Ivan Fabio Perna - Le avventure di Orazio Scattini

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Le avventure di Orazio Scattini: краткое содержание, описание и аннотация

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Cucù, vittoria! ah!ah!ah!ah!

Durante i giorni seguenti io e Sara eravamo inseparabili! Ero diventato per lei una per­sona indispensabile e non mancava mai di confessarmi tutto della sua vita. Aveva ab­bando­nato la palestra e venduta la sua parte e, in quel mondo, giu­rava, non sarebbe più tornata. Con lei cercavo di sfoggiare tutto il mio reper­torio migliore di simpatia e non mancavo mai di farla ridere di gusto. Anche se, alcune volte, il suo sguardo si perdeva in pensieri passati, che testimoniavano perfettamente una certa malinconia; forse perché l’idea d’aver fallito in un amore che credeva perfetto, era una situazione che non riusciva ad accettare. Era dolce, inno­cua e di una semplicità incredibilmente eccitante; una specie di Heidi ma­sche­rata da Marilyn. Ed ora, da chiusa e schiva quale era nei miei con­fronti, divenne aperta e cor­diale. Naturalmente, tra una cordialità e l’altra, tentavo in tutti i modi di stabilire un con­tatto non solo mentale...

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Sua sorella! Una bella ragazza non c’è che dire... ma la classica sedicenne vuota con la stessa perenne espressione di noia sul volto. Una parlata stanca e mono­corde, accompagnata dall’inse­parabile chewing-gum che eternamente masticava con una lentezza irritante: “...che palle la scuola, che palle i professori, che palle la vita...”, e un eccetera di palle, da far arrossire un portiere! La conobbi una domenica, a casa sua, quando Sara m’invitò a cena.

<>, chiamò Sara entrando <>

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<>, dissi. <>

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Mi diede una mano talmente moscia da farmi sospettare che fosse in vita...

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E s’andò a chiudere in camera.

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<>, gridò. <>

<>, sentenziò dalla sua camera.

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E arrivò il momento di uscire.

<>, osservò Linda. <>

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La discoteca si chiamava “L’urlo!”. E indubbiamente teneva fede al suo nome. Già da fuori, i vetri delle case circostanti, vibravano a tempo di musica!

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Non feci in tempo a ricordarle che alla prossima minaccia l’avrei resa invalida che già imboccava la porta d’ingresso.

<>, disse Linda alla cassiera. <>

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<“...ma arriverà il giorno della vendetta, e io sarò lì a guar­dare e a godere mentre brucerai nelle fiamme della perdizione!”.>>

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Ritirati i biglietti mi fu anche consegnato un souvenir della discoteca; un tubetto di dentifricio aroma: saliva! L’ambiente era di uno squallido pazzesco! La musica era assordante e ripetitiva, fatta di conti­nue percussioni elettroniche (pareva avere un fabbro alle spalle che mi mar­tellava il cervello), il tutto cadenzato in una musichetta banalis­sima di sottofondo con voci di coriste di colore che urlavano a tutto spiano.

Nella pista vi era un accalcare nervoso di ragazzi che bal­lavano con le braccia all’aria e lo sguardo rubato da quell’ipnotica musica. Tutt’intorno alle mura della discoteca ragazze e ragazzi in vestiti di dubbio gusto che esemplifica­vano la conversazione incastrando reciprocamente le proprie lingue! E Linda era tra loro. Ras­segnato a passare la serata in quel girone dantesco mi accasciai in­tristito su un divanetto ad attendere la fine della forgia!

Erano le due di mattina e oramai la testa mi vibrava come una campana. E proprio quando mi rassegnai a salutare i miei poveri timpani, mi si avvicinò Linda a braccetto del suo ragazzo: un essere basso, tozzo, con un ciuffo di capelli lunghi davanti, il resto della testa rasata, la faccia quadrata, lo sguardo assente e la bocca perennemente aperta. Le dissi:

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<>, le dissi. <>

<>, prese parola Ennio <>

Non ci vidi più! I miei occhi divennero di un rosso fuoco! Il mio sangue bollì a 3000 gradi! Ettolitri di adrenalina mi si riversarono a fiotti nelle arterie. Il digri­gnare dei miei denti si sentiva nitido nonostante la musica! Gli mollai un secco ceffone di manrovescio in piena faccia! Sputò quattro denti che andarono a finire in bocca ad una delle tante ra­gazze che ballavano sulla pista!

Al che lo presi dal bavero del suo puzzolen­tissimo giubbotto di pelle e gli dissi:

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Lo scaraventai in aria! Fece un volo di undici metri per tutta la discoteca andando a sbattere, in uno sfavillare di scariche elettriche, su una delle casse acustiche ubicate ai lati.

La musica cessò di colpo. Mi si dipinse attorno un alone di energia pura, e come un Mosè percorsi la pista verso di lui mentre tutti si aprivano terrorizzati, a ven­taglio, al mio passaggio.

Lo incenerii con lo sguardo e... HUATATATA!!! In pochi secondi, lo colpii 104 volte in più parti del corpo.

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Mi girai con gli occhi dei presenti che mi fissavano terrorizzati. Verso di me, stava cor­rendo il buttafuori. Lo scansai gentilmente. Volò per tutta la discoteca sfondando quattro muri e andando a finire nel finestrino del tram n° 15 che pas­sava nella via adiacente. Mi diressi verso Linda, la presi ancora impaurita per mano e la trascinai fuori da quella bolgia. Prima di congedarmi mi girai per l’ul­tima volta verso i pre­senti...

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Indietreggiarono tutti impauriti.

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E uscii definitivamente. Fuori mi attendeva una fitta pioggia invernale.

<>, disse Linda affascinata. <>

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Il posto tranquillo era il Parco Europa, noto ritrovo di coppiette!

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Le rifilai un calcione scaraventandola fuori dalla macchina. Finì col sedere su una pozzan­ghera. Andai via sgommando schizzandole in faccia almeno 20 litri di fango putrido.

Ero sconvolto! Una ragazzina con l’esperienza sessuale di una settantenne! E poi non c’è niente di più volgare di una ragazza che porta con sé dei profilattici. E come se io tenessi delle spirali nel portafoglio! Ma dov’è andata a finire quella genera­zione che sfogava i propri im­pulsi in fantasie variopinte? Mi serrai in casa e piansi la morte dell’ingenuità!

Il giorno dopo ebbi subito l’impulso di recarmi a casa di Sara per assicurarmi che non fosse successo nulla. Suonai al citofono.

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