Antonio Ghislanzoni - Racconti politici

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Il Lanfranchi non aveva mai osato presentarsi alla casa dell'amico, dacchè questi era venuto da Pavia per rassodare la sua convalescenza. Il prepotente bisogno di interrogare il di lui giudizio sulla nuova produzione drammatica, prima di affrontare quello del pubblico, gli ispirò il coraggio di dirigersi a quelle soglie, malgrado il pericolo di vedersi respinto.

Entrò col cuore trepidante – salì le scale a celere passo – e ottenne di presentarsi all'amico, il quale non aveva ancora abbandonata la sua camera da letto.

Poichè i due giovani furono lasciati soli, essi presero a parlare con quell'enfasi esuberante, che fa sorridere gli scettici incalliti nella apatia, ma che è pure la espressione più naturale della giovinezza che sente e che crede.

III

– Ti sei fatto aspettare – cominciò Carlo con accento di mite rimprovero. – Son qui da dieci giorni, e il buon Giuseppe ti avrà portato i miei saluti e ti avrà detto come io desiderassi… una tua visita…

– Non ebbi coraggio… Mi avevano detto che la tua famiglia… il medico… che so io… non permettevano ai tuoi amici di venirti a trovare… Come stai?.. Molto debole, a quanto pare…

– Sì… debole ancora… molto debole!.. Ma tu ricordi la visita di Bruto a Ligario… Se tu vieni a invitarmi perchè io ti accompagni laddove in questi giorni debbono accorrere tutti gli Italiani che sentono amore di patria, fammi vedere una camicia rossa ed un fucile – A quella vista… io riacquisterò in un momento le forze perdute… sarò guarito completamente… e marceremo, perdio!.. e ci batteremo anche noi come si battono i leoni!

Le guancie di Carlo si erano animate di quel fuoco febbrile che è proprio dei convalescenti allorquando vengano assaliti da una emozione troppo viva. Eugenio arrossì a sua volta, ma il rossore di lui accusava l'imbarazzo e la vergogna di chi per la prima volta sente rinfacciarsi dalla propria coscienza un fallo inavvertito.

– Ah! tu vorresti partire per il campo? farti garibaldino? – prese a dire il Lanfranchi con qualche esitazione… Ebbene: io ti ho portata la camicia rossa… ho pensato a te…

– Davvero?!

– Un momento… Non bisogna… per ora… prendere il discorso alla lettera… Prima che la guerra incominci noi avremo tempo di indossare la santa divisa del garibaldino e di recarci sul luogo dell'azione… Frattanto io ho creduto di far bene adoperandomi a suscitare negli altri quell'ardore che pur troppo nella città nostra è condiviso da pochissimi. A tale scopo ho scritto un dramma che domani dev'essere rappresentato all'anfiteatro…

– E questo dramma porta per titolo?..

La partenza dei Volontari !..

– Me ne avevano parlato, ma ero lontano dall'immaginare che tu ne fossi autore… Bravo! Ottimamente! A maraviglia!.. Io comprendo il tuo pensiero!.. Tu vuoi scuotere l'apatia dei nostri concittadini… vuoi eccitare la gioventù… trascinarla a seguirti… o piuttosto a seguirci… perchè io… ve'! io l'ho già bello e fissato il mio piano… Fra tre o quattro giorni, sano o malato, con o senza permesso del medico e della famiglia, io troverò ben modo di portarmi al quartiere di Garibaldi e di prendere il mio fucile!

Lanfranchi era umiliato da quell'enfasi, e seco medesimo si maravigliava di non aver concepita l'idea di arruolarsi fra le schiere dei volontarii prima che l'amico gli ricordasse, col suo vigoroso e nobile linguaggio, un tale dovere.

Ma il giovane convalescente aveva accolta colla massima buona fede la giustificazione dell'amico. Si era lasciato convincere che il pensiero di scrivere un dramma per suscitare l'entusiasmo bellicoso dei concittadini era degno di un'anima grande e fieramente patriotica.

Dopo qualche esitazione, il Lanfranchi si levò di tasca il manoscritto, e diede principio alla lettura.

