Giacomo Casanova - Il Duello
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Il chirurgo intanto non era contento del progresso della ferita. Era nera, non gli piacea la suppurazione, il braccio era gonfio, e vedea imminente la cancrena. Il quinto giorno dopo la sfasciatura disse chiaramente che convenia ricorrere all'amputazione della mano; giunsero nel medesimo istante due chirurghi di corte, che dopo un serio esame decisero che indispensabil era il taglio. Vous consentirez donc, Monsieur, (disse il chirurgo, ch'era francese, al veneziano, che dopo cinque giorni trovavasi esinanito dalla fame) à vous laisser couper la main, nous ferons cela avec une adresse étonnante, et cela ne sera pas long; en deux minutes vous serez servi. - Monsieur (rispose l'ammalato), je n'y consens pas. - Et pourquoi, s'il vous plait? disse l'altro, ed ei rispose: -
Parce que je veux garder ma main; et personne ne peut y trouver rien à redire, puisque je suis son maître souverain.
Chir. - Mais Monsieur, la gangréne va s'y mettre.
Venez. - Y est elle?
Chir. - Pas encore, mais elle est imminente.
Venez. - Fort bien. Je veux la voir; j'en suis curieux. Nous parlerons de ceci après son apparition.
Chir. - Ce sera trop tard.
Venez. - Pourquoi?
Chir. - Parce que ses progrès sont extrêmement rapides, et il sera pour lors nécessaire de vous couper le bras.
Venez. - Très bien, vous me couperez le bras; mais en attendant remettez-moi mes bandeaux, et allez-vous en.
Chir. - Voi consentirete, signore, a lasciarvi tagliar la mano. Vi faremo questa operazione con una destrezza che v'incanterà, e l'affare non sarà lungo; in due minuti sarete servito.
Ven. - Signor mio, non v'acconsento.
Chir. - Ditemi di grazia il perché.
Ven. - Perché voglio tenermi la mia mano, e non v'è alcuno che a ciò possa opporsi, poiché sono d'essa il sovrano padrone.
Chir. - Ma la cancrena…
Ven. - Dov'è?
Chir. - È imminente.
Ven. - Benissimo: io intanto voglio vederla; ne sono assai curioso. Parleremo del taglio della mano dopo la sua apparizione.
Chir. - Sarà troppo tardi.
Ven. - Perché?
Chir. - Perché fa rapidissimi progressi, ed allora sarà necessario di tagliarvi il braccio.
Ven. - Bravissimo. Mi taglierete il braccio. Fasciatemi intanto, e poi andate via.
Due ore dopo ei seppe dal principe Czartoryski, che il re gli avea detto ch'egli era un pazzo a non voler lasciarsi tagliar la mano, poiché avrebbe dovuto poi lasciarsi tagliar il braccio. Egli rispose al principe (pregandolo di ringraziar il re), che non sapea che fare del suo braccio senza la mano, onde che perdonasse se, prima di veder la cancrena, non potea risolversi a lasciarsela tagliare, ma che veduta che l'avesse, non sarebbe per opporsi all'amputazione del braccio. Vennero i tre chirurghi la sera, disposti di far l'operazione; avevano per ciò l'aria contenta e vittoriosa. Levate le fascie, la ferita fu veduta bella e netta. Si smarrirono a tal vista. Il più accorto d'essi, ch'era polacco, sostenne ch'erasi votato a qualche santo. In tre settimane egli uscì di là col braccio al collo e molto smagrito; ma sano. Era il giorno di Pasqua.
Dopo ch'egli andò a fare il suo dovere con santa chiesa, andò a corte per baciar la regia mano, e non trovò S. M. Avendo saputo che stavasi in casa Oghinski, vi si portò ed al regio aspetto baciò la real destra ponendo un ginocchio a terra; il re sollevandolo gli domandò come andasse quel reumatismo, che l'obbligava a tener il braccio al collo; e senza dargli tempo di rispondere, vi consiglio, disse, a schivar per l'avvenire tutte le occasioni di contrarre simili malattie, poiché sono mortali. L'ascoltatore rispose col silenzio ed abbassando il capo.
