Jules Verne - L’Isola Misteriosa

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L’Isola Misteriosa: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo straordinario romanzo presenta non poche analogie con Robinson Crusoe, dello scrittore inglese Defoe, di cui Verne era un grande ammiratore. Anche qui, la situazione è press’a poco la stessa: alcuni naufraghi approdano fortunosamente su un’isola deserta e lottano disperatamente per sopravvivere. Ma se Robinson, di fronte alla natura selvaggia, incarnava l’uomo del ‘700, che si industria come può, ricorrendo ai piccoli espedienti suggeritigli dalla ragione, senza altri strumenti che le proprie mani, i cinque naufraghi protagonisti di questo libro incarnano la nuova idea dell’uomo «scientifico» qual era concepito nella seconda metà dell’800, l’uomo che domina ormai la natura in virtù di una tecnologia progredita che gli permette di trasformare rapidamente un’isola selvaggia in una colonia civile. Non a caso Robinson è un uomo comune, un marinaio, ed è solo, a lottare contro le forze cieche della natura, mentre qui siamo dì fronte a una vera e propria équipe, composta da persone di estrazione e di competenze diverse, ma guidata da un ingegnere e scienziato, Cyrus Smith…

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Alcuni relitti galleggiavano alla superficie delle acque. Si vedeva tutta una droma costituita da alberi e pennoni di rispetto, stie con i loro volatili ancora vivi, casse e barili che, a poco a poco, salivano a galla, dopo essere sfuggiti dai boccaporti; ma non c’era alla deriva nessun rottame del bastimento sommerso, né tavole del ponte, né fasciame dello scafo, il che rendeva abbastanza inesplicabile l’affondamento improvviso dello Speedy.

Tuttavia, i due alberi, ch’erano stati spezzati a pochi piedi sopra la mastra, dopo aver rotto stragli e sartie, risalirono tosto alla superficie del canale, con le loro vele, di cui alcune spiegate e altre serrate. Ma non bisognava lasciare al riflusso il tempo di portar via tutte quelle ricchezze; Ayrton e Pencroff si gettarono quindi nella piroga con l’intenzione di ormeggiare quei rottami alla spiaggia dell’isola, oppure a quella dell’isolotto.

Ma mentre stavano per imbarcarsi, una riflessione di Gedeon Spilett li arrestò.

«E i sei pirati sbarcati sulla riva destra del Mercy?» diss’egli.

Infatti, non bisognava dimenticare che i sei uomini, la cui lancia s’era spezzata sugli scogli, si erano riavuti e si erano quindi ritirati sulla punta del Relitto.

I coloni guardarono in quella direzione. Nessuno dei fuggitivi era in vista. Forse, dopo aver veduto il brigantino inabissarsi nelle acque del canale, avevano preso la fuga nell’interno dell’isola.

«Più tardi ci occuperemo anche di loro» disse allora Cyrus Smith. «Possono ancora essere pericolosi, perché sono armati; ma, insomma, sei contro sei, le forze sono uguali. Badiamo, dunque, alle cose più urgenti.»

Ayrton e Pencroff s’imbarcarono sulla piroga e vogarono vigorosamente verso i resti della nave affondata.

La marea era allora stanca e altissima, poiché la luna era nuova da due giorni. Almeno un’ora abbondante doveva, dunque, trascorrere, prima che lo scafo del brigantino emergesse dalle acque del canale.

Ayrton e Pencroff ebbero il tempo di ormeggiare gli alberi e i pennoni per mezzo di cime, la cui estremità fu portata sul greto di GraniteHouse, ove appunto i coloni, unendo i loro sforzi, riuscirono ad alare a terra quei relitti. Poi la piroga raccolse tutto quel che galleggiava: stie, barili, casse; e ogni cosa fu immediatamente trasportata ai Camini.

Anche alcuni cadaveri galleggiavano. Fra gli altri Ayrton riconobbe quello di Bob Harvey e lo mostrò al compagno, dicendo con voce commossa:

«Ecco, Pencroff! Quello che sono stato anch’io.»

«Ma quello che non siete più, mio bravo Ayrton!» rispose il marinaio.

Era, però, strano che i corpi galleggianti fossero in così piccolo numero. Se ne contavano cinque o sei appena, e il riflusso cominciava già a spingerli in alto mare. Quasi certamente i pirati, sorpresi dall’affondamento, non avevano avuto il tempo di fuggire, ed essendosi il bastimento inclinato sul fianco, erano rimasti per la maggior parte prigionieri sotto le impavesate. Il riflusso, che stava per trascinare verso l’alto mare i cadaveri di quei miserabili, avrebbe risparmiato ai coloni la triste bisogna di sotterrarli in qualche angolo della loro isola.

Per due ore, Cyrus Smith e i suoi compagni furono unicamente occupati a tirare in secco i rottami, a mollare le inferiture delle vele, che erano intatte, e a metterle ad asciugare sulla sabbia. Essi parlavano assai poco, assorti com’erano nel lavoro; ma quanti pensieri attraversavano la loro mente! Il possesso di quel brigantino, o meglio di tutto quanto esso conteneva, rappresentava una fortuna. Infatti, una nave è come un piccolo mondo completo, e il materiale della colonia stava quindi per accrescersi di un buon numero d’oggetti utili. Sarebbe stato, «in grande», l’equivalente della cassa trovata alla punta del Relitto.

