Giacomo Casanova - Il Duello
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Non acconsento a trasportare a dimani un affare, che si deve terminar oggi. Vi aspetto qui subito. Nominatemi intanto le armi e il luogo, etc.
Il veneziano gli rispose:
Je n'aurai point d'autre arme que mon épée, et quant au lieu ce sera celui où V.
E. me conduirà, hors de la starostie de Varsovie; mais pas avant demain, puisqu'auiourd'hui j'ai un paquet à remettre au roi, j'ai pris médecine, et j'ai un testament à faire. Je suis, etc.
Non avrò altre armi che la mia spada e, quanto al luogo, mi piacerà quello dove V. E. mi condurrà fuori della starostia di Varsavia; ma replico che ciò avverrà dimani, poiché oggi ho un pacchetto da rimettere al re, ho preso medicina, ed ho a fare testamento. Sono, etc.
Mezz'ora dopo che questa lettera fu spedita, il veneziano, il quale era a letto, rimase un poco sorpreso di veder il Postòli comparire solo nella sua stanza e di udirlo a dirgli che avea a parlargli di affare segreto. Onde udite queste parole, alquanti subalterni, che si trovavano per caso nella stanza, non aspettarono di esser pregati di partire; i due principali attori rimasero soli ed il Postòli si assise sul letto. Perdoni il lettore se chi scrive ha qui bisogno di divenir drammatico per essere fedelissimo nella storia ed abbastanza chiaro.
Postòli (seduto sul letto del veneziano). - Sono venuto per domandarvi se pensate prendervi giuoco della mia persona.
Venez. - Come mai! Io ho per la vostra persona, o signore, il maggior rispetto che aver si possa.
Post. - Mi mandate una sfida e, dopo ch'io l'ho prontamente accettata, cercate di guadagnar tempo. Questo non si fa. Se sentiste l'affronto che pretendete ch'io vi abbia fatto, dovreste aver più fretta di me di scaricarvene.
Venez. - Dell'ingratissimo peso mi sento già di molto alleggerito dal momento che vi siete impegnato di battervi meco. Una dilazione di ventiquattr'ore non è considerabile; la nostra rissa, dopo un accordo, è divenuta tale che può accoppiarsi con la cortesia. Chi ci affretta ad andarci a battere oggi più tosto che domani?
Post. - La persuasione in cui sono che, se non ci battiamo subito, non ci batteremo più.
Venez. - Chi potrà impedircelo?
Post. - Un comune arresto d'ordine regio.
Venez. - E come? chi potrà far nota a S. M. la nostra intenzione?
Post. - Io no per sicuro.
Venez. - E men'io.
Post. - Non so; conosco i strattagemmi della vostra nazione.
Venez. - V'intendo, ma v'ingannate a partito. La mia nazione ha insegnato la bravura e la civile politezza alla vostra, e, per quanto dipende da me, vi sforzerò a rispettarla. Sappiate poi che son tanto lontano dallo scruttinar strattagemmi per ischivare di cimentarmi con voi che, per aver un tal onore, farei cento leghe a piedi, tanto è grande la stima che ho del vostro personaggio; e sappiate ancora ch'io ho sopra di voi un vantaggio, ed è ch'io non credo voi capace di una viltà.
Post. - Mi rallegro che mi conosciate perfettamente. Io non sono tenuto ad aver di voi la buona opinione che voi avete di me, poiché voi dovete sapere che non vi conosco. Vi dirò bensì che la vostra sfida mi fa ben augurare di voi, ma col differire il cimento mi date di voi un saggio che vi è assai svantaggioso. Non facciamo tante parole; battiamoci oggi e datemi così una convincente prova che non chiudete in mente i disegni che sono indotto a sospettar che coviate.
Venez. - Ho una medicina in ventre, ho lettere a scrivere di somma importanza, e debbo fare un picciolo testamento.
Post. - Da qui a sei ore la medicina avrà oprato; le lettere potrete scriverle dopo che ci saremo battuti, e, se soccombete con la vita, credetemi, che non vi verrà ciò, da chi resterà al mondo dopo di voi, annotato a gran mancamento; quanto poi al testamento, in verità mi fate ridere; voi prendete un duello per cosa troppo seria; non si muore, no, tanto facilmente; sappiatelo. Non abbiate paura. Voglio che in questo voi pensiate come me; sono picciole bagatelle. Vi dirò in somma in due parole che, dopo che mi sfidaste e ch'io accettai, ho dritto di dirvi che o voglio battermi oggi o mai più. Voi mi avete inteso.
Venez. - V'intesi tanto bene che mi avete persuaso, anzi convinto. Sarò pronto ad andar in vostra compagnia a battermi con voi oggi tre ore dopo mezzogiorno.
Past. - Così mi piacete: bravo; ma ho ancora una cosa a dirvi.
