Ivan Fabio Perna - Le avventure di Orazio Scattini

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Le avventure di Orazio Scattini: краткое содержание, описание и аннотация

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<>, di­ceva tra sé mentre si allontanava il fumo da sotto il naso. <> XII. …che darei per lei…

TOC-TOC!

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E intanto passavano i giorni. Io, tra una lezione di pulizia e l’altra, m’intrattenevo con Ema­nue­le ed altri frati in monumentali partite di poker notturne al limite della bestemmia. Ci gio­ca­vamo di tutto: porzioni di dolce, bottiglie di vino, pagnotte di pane. Frate Oronzo, l’ad­detto alla ma­celleria, se ne arrivò una sera con un quarto di bue! Frate Carmine, il bibliote­cario, era il più fortunato. Una sera vinse centoundici fette di torta di mele, cinquantotto bottiglie di Verdic­chio, ventotto salami e settantasei pacchetti di sigarette! Il più sfortunato era frate Egisto che, in una sera, giocò e perse la porzione giornaliera di dolce per novantotto anni! Frate Egisto era soprannominato “Gasolio” perché adorava più d’ogni al­tra cosa il vecchio furgone che si usava per scendere in città e non se ne separava mai. Lo tene­va sempre lustro come una moneta d’oro, e non man­cava spesso di parlargli come se fosse una persona. Inoltre l’aveva fornito d’ogni attrezzo pos­sibile. Lui di­ceva sempre: “Non si sa mai; metti caso che dobbiamo disinnescare un mis­sile” . Tra una partita e l’altra poi, c’era frate Ema­nuele che si abbandonava in piccoli spetta­coli ove imitava la voce e i tic dei presenti e non (il suo cavallo di battaglia era frate Luigi che malediva una spiaggia di nudisti).

Ma le domeniche pomeriggio, erano le più micidiali! Scattavano le sfide a pallone tra frati e preti! Io, fungevo sempre da arbitro. Una volta, durante i tempi supplementari del torneo “ Avvento del Regno ” (ove gli ipotetici vincitori avrebbero avuto un posto in prima fila al giu­di­zio universale), mi trovai in mezzo ai due religiosi più ben nutriti del mondo cristiano: don Gino e frate Mimmo! Che, correndosi incontro per il possesso della palla mi schiaccia­rono con i loro capientissimi stomaci. In quello scontro di giovialità e guance rubiconde, ci rimisi la ragione per tre giorni!

Ma, nonostante l’allegria, ogni volta che passavo dinanzi alla stanza di Donna Valeria una morsa al cuore mi toglieva il respiro. Cosa faceva Grazia? Cosa pensava? Non la vedevo ora­mai da molti giorni e, lentamente, stavo perdendo ogni speranza...

Stanza di Donna Valeria. Venerdì: mezzogiorno in punto.

TOC-TOC

<>, sbottò Donna Valeria.

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<>, domandò scontrosa facendo sbucare la testa dalla porta.

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Il frate venne fatto accomodare e subito ai suoi occhi si presentò uno spettacolo racca­pric­ciante! Sull’inginocchiatoio: c’era Grazia, con le ginocchia rosse e lorde di sangue raggrumato che, uscendo, aveva tinto tutto il pavimento circostante. Questa pozza di dolore, le disegnava attorno un perimetro rosso degno del più sofferente dei martìri. Nell’aria un maleodo­rante olezzo di muffa da far lacrimare gli occhi. Provocato dai piatti di cibo, neanche sfiorato, che so­sta­vano in terra accanto a lei ormai da giorni. Ma ella, imperterrita, continuava a fissare, con le mani giunte in se­gno di preghiera, il gigantesco crocifisso che la sovrastava.

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<>, ribatté con entusiasmo. <<���è arrivato il giorno che l’emis­sario del Signore cavalchi sul sentiero della vendetta e con lo zoccolo del suo destriero dagli occhi di ghiaccio travolga con una furia devastante il maligno che s’è insediato nel cuore della sua bambina e nella fede di tutti noi cristiani!>>

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<> XIII. Il soffio del castigo

Era buio. Un vento gelido passava per la città, sostando in ogni casa, incuneandosi in ogni fes­sura, come se dovesse cercare qualcuno. Sibili spettrali, facevano cantare alberi e foglie. Suoni lontani di creature notturne echeggiavano all’orizzonte, facendo prendere a quella notte, già particolare, un’immagine da incubo. Una coltre di nubi nere, come è nera la notte, uscivano dalle montagne e, in breve tempo, sarebbero andate a cancellare tutte le stelle dal firmamento. Il tempo, ora, sembrava si fosse fermato.

D’un tratto: una scarica folgorante andò a squarciare in due il cielo illuminando per un istante tutto il panorama visibile. Una pioggia pesante e spessa, non si fece attendere e, nel giro di po­chi secondi, il paesaggio si presentava come un concerto di fragori e suoni possenti che pa­re­va­no la ninna nanna del diavolo. Nell’eremo, quello scatenarsi degli elementi, sembrava am­plifi­carsi ogni minuto. Ma tutti dormivano. Nella stanza di Donna Valeria la situazione era sempre la stessa. Quella notte, come in tutte le notti, Grazia, continuava imperterrita nella pre­ghiera. Alle sue spalle, la finestra s’illuminava a momenti; i lampi facevano scorgere di fuori il cortile coperto dalla pioggia e facevano vedere, adesso, una figura! La maniglia iniziò a girare... lentamente e un’ombra entrava. L’odore umido di vestiti bagnati riempiva la stanza e quella parvenza tetra e mo­numentale era, adesso, alle spalle della ragazza.

<>, la chiamò una voce profonda.

<> le rispose.

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Con le spalle ancora rivolte a quella voce la giovane si alzò e, subito, alla sua bocca, venne sistemato un fazzoletto imbevuto di chissà quale sostanza. Le braccia forti di quel­l’om­bra la sorressero dalla caduta e, sollevata sulle braccia ora, veniva portata fuori.

Cortile dell’Eremo. Mattina, ore 5 e 41.

La pioggia continuava a scendere fitta. Una donna in vestaglia vagava nervosa sotto il porti­cato.

<> chiamava con insistenza Donna Valeria. <>

D’un tratto, un terribile presentimento l’assalì.

<> Urlò scaraventandosi come una pazza contro la mia stanza.

Ricordo solo che fui travolto sul letto da una porta di circa trecento chili!

<> sbraitò con le unghie strette al mio collo. <>

<> le dicevo a strozzato con un esile filo di voce.

Intanto, le urla di Valeria si fecero sentire per tutto l’eremo; e la mano pesante di frate Oron­zo mi salvò da una morte certa per soffocamento.

<> gridava scalciando come un puledro.

<> domandò imperioso frate Luigi.

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<> disse frate Emanuele accorso insieme agli altri.

<> sentenziò frate Luigi. <>

<<���è pieno di capelli!>> dicevano in coro i frati. <>

<> esclamai stupefatto.

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Donna Valeria sgusciò dalle braccia di frate Oronzo e si avventò a mani aperte sul mio volto. Il colpo dell’impatto si sentì per tutta la provincia. Ci vollero undici persone per to­glie­rmela di dosso. Mi provocò tanti di quei graffi che, sulle mie guance, ci si poteva gio­carci a tris!

<> accusò frate Luigi.

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<> diceva frate Luigi rivolto agli altri. <>

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