«Viene qualcuno!»
«Sì!»
«Non è un nemico!»
«Nab, forse?»
«O Ayrton?»
Queste parole erano appena state scambiate fra l’ingegnere e i suoi compagni, quando un corpo, scavalcando la palizzata, ricadeva nel recinto.
Era Jup, mastro Jup in persona, al quale Top fece un’accoglienza da vero amico!
«Jup!» esclamò Pencroff.
«È Nab che ce lo manda» disse il cronista.
«Allora,» disse l’ingegnere «deve avere qualche biglietto. Pencroff si precipitò sull’orango. Evidentemente, se Nab avesse avuto»
qualche cosa d’importante da annunciare al suo padrone, non avrebbe potuto impiegare un messaggero più sicuro e più rapido, che poteva passare laddove né ai coloni, né allo stesso Top sarebbe stato possibile.
Cyrus Smith non si era ingannato. Al collo di Jup era appeso un sacchettino, in cui si trovava un biglietto scritto di pugno da Nab.
Si pensi alla disperazione di Cyrus Smith e dei suoi compagni quando lessero queste parole:
«Venerdì, ore sei del mattino. Altipiano invaso dai deportati! NAB.» Si guardarono senza pronunciar parola, poi rientrarono in casa. Che cosa dovevano fare? I deportati sull’altipiano di Bellavista volevano dire il disastro, la devastazione, la rovina!
Harbert, vedendo rientrare l’ingegnere, il giornalista e Pencroff, comprese che la situazione s’era aggravata e, quando poi scorse Jup, non dubitò più che una disgrazia minacciasse GraniteHouse.
«Signor Cyrus,» disse «voglio partire. Posso sopportare il viaggio! Voglio partire!»
Gedeon Spilett s’avvicinò ad Harbert. Poi, dopo averlo guardato:
«Partiamo, dunque!» disse.
In breve si decise se Harbert sarebbe stato trasportato su di una barella o nel carretto che Ayrton aveva condotto al recinto. La barella avrebbe avuto movimenti più dolci per il ferito, ma rendeva necessari due portatori, e quindi due fucili sarebbero mancati alla difesa, in caso di un attacco per la strada.
Non si poteva, invece, adoperare il carro, lasciando così tutte le braccia disponibili? Era, dunque, impossibile collocarvi i materassi su cui riposava Harbert e avanzare con tanta precauzione, che ogni scossa gli fosse evitata? Si poteva.
Fu condotto il carro. Pencroff vi attaccò l’onagro. Cyrus Smith e il giornalista sollevarono i materassi di Harbert e li posarono sul fondo del carro fra le due sponde.
Il tempo era bello. Vivi raggi di sole s’insinuavano attraverso gli alberi.
«Le armi sono pronte?» domandò Cyrus Smith.
Erano pronte. L’ingegnere e Pencroff, armati ciascuno di un fucile a due colpi e Gedeon Spilett, con la sua carabina, non avevano che da partire.
«Sei sistemato bene, Harbert?» domandò l’ingegnere.
«Ah, signor Cyrus,» rispose il ragazzo «state tranquillo, non morirò per via!»
Il povero ragazzo parlava così, ma si vedeva che faceva appello a tutta la sua energia e che solo per un supremo sforzo di volontà teneva deste le sue forze prossime a estinguersi.
L’ingegnere si sentì stringere il cuore dolorosamente. Esitò ancora a dare il segnale della partenza. Ma sarebbe stato come mettere Harbert alla disperazione, forse anche ucciderlo.
«In cammino!» disse Cyrus Smith.
La porta del recinto venne aperta. Jup e Top, che sapevano tacere quand’era necessario, si slanciarono avanti. Il carretto uscì, la porta fu richiusa e l’onagro, guidato da Pencroff, avanzò con passo lento.
Sarebbe stato certo meglio prendere un’altra strada, non quella che andava direttamente dal recinto a GraniteHouse, ma il carro avrebbe incontrato grandi difficoltà a muoversi in mezzo ai boschi. Bisognò, dunque, seguire questa via, benché certamente nota ai deportati.
