Jules Verne - L’Isola Misteriosa

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L’Isola Misteriosa: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo straordinario romanzo presenta non poche analogie con Robinson Crusoe, dello scrittore inglese Defoe, di cui Verne era un grande ammiratore. Anche qui, la situazione è press’a poco la stessa: alcuni naufraghi approdano fortunosamente su un’isola deserta e lottano disperatamente per sopravvivere. Ma se Robinson, di fronte alla natura selvaggia, incarnava l’uomo del ‘700, che si industria come può, ricorrendo ai piccoli espedienti suggeritigli dalla ragione, senza altri strumenti che le proprie mani, i cinque naufraghi protagonisti di questo libro incarnano la nuova idea dell’uomo «scientifico» qual era concepito nella seconda metà dell’800, l’uomo che domina ormai la natura in virtù di una tecnologia progredita che gli permette di trasformare rapidamente un’isola selvaggia in una colonia civile. Non a caso Robinson è un uomo comune, un marinaio, ed è solo, a lottare contro le forze cieche della natura, mentre qui siamo dì fronte a una vera e propria équipe, composta da persone di estrazione e di competenze diverse, ma guidata da un ingegnere e scienziato, Cyrus Smith…

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«Eh!» diceva «quei pirati! Sono dei gentiluomini, che non hanno più diritto a nessun riguardo! E il signor Smith, che voleva prenderli dal lato del sentimento! Io, si, che manderò loro del sentimento, ma in buon piombo di calibro, però!»

«E non sì. sono più rivisti?» chiese Harbert.

«No, figlio mio,» rispose il marinaio «ma li ritroveremo, e quando sarai guarito, vedremo se quei vigliacchi, che colpiscono alle spalle, oseranno attaccarci di fronte!»

«Io sono ancora molto debole, mio povero Pencroff!»

«Eh, le forze ritorneranno a poco a poco! Che cosa è una palla attraverso il petto? Un semplice scherzo! Ne ho visto di peggio, io, e sono ancora qui sano e salvo.»

Insomma, sembrava che le cose andassero per il meglio e, visto che nessuna complicazione era sopraggiunta, la guarigione di Harbert poteva ritenersi sicura. Ma quale sarebbe stata la situazione dei coloni se lo stato di Harbert fosse andato aggravandosi; se, per esempio, il proiettile gli fosse rimasto nella ferita, se un braccio o una gamba avessero dovuto essergli amputati?

«No,» disse più d’una volta Gedeon Spilett «non ho mai pensato a simile eventualità senza fremere!»

«Eppure, sé vi fosse stata la necessità d’agire,» gli rispose un giorno Cyrus Smith «non avreste esitato, vero?»

«No, Cyrus!» disse Spilett «ma che Dio sia benedetto, per averci risparmiato questa complicazione!»

In questa, come in tante altre circostanze, i coloni avevano fatto appello alla logica del semplice buon senso, che tante volte aveva loro giovato e ancora una volta con l’ausilio delle loro cognizioni generali, erano riusciti! Ma non sarebbe venuto il momento in cui tutto il loro sapere sarebbe diventato insufficiente? Erano soli su quell’isola. Ora, gli uomini si completano vivendo in società e sono necessari gli uni agli altri. Cyrus Smith lo sapeva bene e talvolta si domandava se in qualche circostanza non si sarebbero trovati di fronte a un ostacolo insuperabile!

Gli pareva, d’altra parte, che egli e i suoi compagni, finora così fortunati, fossero entrati in un periodo nefasto. Nei due anni e mezzo da che erano fuggiti da Richmond, si può dire che tutto era. andato secondo i loro desideri. L’isola aveva loro abbondantemente fornito minerali, vegetali, animali, e se la natura li aveva costantemente colmati dei suoi benefici, la loro scienza aveva però saputo trar partito da quanto essa offriva. Il benessere materiale della colonia si poteva dire completo. Per di più, in certe circostanze, un’influenza inesplicabile era venuta loro in aiuto!… Ma, naturalmente, tutto questo non poteva durare a lungo.

Insomma, Cyrus Smith credeva d’accorgersi che la sorte volgeva loro le spalle.

Infatti, il bastimento dei deportati era apparso nelle acque dell’isola e se i pirati erano stati, per così dire, miracolosamente annientati, sei però erano sfuggiti alla catastrofe, erano sbarcati sull’isola e i cinque che sopravvivevano eran quasi inafferrabili. Ayrton era stato indubbiamente massacrato da quei miserabili, che possedevano delle armi da fuoco e al primo uso che ne avevano fatto, Harbert era caduto, colpito quasi mortalmente. Questi erano dunque i primi colpi che la sorte avversa infliggeva ai coloni? Ecco quello che si chiedeva Cyrus Smith, ecco quello che ripeteva spesso al giornalista, e pareva loro inoltre che l’intervento si strano, ma pur tanto efficace e tanto utile fino allora, venisse ormai loro a mancare. L’essere misterioso, chiunque fosse, di cui non si poteva negare l’esistenza, aveva dunque, abbandonato l’isola? Era morto a sua volta?

