Giacomo Casanova - Il Duello

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Mi trovai, nell'anno 1750, a Fontanablò nel circolo di quelli che assistevano al pranzo, o (per meglio dire) guardavano la regina di Francia a mangiare. Il silenzio era profondo. La regina, sola alla sua tavola, non guardava che le vivande, che le veniano poste innanzi dalle sue donne, quando, gustando essa di un piatto a segno di volerne la replica, alzò maestosamente lo sguardo, ed accompagnando gli occhi col girar lento del capo, a differenza di certe signore poco accorte del nostro paese, che non girando che i soli occhi sembrano spiritate, scorse in un istante tutto il circolo; poi fermatasi sopra un signore, il più grande di tutti, e quello forse al quale solo era a lei conveniente di fare tanto onore, dissegli in chiara voce: Je crois, monsieur de Lowendal, que rien n'est meilleur d'une fricassée de poulets. - Io credo, signor Lowendal, che una fricassea di polli sia il migliore di tutti i cibi. Egli (avanzatosi già di tre passi tosto che udì la regina a pronunziar il suo nome), rispose con voce sommessa, serio, e guardandola fisso, ma col capo chino: Je suis de cet avis-là, Madame. - Tale, o Madama, è il mio parere. Detto questo, ei ritornò, tenendosi curvo, in punta di piedi e camminando all'indietro, al luogo dov'era, e 'l pranzo si terminò senza che si pronunziasse più parola.

Io ero fuori di me. Tenevo gli occhi fissi su quel grand'uomo, che pria non conoscevo se non per nome e pel famoso espugnatore di Berg-op-Zoom, e non potevo concepire come avesse egli potuto tenersi dal ridere, egli, maresciallo di Francia, a quella frase da cuoco, che la regina si era degnata d'indrizzargli, ed alla quale egli avea risposto con lo stesso serioso tono e con quella gravità con la quale in un consiglio di guerra avrebbe opinato per la morte di un uffiziale colpevole. Più vi pensavo, e più sentivo a venirmi meno la forza, che impiegavo per trattenere lo sbruffo del riso che mi strangolava. Guai a me, se non avessi avuto il vigore di trattenerlo! mi avrebbero preso per un solenne pazzo, e Dio sa cosa mi sarebbe avvenuto. Da quel giorno in poi, cioè per un intero mese che passai a Fontanablò, trovai ogni giorno in tutte le case dove andai a pranzo, la fricassea di polli che cuochi e cuoche componevano a gara, sostenendo che la regina avea detto il vero, ma che vero altresì era, che non v'era nella cucina francese piatto più difficile di quello. Io poi non seppi mai intendere come quel piatto potesse in fatti esser tanto difficile, mentre il trovavo dapertutto, e dapertutto egualmente perfetto, ma mi guardavo di spiegarmi, poiché, dopo che la regina ne aveva fatto l'elogio, mi avrebbero fischiato. Fu deciso che non v'era che il cuoco della regina che potesse vantarsi di comporlo alla perfezione.

Quella parola che quel giorno il re di Polonia disse al veneziano per non sapergli che dire, fu cagione del duello, poiché, se il re non gliel'avesse comandato, è cosa certa che egli non sarebbe mai andato ad annojarsi alla commedia polacca. Egli vi andò, e, dopo il primo ballo ch'ei vide, stando dietro alla sedia del re nel palchetto proscenio, avendo osservato che S. M. avea battuto le mani alla ballerina Casassi, gli venne voglia di andar in scena a complimentarla, poiché il re quel giorno non era stato generoso del suo applauso che ad essa sola. Egli andò prima in passando a fare una visita alla ballerina veneziana nel suo camerino, dove stavasi alla sua teletta per il secondo ballo, ma non v'era entrato appena, che videsi comparire d'innanzi il Postòli assai torbido in ciera. Il veneziano, vedendolo comparire accompagnato dal Bissinski vestito alla polacca e tenente colonnello del suo reggimento, se ne andò facendogli umilissima riverenza. Que' cortigiani galanti, che fanno al di là de'

monti cortesi visite ne' loro camerini alle sedicenti virtuose, usano andarsene allorquando un nuovo visitatore arriva; e questa si chiama urbana civiltà, poiché è impiegata per far piacere a due, ed il patto tacito è reciproco. In Italia la cosa si fa altrimenti. Chi arriva il primo non se ne va mai più. Ei sa che fa rabbia; ma ha piacere. Uscendo dallo stanzino, il veneziano incontrò dietro una quinta Madama Casassi e si trattenne con essa, facendole complimento sull'applauso che avea riscosso dal monarca e scherzando con lieti motteggi su varie cose. Ma ecco improvvisamente il Postòli, il quale dovea esser uscito dal camerino dove l'avea lasciato nulla per altro che per inseguirlo ed attaccarlo.

