Ivan Fabio Perna - Le avventure di Orazio Scattini
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Sommario
Il silenzio dei colpevoli
Orazio… stai fresco?
Orazio… Alleluia!
Avventura ad Assisi
I. Sull’attenti
II. Le lezioni
III. Il viaggio
IV. L’esordio della vendetta
V. A destinazione
VI. Il Padre Priore!
VII. Dov’è? Dov’è il maiale?
VIII. La pulizia
IX. Pentiti!
X. Sorpresa!
XI. L’inquisizione
XII. …che darei per lei…
XIII. Il soffio del castigo
XIV. Il gioco si svela
XV. La resa dei conti
XVI. L’epilogo finale
Orazio Scattini e il mistero di Donna Valeria
I. Il passato
II. La realtà
III. Il mistero
IV. Il futuro
V. Il marpione in azione
VI. La notte
VII. Non era un sogno
VIII. Avanti il prossimo
IX. La matta è fuori
X. L’ingegnere
XI. La lettura del sogno
XII. Le tragedie non finiscono
XIII. Il pendaglio
XIV. La mia bambina
XV. Trovata!
XVI. Desidera?
XVII. Spiriti!
XVIII. La fine del mondo
XIX. I segreti che uccidono
XX. Gli incubi sono finiti
XVII. L’epilogo finale
“LE AVVENTURE DI ORAZIO SCATTINI” ©2000 - Ivan Fabio Perna - tutti i diritti riservati
Il silenzio dei colpevoli
Non mi vedete? Eppure sono lì. Più giù, ancora più giù, eccomi là! Sì, quel tipo alla fermata del tram... lo sto aspettando? Seeh, aspetto un tram col secchio e la ramazza... sto lavorando! è il mio mestiere: pulisco le fermate degli autobus!
Mi chiamo Orazio Scattini: ma per favore, vi prego, voi chiamatemi solo Orazio. Sapete, cinque mesi fa avrei detto che conducevo una vita normale: un lavoro, una casa, una gatta che mi vuol bene, un videoregistratore eccezionale... eppure, 153 giorni or sono, la mia pacifica esistenza subì uno scossone del 9° grado della scala Mercalli! Torniamo indietro? O.k.! Non è che ci si sposti di molto... la stessa ora, lo stesso posto e in bocca lo stesso sapore: quello che ti prende di prima mattina e ti fa sentire come se avessi mangiato un paio di scarpe da ginnastica!
Avevo lustrato talmente a specchio quella fermata che pareva un salotto di corte dell’ottocento! Ma ecco: arriva uno dei soliti “frettaioli” che getta un mozzicone acceso in terra e mi rompe tutto l’incanto che avevo creato (oltre a due cose preziosissime che il mio corpo contiene in un sacchetto...).
Continuava a guardare l’orologio battendo i piedi in continuazione come se dovesse andare in bagno... era vestito con un impermeabile bianco e dei calzoni color marroncino chiaro (se non fosse per la testa, pareva un cremino gigante!). Calma, calma, il tram sta arrivando...
E quando il mezzo si fermò, e le sue porte si aprirono, sembrarono aprirsi in qualche altra dimensione! E chissà da quale delle sette meraviglie scese lei! Bella, bellissima! Indossava un ristretto completo di color: “Blu, notte romantica” ove qualsiasi luna avrebbe avuto il piacere di sorgere sopra. Dei capelli castani, con colpi di sole biondi... (parevano colpi di frusta sul mio cuore!) E la sua bellezza; indescrivibile a parole... mio Dio: ma da quali pagine di quale romanzo avevi fatto uscire un simile capolavoro? Già meditavo di farmi monaco tibetano quando d’un tratto i miei istinti si bloccarono. Quel manichino alla fermata... aspettava lei! E non appena finii di rendermi conto dello scempio, già l’allontanava nervosamente portandola chissà dove. Non doveva sfuggirmi: era come se al Botticelli fosse scappata la sua Venere... decisi di seguirli!
In lontananza vedevo lui che le parlava sbracciandosi come se stesse affogando. Poi, un attimo di silenzio tra i due e... PAM! Lei gli allunga uno schiaffone micidiale che gli fa sputare almeno quattro denti!