Venez. - Ditela, di grazia.
Post. - Voi mi avete scritto che le vostre armi saranno la vostra spada; e questo è un sogno.
Venez. - Perché?
Post. - Perché io posso dispensarmi dal battermi con la spada con qualunque uomo ch'io non conosco, essendoché voi potete di quel giuoco essere troppo abile maestro ed in tal guisa aver sopra di me un troppo grande vantaggio, poiché non ne so di più di quello che convenga sapere ad ogni cavaliere, la professione del quale è la guerra.
Venez. - Potreste rifiutare un maestro di scherma, ve l'accordo, ma non me, che naturalmente credo di saperne meno di voi, essendoché il vostro mestiere non fu mai il mio.
Post. - Vi replico che non vi conosco. Ci batteremo a colpo di pistola. L'arma è eguale, e facilmente con essa eguale può essere il valore.
Venez. - La pistola è troppo pericolosa. Con mio sommo dolore potrebbe avvenirmi la sciagura di uccidervi, ed egualmente potreste, malgrado vostro, senza forse molto odiarmi, uccider me. Dunque no pistola. Con la spada alla mano spero che non mi avverrà di ferirvi mortalmente, e poche stille del vostro sangue abbondantemente mi compenseranno dell'affronto con cui mi avete lordato. Così a voi non riuscirà, tanto porrò ogni studio a tenermi bene in guardia, se mi feriste, che il pungermi leggermente la pelle, e quella poca quantità del mio sangue mi avrà sufficientemente lavato dalla brutta macchia con cui mi avete annerito. Ricordatevi, in somma, che mi avete dato la scelta dell'armi, che scelsi la spada, e che non voglio battermi che con la spada, e che ho il diritto di sostenervi che non dipende più da voi il rifiutarla.
Post. - È vero, non posso negarlo: io non sono più in dritto di ritirare la mia parola; ma se vi domandassi ciò, come si domanda ad un amico un piacere?
Venez. - Un piacere! Uomo barbaro!
Post. - Sì un piacere. Ascoltatemi. Cominceremo il nostro duello con un buon colpo di pistola cadauno, e poi se vorrete ci batteremo alla spada a sazietà.
Questo è il piacere che vi chieggo. Potrete negarmi un così tenue favore che vi domando?
Venez. - Se è poi vero tanto fermamente, come mi dite, che questo vi paia un piacere, quello di contentarvi diventa un piacere anche per me. Sarete servito, ci manderemo entrambi un buon colpo di pistola; ma lasciatemi ridere, perché egli è di una specie che credo non abbia molto del voluttuoso. Vi prego intanto di portar con voi due pistole da duello, poiché io non ne ho che di corte.
Post. - Porterò meco arme perfette. Mi avete sensibilmente obbligato. Vi ringrazio e vi stimo. Porgetemi la vostra mano. Verrete meco ed andremo a batterci con la più intera reciproca soddisfazione, e saremo poi buoni amici.
Verrò a prendervi in punto all'ore tre dopo mezzogiorno. Mi promettete voi di esser pronto?
Venez. - Vi prometto, signore, che non vi occorrerà nemmeno di salire queste lunghe scale. Mi troverete prontissimo.
Posi. - Tanto mi basta. Addio.
Tosto che il veneziano rimase solo, mise in pacchetto sotto sigillo le scritture che avea presso di sé importantissime; e, dopo aver ben pensato di qual persona gli convenisse servirsi, della di cui fede potesse credersi sicuro, si determinò a scegliere un veneziano maestro di ballo, dimorante allora in Varsavia, chiamato Vincenzo Campioni. Egli mandò a cercare quest'uomo e, consegnandogli il pacchetto, gli domandò s'era pronto a giurargli di eseguir fedelmente una commissione che a lui importava più della propria vita. Egli impegnossi. Il veneziano gli disse allora Se alla fine di questo giorno potete parlarmi, mi rimetterete questo pacchetto; se no, andrete a rimetterlo tra le proprie mani di S. M., e, se questa mia commissione vi fa in questo momento formare qualche sospetto, vi avviso che, se osate comunicarla a qualcuno, divenite verso di me un traditore e divenite il più atroce de' miei nemici. Quest'uomo, che sapea ciò ch'era avvenuto tra il veneziano e il gran panettiere nel giorno innanzi, e che l'avea per caso veduto quella stessa mattina uscire dalla di lui casa, s'immaginò che trattavasi di un duello. Egli temea molto per la vita del veneziano, ch'egli avea cagione di amare; e dipendea da lui l'andar tosto a riferire ogni cosa al sovrano, onde il conflitto non avrebbe avuto luogo, ed avrebbe allontanato dall'amico il pericolo di perder la vita o la libertà; ma così non oprò: se avesse così oprato sarebbe stato un vile, uno spergiuro, un poltrone, un traditore, insomma, un falso amico.
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