mosè, di Giosuè, di Gedeone, di David, de' Maccabei. Le virtù di questi Eroi erano il motivo o l'effetto del favore divino, ed il successo delle loro armi era destinato ad effettuar la liberazione o il trionfo della Chiesa. Se i Giudici di Israello erano accidentali e temporanei Magistrati, i Re di Giuda traevano dalla reale unzione del loro grande Antenato un ereditario ed inviolabil diritto, che non poteva mancare pe' loro vizi, nè revocarsi dal capriccio de' loro sudditi. La medesima straordinaria Providenza, che non si limitava più al popolo Giudaico, potè sceglier Costantino e la sua famiglia per proteggere il mondo Cristiano; ed il devoto Lattanzio annuncia in un tuono profetico le future glorie dell'universale e lungo suo regno 22 22 Lattanzio Divin. Instit. l. 1. Eusebio nel corso della sua storia della Vita di Costantino e nelle sue orazioni inculca più volte il divino diritto di esso all'Impero.
. Galerio e Massimino, Massenzio e Licinio erano i rivali, che si dividevan col favorito del Cielo le Province dell'Impero. Le tragiche morti di Galerio e di Massimino presto soddisfecero lo sdegno e adempirono le ardenti speranze de' Cristiani. Il successo di Costantino contro Massenzio e Licinio rimosse i due formidabili competitori, che sempre s'opposero al trionfo del secondo David, e la sua causa pareva che avesse diritto alla particolare interposizione della Providenza. Il carattere del Tiranno di Roma infamò la porpora e la natura umana; e quantunque i Cristiani goder potessero del precario favore di lui, pure si trovavano, col resto de' suoi sudditi, esposti agli effetti della sua lasciva e capricciosa crudeltà. La condotta di Licinio tosto scoprì, che aveva con ripugnanza consentito ai savj ed umani regolamenti dell'editto di Milano. Fu ne' suoi dominj proibita la convocazione de' Concilj Provinciali; i suoi uffiziali Cristiani furon cassati con ignominia; e quantunque egli evitasse la colpa, o piuttosto il pericolo d'una persecuzione generale, le sue particolari oppressioni si rendevano sempre più odiose per la violazione d'un solenne e volontario impegno 23 23 L'imperfetta cognizione, che abbiamo della persecuzione di Licinio è tratta da Eusebio, Hist. Eccles. l. X. c. 8. vit. Const. l. I. c. 49-56. l. II. c. 1, 2. Aurelio Vittore fa menzione della sua crudeltà in termini generali.
. Mentre l'Oriente, secondò la viva espressione d'Eusebio, era involto nelle ombre d'una infernale oscurità, i favorevoli raggi di celeste luce riscaldavano ed illuminavan le Province dell'Occidente. Si risguardava la pietà di Costantino come una piena prova della giustizia delle sue armi; e l'uso, ch'ei fece, della vittoria, confermò l'opinion de' Cristiani, che il loro Eroe veniva inspirato e condotto dal Signor degli Eserciti. La conquista dell'Italia produsse un general editto di tolleranza; e tosto che la disfatta di Licinio ebbe investito Costantino solo nel dominio di tutto il Mondo Romano, egli per mezzo di circolari esortò immediatamente tutti i suoi sudditi ad imitare senza dilazione l'esempio del loro Sovrano, e ad abbracciar la divina verità del Cristianesimo 24 24 Eusebio in vit. Const. l. II. c. 24-42. 48-60 .
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