Se gli piantò d'innanzi, e, guardandolo incivilmente come fanno i sartori da capo a piedi, gli domandò cosa facesse là con quella donna. Il veneziano, che con quel signore non avea mai parlato, non poco sorpreso gli rispose che trattenevasi là con essa per farle complimenti. Il Postòli allora gli domandò se la amava, ed ei gli rispose che sì. L'interrogatore soggiunse che l'amava anch'esso e che non era suo costume il soffrir rivali. Il veneziano gli rispose che di questo suo gusto egli non era informato. Dunque, disse il Postòli, voi dovete cederla a me. Il veneziano, con tuono alquanto scherzoso: benissimo, signore, gli rispose; ad un bel cavaliere come voi non v'è uomo che non debba cedere: io vi cedo dunque questa amabile signora pienamente, e con tutti i diritti che posso aver sopra di lei. Così mi piace, soggiunse il Postòli con faccia brusca, ma un poltrone che cede, quando ha ceduto f..t le camp. Queste parole, che scrissi in francese, perché in francese parlavano, e perché mal si possono tradurre, sono quelle vilissime che per dir va via impiega un uomo altero, superiore ed incivile verso un uomo vilissimo al quale, servendosi di questo stile, non solo vuol dar segno di sommo disprezzo, ma vuol minacciare di subitanea risoluzione a via di fatto, se pronto non ubbidisse.

Il veneziano, che per sua mala o buona sorte intendeva il francese, e che fin dalla sua più tenera età si era avvezzato a resistere al primo moto, il quale, veramente indegno dell'uomo che ragiona, il trasforma in bestia, e per il quale io rido che le leggi abbiano stabilito di aver misericordia, seppe moderarsi, frenar la tentazione fortissima che gli venne di uccider sul fatto il brutale ed incamminarsi tosto verso la scaletta, che conduceva giù dalla scena, avendo solamente detto al superbo insultatore, prima di muovere il primo passo per andarsene, guardandolo fisso in faccia e ponendo la sua mano sinistra sulla guardia della sua spada: c'en est trop: — questo è troppo. La disfida non era dubbiosa, poiché poteva essere ancora più laconica: la mano sulla guardia della spada dovea bastare, un movimento, un gesto, un batter d'occhio. Mentre il veneziano con lentissimo passo se ne andava, il Postòli disse ad alta voce, sicché l'intesero anche due ufficiali ch'erano di là poco distanti: Quel poltrone veneziano prende, andandosene, il buon partito; j'allais l'envoyer se faire f….e: — Ero per mandarlo a farsi, etc., alle quali parole l'altro, senza voltarsi, rispose: Un poltron vénitien enverra dans un moment à l'autre monde un brave polonais: — un veneziano vigliacco, da qui a un pochetto, manderà all'altro mondo un valoroso polacco. - Se al termine, benché grossolano, di poltron, egli non avesse accoppiato l'epiteto di veneziano, avrebbe forse l'altro sofferto l'affronto; ma una parola che vilipende la nazione, non v'è, a mio credere, uomo che possa soffrirla. Dopo aver così detto andò sulla porta del teatro ad aspettarlo, con intenzione di andar sul fatto, benché la notte fosse molto oscura, in qualche luogo, a dare o a ricevere qualche stoccata e terminar così l'affare; ma si trattenne in vano per mezz'ora senza veder alcuno, e la pioggia agghiacciata cadea sulla neve, onde mezzo intirizzito si determinò a far avanzare la sua carrozza e ad andarsene alla casa del principe palatino di Russia, dove sapea che il re dovea portarsi a cena.

Il veneziano fu prudente a soffrire nel loco in cui si trovava l'insolente ingiuria del Postòli, poiché il re trovandosi con le guardie a quel loco molto vicino, ogni di lui moto violento, benché picciolo, sarebbe divenuto di gran conseguenza; ma egli non potea dissimular l'affare. Due uffiziali furono presenti alla scena ed il Bissinski fido amico del Postòli, sicché egli rimase immerso nella più seria perplessità.

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