Che donna! Le lasciò l’impronta della mano sulla faccia e si diresse decisa dove non l’avrebbe più rivisto; e io dietro come un gatto verso la pappa! La trovai piangente alla fermata successiva.
Quegli occhi... quelle meraviglie color ghiaccio ove l’intero universo si sarebbe specchiato e avrebbe trovato ancora posto... quella secrezione che le rigava il viso... Avessi avuto un machete avrei fatto a pezzi quel ghiacciolo che l’aveva fatta così soffrire! Decisi che avrei passato i restanti centotrent’anni della mia vita a farla sorridere! Mi avvicinai... le passai una rosa rossa sotto il naso e...
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M’aspettavo il solito: pedala, sgomma, vai a rompere da un’altra parte! Invece... mi guardò, prese il fiore e sorrise. Mi sentivo rinascere!
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Un altro sorriso, più radioso del precedente, e io mi sentivo un eroe, avevo regalato della felicità!
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Stavolta il sorriso si spense. Guardò la rosa, tristemente, perdendosi sui contorni dei petali rossi. In cosa avevo sbagliato?
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Sul suo viso tornò la felicità. Poi mi guardò, mi diede una carezza... e indicò la bocca scuotendo il capo.
Oh cribbio! Il Signore gli aveva regalato una bellezza mistica ma le aveva tolto la voce... era muta!
Superai l’imbarazzo esclamando:
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Scoppiò in una risata silenziosa, mi guardò un istante, poi prese dalla borsetta un biglietto tutto contornato da fiorellini multicolori con su scritto: “Mi chiamo Claudia” .
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Forse avevo esagerato, i suoi occhi mi studiavano come se non m’avesse mai visto prima. Un sorriso... e un altro biglietto dalla borsetta: “Mi chiamo Claudia Sario, abito in Via Pinelli N° 22 - tel: 011/4373285... saluti e baci.” . Avevo fatto centro!
<>, dissi carico di euforia <>
Che figura di m... tutto il peso della vergogna mi schiacciava come un moscerino, ma lei non fece una piega. Scrisse invece sul biglietto di passare da casa sua lunedì alle sette di sera e di citofonare tre volte; lei sarebbe scesa. Appena staccai gli occhi dal foglietto e la guardai, partì una musica di mille violini; volevo avvicinarmi per un bacio, ma temevo mi si avvicinasse la sua mano aperta in piena faccia!
Il giorno dell’appuntamento arrivai tutto impettito, reduce da nove docce e completa pulizia delle cavità corporali. Non mi lavavo così da anni: pesavo quattro chili in meno!
Mi trovavo di fronte ad un portone di legno massiccio alto cinque metri (sembrava l’accesso al regno dei cieli!). Suonai il citofono le tre volte:
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Oh no! Invito a casa! I genitori, i parenti, i vicini curiosi... svenni per trenta secondi! Rinvenni sulle ventiquattro rose rosse che gli avevo portato e, dolorante nel costato, salii sino al 4° piano: “Ubicazione della mia diletta!” .
Mi aprì lei, in tenuta casalinga. La bellezza le fermentava addosso ogni secondo; dovetti trattenermi dal non svenire per trent’anni!
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Con un ampio gesto fece segno di accomodarmi. Che casa, che magione; solo il salone che costeggiava l’ingresso era grande come il mio condominio!
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<>, domandò la grassa domestica.
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<<���è pregato di accomodarsi in questa stanza. I signori le vogliono parlare!>>
No! Le presentazioni con i genitori! Probabilmente quello, era uno dei prezzi da pagare per poterla vedere.
Varcai la soglia della stanza. Mi trovavo in una specie di libreria con una sparuta sedia di legno nel centro e una maestosa poltrona davanti. Trascorsero pochi minuti, che sembrarono eterni! Mi sentivo sperduto... ma ecco: si aprì la porta. Entrò un omaccione sulla cinquantina, tutto ben vestito, con occhialetti da dotto sul naso, barba grigia (curatissima) e sguardo assassino; quella montagna era suo padre! Notissimo avvocato penalista! Mi alzai per presentarmi:
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