I racconti della spiaggia
Andrej Titov
Più spesso di quanto si pensi succede che le storie immaginate siano più vere di ogni realtà.
© Andrej Titov, 2018
ISBN 978-5-4490-3339-0
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Durante la mia infanzia non sono mai stato al mare. Potevo vederlo solo in televisione o al cinema, potevo visitarlo unicamente con la fantasia, nutrita dalle pagine dei libri che leggevo avidamente. Sognavo senza sosta questa grande meraviglia della natura, questo immenso spazio fluido senza rive, e avevo la sensazione di essere là, cullato da dolci onde, circondato dal rumore dell’acqua e scaldato dalla luce del sole.
Crescendo, la mia percezione del mare cambiò. Avendo ormai un lavoro potevo permettermi di andare al mare due volte l’anno. Durante le ferie mi davo alla pazza gioia, alle feste in spiaggia e al dolce far niente. Ora la mia vita è cambiata di nuovo e finalmente ho avuto la possibilità di vivere al mare, realizzando così il mio sogno fanciullesco.
Adesso, quando vado al mare, mi metto ad osservare le persone e cerco di studiarne le percezioni, di carpirne le emozioni. Sono così pure e sincere che mi attraggono con i loro misteri e la loro spensieratezza. Mi piace guardarle attentamente e fantasticare su quello che pensano.
Le persone che vengono al mare diventano un gruppo diverso da tutti gli altri. La sconfinata distesa blu le rende più buone, più tenere e più tolleranti.
Ecco una giovane coppia, un ragazzo e una ragazza che si abbronzano. Sembra siano venuti al mare insieme per la prima volta. Sono innamorati, sono ancora ingenui, ma i raggi solari, oltre a scaldare le loro pelli salmastre, iniziano ad accendere la fiammella della passione nei loro giovani cuori. Sono cosi attratti l’uno dall’altra che non notano nessuno intorno a sé e non si rendono conto di attirare gli sguardi dei passanti.
Solo l’educazione mi permette di distogliere lo sguardo dalla tenerezza di questa coppia. Nel mentre, di fronte a me, sento un gruppo di ragazze cinguettare con entusiasmo come fosse uno stormo di uccelli, richiamando l’attenzione dei vicini di ombrellone.
Sono giovani, birichine e allegre, si guardano intorno con curiosità e malizia fino ad incrociare gli sguardi di un gruppo di ragazzi seduti vicino ad un’altra coppia, un imponente uomo di circa 60 anni che racconta teneramente qualcosa alla sua compagna, che ha molti meno anni di lui.
Il sorriso di questa ragazza ricalca sul suo viso un’espressione sognante. Si vede che è contenta della sua vita e vorrebbe che questo momento durasse per sempre.
Il caldo estivo, sommato alla piacevole acqua marina, ha un effetto benefico sulle persone rendendole più buone, esaltandone gli istinti migliori, regalando loro un inebriante senso di leggerezza e amore. Osservando tutto ciò mi viene voglia di prendere parte a questa immensa tenerezza dei sensi con la mia amata compagna. Avvicinandomi a lei, tranquillamente seduta sulla sdraio, provo ad abbracciarla come una volta e ad accarezzarle le ginocchia abbronzate, sfiorandole appena con le mie labbra…
– Puoi andare a fare un bagno nel mare, così ti rinfreschi subito! – Disse con un gesto di stizza, distruggendo all’istante l’illusione di tenerezza e beatitudine che cresceva dentro di me.
– Si, hai ragione, – risposi io, risvegliandomi dai miei sogni.
E così finisce una favola appena iniziata. A me, nella vita, non rimane altro che guardare come sono belle le altre coppie, uomini e donne felici e abbronzati. Non mi resta che sognare, come da bambino facevo con il mare, cercando per le mie fantasie un porto sicuro che le metta al riparo dalla spietata realtà.
La vita viene spesso paragonata ad un panno a righe: righe nere – sfortuna, righe grigie – routine. Di tanto in tanto tra di loro lampeggiano strisce luminose di felicità. Saltare rapidamente dal nero al bianco – significa sentire la pienezza della vita. Un’altra cosa è proseguire lungo la striscia nera per lungo tempo, sopportando infinite sconfitte e fallimenti.
In queste circostanze, Leo vi si trovò sul limite del trentesimo anno di età. Sembrava che la fortuna gli avesse girato le spalle per sempre. Prima le disgrazie si sono abbattute sulla sua attività, nel quale Leo investì tutti i suoi soldi e forze. Già da ragazzino, sognava e si vedeva in qualità di proprietario di un bar. Immaginava una sala accogliente, le sedie di rattan francesi, fotografie di automobili d’epoca sulle pareti… Leo faceva due lavori contemporaneamente, mettendo da parte ogni soldo, finché non raggiunse la somma necessaria per pagare l’affitto e l’acquisto dell’attrezzatura.
Prese in affitto un locale in un buon quartiere affollato. Affittò il bar proprio come sognava nell’infanzia, Assunse due cuochi e creò un menù utilizzando delle idee molto audaci. Il bar non è mai stato vuoto. Gli impiegati e le segretarie degli edifici accanto passavano prima di andare al lavoro per bere un caffè con brioche calde e sfogliare giornali appena usciti. I tassisti venivano a pranzo per mangiare una cotoletta con purè di patate. La sera invece arrivavano gli innamorati, a loro piaceva la chanson francese che veniva diffusa dalle casse.
Leo cominciò a ricevere un cospicuo guadagno e continuava a migliorare la sua attività – comprò una TV grande per il suo locale e delle piante esotiche nei tini. La moglie Laura lo aiutava con la contabilità e gli dava dei consigli innovativi sul design. Ma poi, a sinistra del bar aprirono un ristorante cinese, molti dei clienti si spostarono lì, in cerca d’esotico. Leo cercò di competere con i concorrenti, abbassando i prezzi. Ma per farlo, fu necessario licenziare uno dei cuochi e diminuire lo stipendio alle cameriere.
Poi, nel giro di qualche mese aprirono un fast food americano. Leo calcolò che ora, in media, da lui passavano solo sette persone al giorno. Licenziò le cameriere e inseme a Laura cominciarono a servire i pochi clienti che c’erano. Ma i tentativi di salvare il business erano insensati. Leo si indebitò con i fornitori di alimentari, e non riusciva a pagare la luce e l’acqua. L’affare di tutta la sua vita stava crollando davanti ai suoi occhi.
Leo perse l’appetito, dormiva male. Stanco e grigio in faccia, tornava a casa in piena notte, facendo i calcoli delle perdite in mente, provando a inventare qualche via d’uscita. In una di queste sere, mentre stava tornado a casa, vide sua moglie con un altro uomo. Erano in una mercedes di color rosso scuro, parcheggiata sotto un lampione, e si baciavano appassionatamente. Leo, tormentato dalle sfortune per la sua attività, in silenzio li osservava. Vedeva, come la sua bella, amata Laura, abbracciava il collo di uno sconosciuto vestito di un abito costoso, come la sua mano toglieva la bretella del suo vestito dalla spalla…
Leo sentì un dolore bruciante al cuore e si bloccò sul posto, come se fosse paralizzato, senza le forze per muoversi. L’orribile scena della mercedes gli rimase in mente per tanto tempo, anche se lui con tutte le sue forze provava a non pensarci. Si senti male anche per le parole di Laura, che pronunciò facendo la valigia:
– Si, ti ho tradito, e non mi vergogno per niente! È impossibile vivere con te, sei uno sfigato! Stai cadendo in una fossa e cerchi di tirare dentro anche me!
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