Cyrus Smith e Gedeon Spilett camminavano ai due lati del carro, pronti a rispondere a ogni attacco. Ma non era probabile che i deportati avessero già abbandonato l’altipiano di Bellavista. Il biglietto di Nab evidentemente era stato scritto e mandato appena i deportati vi si erano mostrati. Ora, questo biglietto era stato scritto alle sei del mattino e l’agile scimmia, abituata a venire spesso al recinto, aveva impiegato appena tre quarti d’ora a percorrere le cinque miglia che lo separavano da GraniteHouse. La strada doveva essere sicura in quel momento e, se fosse stato necessario sparare, sarebbe stato nelle vicinanze di GraniteHouse.
Tuttavia, i coloni stavano in guardia. Top e Jup, — questo armato del suo bastone — ora precedendo i coloni, ora perlustrando il bosco ai lati della strada, non segnalavano alcun pericolo.
Il carro avanzava lentamente, guidato da Pencroff. Avevano lasciato il recinto alle sette e mezzo. Un’ora dopo, quattro miglia su cinque erano state superate, senza alcun incidente.
La strada era deserta come tutta la parte del bosco dello Jacamar, che si stendeva fra il Mercy e il lago. Nessun allarme. I cedui parevano deserti come nel giorno in cui i coloni erano sbarcati sull’isola.
I coloni si avvicinavano all’altipiano. Ancora un miglio e sarebbero stati in vista del ponticello del Creek Glicerina. Cyrus Smith era persuaso che il ponticello sarebbe stato al suo posto, sia che i deportati fossero entrati da quella parte, sia che, dopo aver passato uno dei corsi d’acqua che chiudevano la cinta, avessero preso la precauzione di abbassarlo, per aprirsi la via a un’eventuale ritirata.
Finalmente gli ultimi alberi si diradarono, permettendo ai coloni di vedere il mare. Ma il carretto continuò la sua strada, poiché nessuno dei suoi difensori poteva pensare ad abbandonarlo.
A un tratto Pencroff fermò l’onagro e con voce terribile:
«Ah, miserabili!» esclamò.
E con la mano mostrò una densa nuvola di fumo, che turbinava al disopra del mulino, delle stalle e della corte degli animali.
Un uomo s’agitava in mezzo a quei vapori.
Era Nab.
I suoi compagni mandarono un grido. Egli udì e corse loro incontro…
I deportati avevano abbandonato l’altipiano da circa mezz’ora, dopo averlo devastato!
«E il signor Harbert?» esclamò Nab. Gedeon Spilett ritornò allora presso il carro. Harbert era svenuto!
CAPITOLO X
HARBERT TRASPORTATO A GRANITEHOUSE «NAB RACCONTA L’ACCADUTO» VISITA DI CYRUS SMITH ALL’ALTIPIANO «ROVINA E DEVASTAZIONE» I COLONI DISARMATI DI FRONTE ALLA MALATTIA «LA CORTECCIA DI SALICE» UNA FEBBRE MORTALE «TOP ABBAIA ANCORA!»
I COLONI non si curarono più né dei pirati, né dei pericoli che minacciavano GraniteHouse, né delle rovine di cui era coperto l’altipiano. Lo stato di Harbert aveva l’assoluta precedenza. Il trasporto, forse, gli era stato funesto, provocando qualche lesione interna? Il giornalista non poteva dirlo, ma tanto lui che i suoi compagni erano disperati.
Il carretto fu condotto alla svolta del fiume. Su alcuni rami, disposti a barella, furono deposti i materassi su cui riposava Harbert svenuto. Dieci minuti dopo, Cyrus Smith, Gedeon Spilett e Pencroff erano ai piedi della muraglia, mentre a Nab venne lasciata la cura di ricondurre il carro sull’altipiano di Bellavista.
L’ascensore fu messo in movimento e poco dopo Harbert era disteso sul suo lettuccio di GraniteHouse.
Le cure che gli furono prodigate lo richiamarono in vita. Sorrise per un istante, ritrovandosi nella sua camera, ma poté appena mormorare qualche parola, tant’era grande la sua debolezza.
Gedeon Spilett esaminò le ferite. Temeva che, essendo imperfettamente cicatrizzate, si fossero riaperte… Nulla di tutto questo. Da che cosa derivava dunque quella prostrazione? Perché Harbert era peggiorato?
Il giovinetto fu preso allora da una specie di torpore febbrile e il giornalista e Pencroff rimasero vicino al suo letto.
Intanto, Cyrus Smith metteva Nab al corrente di quel che era successo al recinto e Nab raccontava al suo padrone gli avvenimenti di cui l’altipiano era stato teatro.
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