Più tardi si sarebbe deciso quali disposizioni convenisse prendere verso di loro, ma intanto, bisognava vegliare sulle casse e sui colli ammucchiati nei pressi dei Camini, e di questo appunto s’occuparono i coloni durante la notte, dandosi il cambio.
Tuttavia, la notte passò senza che i pirati tentassero qualche aggressione. Mastro Jup e Top, di guardia ai piedi di GraniteHouse, avrebbero subito dato l’allarme.
I tre giorni seguenti, 19, 20 e 21 ottobre, furono impiegati a mettere in salvo tutto quello che poteva avere un valore o un’utilità qualsiasi, sia del carico, sia dell’attrezzatura del brigantino, A bassa marea si vuotava la stiva. A marea alta si mettevano in magazzino gli oggetti recuperati. Gran parte del rivestimento in rame poté essere strappato dallo scafo, che s’insabbiava ogni giorno di più. Ma, prima che le sabbie avessero inghiottito gli oggetti più pesanti ch’erano colati a fondo, Ayrton e Pencroff, essendosi più volte immersi fino al letto del canale, ritrovarono le catene e le ancore del brigantino, i pani di ghisa costituenti la zavorra e persino i quattro cannoni, che, sollevati per mezzo di barili vuoti, poterono essere alati a terra.
Come si vede, l’arsenale della colonia non aveva guadagnato meno delle dispense e dei magazzini di GraniteHouse da quell’avvenimento. Pencroff, sempre entusiasta nei suoi piani, parlava già di costruire una batteria, che avrebbe dominato il canale e la foce del fiume. Con quattro cannoni, egli s’impegnava d’impedire a qualsiasi flotta, «per quanto potente», di avventurarsi nelle acque dell’isola di Lincoln!
Intanto, quando del brigantino non rimaneva ormai che una carcassa senza utilità, il tempo divenne cattivo e finì per distruggerla. Cyrus Smith aveva avuto l’intenzione di farla saltare, per poi raccoglierne i rottami sulla costa, ma un forte vento di nordest e una mareggiata gli permisero d’economizzare la polvere.
Infatti, nella notte dal 23 al 24, lo scafo del brigantino fu interamente sconquassato e una parte dei suoi resti, rigettati dal mare, s’arenò sul greto.
Quanto alle carte di bordo, è sottinteso che, sebbene Cyrus Smith avesse frugato minuziosamente gli armadi del casseretto, non ne trovò traccia. Evidentemente, i pirati avevano distrutto tutto quanto concerneva il capitano e l’armatore dello Speedy, e siccome il nome del suo porto d’iscrizione non era indicato sul quadro di poppa, nulla poteva nemmeno far supporre la sua nazionalità. Tuttavia, dalla conformazione della prora, Ayrton e Pencroff erano propensi a credere trattarsi di un brigantino di costruzione inglese.
Otto giorni dopo la catastrofe, o piuttosto dopo la felice, ma inesplicabile soluzione dell’avventura, cui la colonia doveva la sua salvezza, non si vedeva più nulla della nave, nemmeno a marea bassa. I resti erano andati dispersi e GraniteHouse s’era arricchita di quasi tutto quello che la nave aveva contenuto.
Però, il mistero che avvolgeva la sua strana distruzione indubbiamente non sarebbe stato mai chiarito, se il 30 novembre Nab, girando per il greto, non avesse trovato un pezzo di uno spesso cilindro di ferro, che portava delle tracce di esplosione. Detto cilindro era contorto e aveva gli orli slabbrati, come se avesse subito l’azione di una sostanza esplosiva.
Nab portò quel pezzo di metallo al suo padrone, che era allora occupato con i compagni nell’officina dei Camini.
Cyrus Smith esaminò attentamente il cilindro, poi, voltandosi verso Pencroff:
«Amico,» gli disse «persistete nel sostenere che lo Speedy non è perito in seguito a un urto?»
«Sì, signor Cyrus» rispose il marinaio. «Sapete quanto me che non ci sono scogli nel canale.»
«Ma se avesse urtato in questo pezzo di ferro?» disse l’ingegnere, mostrando il cilindro spezzato.
«Che cosa, questo pezzettino di tubo?» esclamò Pencroff, in tono di assoluta incredulità.
«Amici,» rispose Cyrus Smith «vi ricordate che, prima di sommergersi, il brigantino si è sollevato in cima a una vera tromba d’acqua?»
«Sì, signor Cyrus» rispose Harbert.
«Ebbene, volete sapere da che cosa era stata sollevata quella tromba? Da questo» disse l’ingegnere, mostrando il tubo spezzato.
«Questo?» replicò Pencroff.