IV

Il nuovo dramma non era un capolavoro d'arte; l'intreccio non brillava di originalità, i dialoghi riboccavano di quelle iperboli comuni che si fanno applaudire egualmente in teatro e alla Camera dei deputati. Il giovane autore mirava all'effetto. I suoi personaggi ritraevano con brutale naturalezza i tre partiti politici dell'Italia contemporanea, i quali, sulla scena, soglionsi ordinariamente raffigurare in un prete reazionario, in un sindaco moderato e servilmente ligio al potere, e in un gruppo di popolani, di poeti e di artisti infervorati di principii democratici e sempre disposti ad agire. Ma il carattere più spiccato, e diciamolo pure, il più falso, era quello di una eccentrica madre, la quale, avendo un unico figlio di età giovanissima e per giunta infermiccio, era pronta ad immolarlo sui campi di battaglia, dividendo con lui i disagi ed i pericoli. Questa madre spartana era la protagonista del nuovo dramma, e l'attrice benefiziata contava a buon dritto di suscitare immenso entusiasmo presentandosi colla divisa garibaldina ad insegnare a suo figlio la manovra del fucile.

Sublimi trasporti della giovinezza! Slanci maravigliosi dei vergini cuori, ai quali è dato sorvolare a quella pesante atmosfera di positivismo che è la caratteristica dell'epoca attuale! – Se la dolorosa esperienza della realtà ci obbliga qualche volta a sorridere di questi illusi sublimi, è anche vero che noi siamo costretti molto spesso ad ammirarli e ad invidiarli! – Noi dubitiamo, essi credono – ecco la differenza. Ciò che è falso per noi, considerato nei rapporti di un ignobile realismo – per essi, che vedono il creato attraverso al prisma abbagliante della giovane fede, è un ideale che somiglia al possibile. Leggendo Plutarco, noi disperiamo che il secolo parolaio produca dei nuovi giganti e dei magnanimi fatti – essi, come il Carlo Moor del poeta alemanno, si illudono di veder rivivere l'età degli spiriti gagliardi e dell'eroismo disinteressato.

Chi ha ragione? chi ha torto? – Qual è di noi che vede più giusto? – Curviamo la testa dinanzi a questi martiri predestinati che profondono il loro sangue. A ben considerare, essi non hanno che un solo torto, quello di esser pochi. Non per questo abbiamo noi diritto di ammonirli che essi spendono il loro entusiasmo e la loro vita a profitto di una turpe ed ignobile maggioranza che, pure disconoscendoli, farà traffico dei loro sacrifizii per amplificare la propria potenza. La società è orribilmente viziata e incadaverita. Essi rappresentano l'avvenire.

V

Alla lettura di quelle scene concitate e frementi, sul volto di Carlo si alternavano i pallori e le fiamme vivaci dell'entusiasmo.

Il dramma toccava la fine. Eravamo al punto in cui l'eroina dell'azione, strappato il figlio dalle branche di uno zio paolotto che si era attentato di impedirgli la partenza pel campo, fa sventolare una bandiera tricolore, e si volge alle madri italiane per animarle a seguire il di lei esempio.

Il Lanfranchi declamava quel brano drammatico coll'enfasi di un autore che si attende l'applauso: «Tu sei come me, Edoardo!.. La voce di tua madre ha trionfato sulle arti dei rettili immondi che ti stringevano al piede… Essi non sono riusciti a contaminare la tua giovinezza… La voce di una madre ha parlato al tuo cuore più fortemente che non quella di un falso Dio! – Volevano farti credere di non essere abbastanza vigoroso per sopportare i disagi e le fatiche del campo! Ma io… tua madre… io che ti ho data la vita… saprò ben io infonderti la forza che ti abbisogna!..»

– Sublime! interruppe Carlo, balzando dalla seggiola, e percorrendo la camera a passo agitato.

– «Noi andremo insieme dove ci chiama la voce del cannone… la vera voce di Dio!.. Tua madre ti starà a lato… per sorreggerti, per infonderti coraggio… e se una palla nemica colpisce il tuo petto… io raccoglierò il tuo cadavere con orgoglio… e lo porterò di città in città, di villa in villa, di contrada in contrada, e griderò alle madri italiane: vedete! era il mio unico figlio!.. egli è morto per la patria… egli è morto combattendo… Vendicatelo, o madri italiane! e che tutti i vostri figli seguano il di lui esempio!»

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