A queste domande era impossibile dare una risposta. Ma non bisognava credere che Cyrus e il suo compagno, perché parlavano di queste cose, fossero gente da disperarsi! Nemmeno per sogno. Essi guardavano in faccia la situazione, analizzavano tutte le probabilità, si preparavano a ogni evento e si piantavano fermi e diritti dinanzi all’avvenire; e se mai l’avversità avesse dovuto alla fine colpirli, avrebbe trovato in essi uomini preparati ad affrontarla.

CAPITOLO IX

SENZA NOTIZIE DI NAB «PROPOSTA DI PENCROFF E DEL GIORNALISTA CHE NON VIENE ACCETTATA» QUALCHE SORTITA DI GEDEON SPILETT «UN BRANDELLO DI STOFFA» UN MESSAGGIO «PARTENZA PRECIPITOSA» ARRIVO ALL’ALTIPIANO DI BELLAVISTA

LA CONVALESCENZA del giovane malato procedeva regolarmente. Una cosa sola adesso era da desiderare, e cioè che il suo stato permettesse di ricondurlo a GraniteHouse. Per ben sistemata e rifornita che fosse l’abitazione del recinto, non poteva offrire le comodità della sana dimora di GraniteHouse. Inoltre, non offriva nemmeno la stessa sicurezza, e i suoi ospiti, malgrado l’attenta sorveglianza, vi si trovavano sempre sotto la minaccia del fuoco dei deportati. Laggiù, invece, in quell’inespugnabile e inaccessibile massiccio, nulla avrebbero avuto da temere e qualsiasi tentativo contro le loro persone sarebbe forzatamente fallito. Aspettavano dunque con impazienza il momento in cui Harbert avrebbe potuto essere trasportato senza pericolo per la sua ferita, ed erano fermamente decisi a effettuare il trasporto, benché le comunicazioni attraverso il bosco dello Jacamar fossero difficilissime.

Mancavano notizie di Nab, ma non si sentivano inquieti per lui. Il coraggioso negro, trincerato dentro GraniteHouse, non si sarebbe lasciato sorprendere. Top non gli era più stato rimandato, giacché era parso inutile esporre il fedele animale a qualche fucilata, che avrebbe privato i coloni del loro più utile ausiliario.

I coloni, dunque, attendevano, ma avevano fretta di trovarsi tutti riuniti a GraniteHouse. L’ingegnere soffriva nel vedere le sue forze divise, perché ciò faceva il gioco dei pirati. Dopo che Ayrton era sparito, essi non erano che quattro contro cinque, giacché Harbert non contava ancora, e non era questa la preoccupazione minore del bravo ragazzo, che comprendeva di quale imbarazzo egli fosse causa.

Sul modo di agire, allo stato presente delle cose, contro i deportati si discusse a fondo nella giornata del 29 novembre fra Cyrus Smith, Gedeon Spilett e Pencroff, in un momento in cui Harbert, assopito, non poteva udirli.

«Amici,» disse il giornalista, dopo che ebbero parlato di Nab e dell’impossibilità di comunicare con lui «anch’io credo, come voi, che avventurarsi sulla strada del recinto sarebbe rischiare di ricevere una fucilata senza poterla restituire. Ma non avete pensato che adesso converrebbe, invece, dare apertamente la caccia a quei miserabili?»

«Ci pensavo» rispose Pencroff. «Credo che noi non siamo uomini da paventare un proiettile e, per conto mio, se il signor Cyrus approva, sono pronto a gettarmi nella foresta! Che diavolo! Un uomo vale quanto un altro!»

«Ma può valerne cinque?» domandò l’ingegnere.

«Io mi unirò a Pencroff,» rispose il giornalista «e tutt’e due, bene armati e accompagnati da Top…»

«Caro Spilett, e voi, Pencroff,» riprese Cyrus Smith «ragioniamo freddamente. Se i deportati avessero il loro covo in una determinata località dell’isola; se questa località ci fosse nota, e non si trattasse che di stanarveli, capirei un attacco diretto. Ma non ci sarà, piuttosto, da temere che essi siano sicuri di essere i primi a sparare?»

«Eh, signor Cyrus,» esclamò Pencroff «non sempre una palla giunge a segno!»

«Quella che ha colpito Harbert non ha sbagliato, Pencroff» rispose l’ingegnere. «D’altronde, dovete convenire che se tutt’e due lasciate il recinto, rimarrei io solo a difenderlo. Potete garantire che i banditi non vi vedranno uscire, che non vi lasceranno addentrare nella foresta e che non ci attaccheranno durante la vostra assenza, sapendo non esservi qui che un ragazzo ferito e un uomo?»

«Avete ragione, signor Cyrus,» rispose Pencroff, in preda a una sorda collera «avete ragione. Faranno di tutto per riprendere il recinto, che sanno ben fornito di provviste. E da solo voi non potreste tener loro testa. Ah, se fossimo a GraniteHouse!»

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