«Sì! Questo cilindro è tutto quel che rimane d’una torpedine!»
«Una torpedine!» esclamarono i compagni dell’ingegnere.
«E chi l’aveva messa là, questa torpedine?» domandò Pencroff, che non voleva arrendersi.
«Tutto quanto posso dirvi è che non sono stato io,» rispose Cyrus Smith; «ma essa c’era, e avete potuto giudicare voi stessi la sua incomparabile potenza!»
CAPITOLO V
LE AFFERMAZIONI DELL’INGEGNERE «LE GRANDIOSE IPOTESI DI PENCROFF» UNA BATTERIA AEREA «I QUATTRO PROIETTILI» A PROPOSITO DEI DEPORTATI SUPERSTITI «UN’ESITAZIONE DI AYRTON» GENEROSI SENTIMENTI DI CYRUS SMITH «PENCROFF S’ARRENDE A MALINCUORE»
Così, DUNQUE, con l’esplosione sottomarina della torpedine, tutto si spiegava. Cyrus Smith, che durante la guerra dell’Unione aveva avuto occasione d’esperimentare questi terribili congegni distruttivi, non poteva sbagliarsi. Appunto in seguito all’azione di quel cilindro, riempito d’una sostanza esplosiva (nitroglicerina, picrato o altra materia della stessa natura), l’acqua del canale s’era sollevata come una tromba, e il brigantino, colpito nella carena, era colato istantaneamente a picco; perciò era stato impossibile rimetterlo a galla, tanto erano stati notevoli i danni subiti dal suo scafo. A una torpedine, capace di distruggere una corazzata come una semplice barca da pesca, lo Speedy non aveva potuto resistere!
Sì, tutto si spiegava, tutto… eccetto la presenza di quella torpedine nelle acque del canale!
«Amici,» riprese allora Cyrus Smith «ormai non possiamo più mettere in dubbio la presenza di un essere misterioso, un naufrago come noi, forse, abbandonato sulla nostra isola, e io lo dico perché anche Àyrton sia al corrente di tutto quello che di strano è successo in due anni. Chi è il benefico sconosciuto il cui intervento, così propizio per noi, s’è manifestato in frequenti circostanze? Non posso nemmeno immaginarlo. Che interesse egli ha ad agire così, a celarsi dopo averci reso tanti servigi? Io non posso comprenderlo. Ma i suoi servigi non sono, per questo, meno veri e solo può renderli un uomo che dispone d’una potenza prodigiosa. Ayrton dev’essergli grato quanto noi, poiché se è stato lo sconosciuto a salvarmi dalle onde dopo la caduta del pallone, evidentemente è stato ancora lui che ha scritto il documento, che ha messo la bottiglia sulla nostra rotta e che ci ha fatto conoscere la situazione del nostro compagno. Aggiungo che quella cassa, tanto convenientemente provvista di tutto ciò che ci mancava, dev’essere stato lui a condurla a incagliarsi alla punta del Relitto; che il fuoco veduto sulle colline dell’isola, grazie al quale poteste approdare, lo accese lui; che il pallino di piombo trovato nel corpo del pecari si deve a una sua schioppettata; che questa torpedine, che ha distrutto il brigantino, è stata immersa nel canale da lui; in una parola, tutti i fatti inesplicabili, di cui non sappiamo renderci conto, sono dovuti a quest’essere misterioso. Perciò, chiunque egli sia, naufrago o esiliato in quest’isola, saremmo ingrati se ci credessimo sciolti da ogni obbligo di riconoscenza verso di lui. Abbiamo contratto un debito e spero che un giorno lo pagheremo.»
«Avete ragione di parlare così, mio caro Cyrus» rispose Gedeon Spilett. «Sì, c’è un essere, quasi onnipotente, nascosto in qualche parte dell’isola e la sua influenza è stata singolarmente utile per la nostra colonia. Aggiungerò che questo sconosciuto mi sembra disponga di mezzi d’azione che avrebbero del soprannaturale, se il soprannaturale fosse accettabile nei fatti della vita pratica. È lui che si mette in comunicazione segreta con noi attraverso il pozzo di GraniteHouse e ha così conoscenza di tutti i nostri proponimenti? È stato lui che ci ha messo a portata di mano la bottiglia, quando il canotto ha fatto la sua prima escursione in mare? È stato lui che ha gettato fuori Top dalle acque del lago e ha ucciso il dugongo? È stato lui, come tutto induce a credere, che ha salvato voi, Cyrus, dai flutti e in circostanze in cui chiunque altro, che fosse stato un uomo comune, non avrebbe potuto agire? Se è stato sempre lui, egli possiede una potenza che lo rende padrone degli elementi.»
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