«E inoltre», pensava Pencroff, «perché dovrebbe essere impossibile rimettere a galla il brigantino? Se non c’è che una via d’acqua, si può turarla, e una nave di tre o quattrocento tonnellate è un vascello in confronto al nostro Bonadventure! E si può andar lontano con essa! Si va dove si vuole! Bisognerà che il signor Cyrus, Ayrton e io esaminiamo la cosa! Ne vale la pena!»

Infatti, se il brigantino era ancora in grado di navigare, le probabilità di rimpatrio dei coloni dell’isola di Lincoln venivano a essere singolarmente accresciute. Ma per risolvere questo importante quesito, conveniva aspettare che la marea fosse del tutto discesa, affinché lo scafo del brigantino potesse essere visitato in ogni sua parte.

Quando i relitti si trovarono al sicuro sulla spiaggia, Cyrus Smith e i suoi compagni si riunirono per una rapida colazione. Morivano letteralmente di fame. Fortunatamente, la dispensa non era lontana e Nab passava per un capocuoco svelto. Si mangiò, dunque, vicino ai Camini e durante il pasto non parlarono che dell’avvenimento inatteso, che aveva miracolosamente salvato la colonia.

«Miracolosamente è la parola più adatta,» ripeteva Pencroff «giacché bisogna confessare che quei bricconi sono morti proprio al momento giusto! GraniteHouse cominciava a diventare inabitabile!»

«E immaginate, Pencroff,» chiese il giornalista «come il fatto sia avvenuto e chi abbia potuto provocare l’esplosione del brigantino?»

«Eh, signor Spilett, niente di più semplice» rispose Pencroff. «Una nave di pirati non è tenuta come una nave da guerra! E dei deportati non sono dei marinai! Le cale del brigantino erano certamente aperte, perché ci cannoneggiava senza tregua, ed è bastata un’imprudenza o una disattenzione per far saltare in aria la baracca.»

«Signor Cyrus,» disse Harbert «ciò che mi stupisce però è che questa esplosione non abbia prodotto maggiore effetto. La detonazione non è stata forte e, insomma, pochi sono i rottami e le tavole divelte. Sembrerebbe che il bastimento sia piuttosto colato a picco che saltato.»

«Ti stupisce questo, figlio mio?» domandò l’ingegnere.

«Sì, signor Cyrus.»

«E meraviglia anche me, Harbert» rispose l’ingegnere; «ma quando visiteremo lo scafo del brigantino, avremo la spiegazione del fatto.»

«Ah, diamine, signor Cyrus,» disse Pencroff «non pretenderete, spero, che lo Speedy sia colato così, semplicemente, come un bastimento che urta contro uno scoglio!»

«Perché no?» osservò Nab «Vi sono degli scogli nel canale!»

«Bravo, Nab!» rispose Pencroff. «Non hai aperto gli occhi al momento buono! Un istante prima di affondare, il brigantino — l’ho veduto perfettamente — s’è sollevato su di un’onda enorme ed è poi ricaduto, inclinandosi sulla sinistra. Ora, se avesse soltanto urtato, sarebbe colato molto tranquillamente, come ogni onesta nave che cola a picco.»

«Ma è che appunto non si trattava di un’onesta nave!» rispose Nab.

«Insomma, vedremo, Pencroff» soggiunse l’ingegnere.

«Vedremo» aggiunse il marinaio. «Ma scommetterei la testa che non ci sono rocce nel canale. Via, signor Cyrus; vorreste forse dire che c’è ancora qualcosa di misterioso in questo avvenimento?»

Cyrus Smith non rispose.

«A ogni modo,» disse Gedeon Spilett «urto o esplosione, converrete, Pencroff, che è arrivato proprio a puntino.»

«Sì!… sì…» rispose il marinaio «ma non è questa la faccenda.»

Domando al signor Smith se vede, in quanto è avvenuto, qualcosa di soprannaturale.

«Non mi pronuncio, Pencroff» disse l’ingegnere. «Questo è tutto quanto vi posso rispondere.»

Risposta che non soddisfece menomamente Pencroff. Egli propendeva per «un’esplosione», e non volle ricredersi. Mai avrebbe potuto ammettere che in quel canale, formato da un letto di sabbia fine come quella della spiaggia stessa, e ch’egli aveva spesso attraversato con la bassa marea, vi fosse uno scoglio ignorato. E d’altronde, nel momento in cui il brigantino affondava, la marea era alta, vale a dire aveva più acqua sotto la chiglia di quanta gliene occorresse per superare, senza urtarli, tutti gli scogli che si fossero mostrati scoperti a marea bassa. Dunque, non poteva esservi stato urto. Dunque, il bastimento non aveva toccato. Dunque, era saltato in aria.

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