Fatto questo, andò a fare una visita al Postòli all'appartamento ch'egli occupava in casa del gran ciambellano, e vide rimaner tutti attoniti nell'anticamera, quando domandò di esser annunziato. Entrò timidamente un uffiziale polacco, che tutt'altro s'immaginava fuori ch'egli potesse essere ricevuto, ma s'ingannò. Uscì, ordinando ad un servo di spalancare le imposte, e fu fatto entrare. Egli trovò il Postòli coricato, estenuato in ciera, ma che cortesemente gli porse la destra; accostandosi egli a lui, gliela prese e baciò a forza, e gli disse: Mi dispiace, signore, d'esser io il primo a far una visita a V. E.; vengo a dirle che riconosco d'essere stato da lei mille volte più onorato che offeso, e le domando perdono se non ho potuto nel giorno di San Casimiro dissimulare quel sentimento, che fu cagione del presente suo male. Ella mi onori per l'avvenire della sua grazia e della sua protezione. La prima era una bugia, tutte le altre erano verità e veri desiderj. Egli rispose: Je suis charmé de vous voir, Monsieur; je vous demande pour le temps à venir votre amitié; je crois d'avoir assez bien payé de ma personne pour la mériter. Je vous prie de vous asseoir. Qu'on porte à Monsieur du chocolat. - Mi rallegro di vedervi, signore; vi domando pel tempo a venire la vostra amicizia. Credo di avervi assai ben soddisfatto con la mia persona per meritarmela. Vi prego di sedere. Portate a questo signore la cioccolata.
Si trattennero in varj discorsi testa a testa, ma per pochi istanti. Non passò un quarto d'ora che giunsero a quella casa più di dieci carrozze di signori che, avendo saputo che il veneziano, uscendo dal palazzo Oghinski, aveva ordinato al suo cocchiere di condurlo dal Postòli, erano accorsi, curiosi di sapere e vedere quali conseguenze dovesse avere una visita, che pareva a tutti assai strana e troppo ardita. Entrarono tutti e si rallegrarono di vedere que' due in contegno della più sincera riconciliazione. Il veneziano dovea al Postòli quella visita per tutti i riguardi, e pure non avrebbe osato fargliela solo, se il medesimo non avesse costantemente mandato ogni giorno uno de' suoi per aver nuove della di lui salute. La sua quarta visita fu fatta al rispettabile vecchio Bielinski, gran maresciallo della corona. Approssimandosi a lui gli baciò la mano.
Quel grand'uomo gli domandò s'era stato dal re; voi dovete, egli disse, a sua Maestà la vita, poiché se il re non mi avesse persuaso a farvi grazia, io vi avrei condannato a morte. Il veneziano, benché non persuaso, seppe abbassar la testa e tacere.
Egli passò due mesi in Varsavia dopo questo avvenimento, godendo di tutti gli onori, ma non tranquillo, poiché, avend'egli rifiutato molti palliati inviti di persone sospette, che dovevano terminarsi con effusione di sangue, aveva molti nemici e gran ragione di temere notturni agguati. Erano state scritte al re ed a molti grandi varie lettere anonime, che ponevano il povero veneziano nella vista la più abbominevole. Il rappresentavano esule dalla sua patria non solo, ma da quasi tutti i paesi d'Europa, qua per intacchi di caffè, là per tradimenti, per ratti, per scelleraggini infami, e dalla sua patria poi per cose nefande, giacché non poteano sapersi. Queste erano tutte calunnie, ma l'effetto delle calunnie non è fors'egli lo stesso che quello delle accuse fondate sul vero? La giustificazione le dilegua; questo è vero: ma chi ignora quanto arduo sia il giustificarsi? Tutti sanno che ad un povero calunniato non riuscì mai l'uscire dal purgatorio della giustificazione senza portar seco indelebile la macchia, che la falsa accusa gli impresse. Ciò che saggiamente oprando dee fare chi si vede preso di mira dalla perseguitatrice invidia, è di cambiar cielo. Vir fugiens denuo pugnabit. Ma dura cosa è l'andarsene, e lasciare il campo libero a' scellerati, ed accordar la vittoria alla colpa: questo è vero, ma così dee fare colui che non previde che pericoloso è sempre l'eccitare l'invidia, e che spesso chi l'eccitò dovette farne la penitenza. Non si dee però per non isvegliarla lasciar la virtù. Invidiam placare paras virtute relicta? Contemnere miser. Vitanda est improba Siren desidia.
Il veneziano si determinò ad andar a vedere la Podolia, la Volinnia, la Pocuzia e quelle Russie polacche, che con un altro nome vivono oggi sotto la disciplina di uno scettro assai più saggio del vecchio. Impiegò egli in questo giro tre mesi, né spese molto in alberghi, poiché fu sempre da per tutto dove andava con molta generosità accolto da que' grandi, che detestando il nuovo sistema tenevansi lontani dalla corte, i quali poi furono della loro indocilità puniti dall'imperatrice di Russia, quando osarono in dieta apertamente opporsi a' suoi desideri. Se il veneziano non avesse veduto que' paesi, avrebbe assai male conosciuta l'antica Polonia.
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