Federico Moccia - Scusa ma ti chiamo amore

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"Certo, giusto... Scusa, Alessandro, allora è anche giustificato che sei così stressato."

"Ma io non sono stressato."

"Sì, sei stressato, sei stressato. Vuoi una ciliegia?"

"No grazie, vado a dormire."

"Una insalata russa?"

"Neanche."

"Lo vedi che sei stressato?"

"Sì, va be, buonanotte. Non fate casino e, quando ve ne andate, chiudete piano la porta, i vicini si lamentano perfino se sbatte."

Pietro allarga le braccia. "Assurdo. Da fargli causa."

Alessandro si chiude a chiave in camera, si spoglia velocemente, si lava i denti e s'infila nel letto. Accende la tv e saltella qua e là in cerca di qualcosa. Ma nulla lo incuriosisce. Si alza. Apre l'armadio che era di Elena. Vuoto. Apre qualche cassetto. Ci sono solo alcuni pacchettini profumati in stoffa che aveva fatto lei. Ne prende uno. Caprifoglio. Un altro. Magnolia. Un altro ancora. Ciclamino. Nessuno sa di lei. E s'infila di nuovo nel letto, spegne la tv, la luce e poi lentamente chiude gli occhi. Nel buio, prima di addormentarsi del tutto, alcune immagini confuse, ricordi. Quella volta che erano al cinema e dopo aver fatto i biglietti lui si era accorto di aver lasciato il portafoglio in auto. Dopo un po che si frugava nelle tasche, imbarazzatissimo, Elena aveva appoggiato i soldi sulla cassa, dicendo alla cassiera bionda e molto carina, che faceva finta di nulla per non metterlo ancor più in difficoltà: "Lo scusi, è per la parità tra uomo e donna ma ancora non lo ammette e per far pagare me deve fare prima la scenetta". E lui si era sentito sprofondare. O quando gli tolse il fiato entrando in camera da letto, quella camera da letto, vestita solo di un leggero baby-doll trasparente... E poi su quel divano... tum, tum, tum. Con voglia. Con passione. Con rabbia. Con desiderio. Tum, tum, tum. Ma non faceva tutto quel rumore... Tum, tum, tum. Alessandro si sveglia di soprassalto. "Che è? Che succede?" "Sono Uenia."

"Ilenia chi?"

"Ilenia Burikova."

Ma chi sei, vorrebbe rispondere Alessandro, non ti conosco.

"Sono Ilenia." Poi si ricorda delle russe in giro per casa. Si alza, apre la porta della camera. "Mi senti? Quel tipo sta male..."

"Ma chi?"

"Quello che non mi ricordo come si chiama. La mia amica Irina sta chiamando aiuto."

"Aiuto? Ma chi sta chiamando aiuto? Ma che dici?" Alessandro s'infila al volo una maglietta e corre nel corridoio. Non fa in tempo ad arrivare in salotto, che vede Irina in terrazza, affacciata giù, che sta urlando come una pazza.

"Aiuto, aiuto! Uomo si sente malissimo. Presto, chiamate tutti, uomo quasi morto!"

Le luci del palazzo di fronte si accendono. Escono il vicino e sua moglie. "Ahò, nun urla, che te strilli? Abbiamo già chiamato noi l'ambulanza."

Alessandro esce in terrazzo, prende per mano la russa cercando di farla rientrare.

"Aiuto aiuto aiuto, sta male" sembra un disco incantato, "aiuto!"

"Basta! Che casino stai facendo? Ma chi è che sta male?"

"Di là, nel bagno!"

Alessandro molla la russa e corre di là. Andrea Soldini è completamente sdraiato per terra, abbracciato al water, respira a fatica. Quando vede Alessandro, accenna un sorriso. È tutto sudato.

"Sto male, Alex, sto male..."

"Si vede. Dai, rilassati, ora ti riprendi..."

"No, è che sono cardiopatico, mi spiace, mi sono fatto un tiro di cocaina..."

"Cosa? Ma che sei cretino! Pietro, Pietro, dove sei, Pietro?" Alessandro aiuta Andrea Soldini a rialzarsi. Poi esce dal bagno tenendolo per un braccio e cerca di farlo camminare. La camera degli ospiti si apre. Pietro, trafelato, esce, mettendosi la camicia mentre la ragazza russa compare sulla porta, sorridendo e man

giando una ciliegia. Meglio di qualsiasi spot, pensa Alessandro scuotendo la testa.

"Allora, che succede?"

"Questo ha tirato la cocaina e ora sta male... Ma io vorrei sapere chi cazzo l'ha portata la coca a casa mia?"

Andrea respira a fatica. "Ma no, no, non è colpa di nessuno, me ne avevano data un po a casa di Alessia."

"A casa d'Alessia?"

"Sì, però non lo dico chi me l'ha data."

"Ma che cazzo me ne frega di chi te l'ha data. Scusa, sei tu che l'hai portata qui."

"L'ho presa per fare bella figura con le russe."

Pietro lo prende sotto l'altra spalla, lo sorregge, facendolo camminare. "E si vede, bella figura che hai fatto. Sei bianco come un cencio. Dovevi darle le ciliegie."

Veruska è rimasta sulla porta. "Pietro, vieni in stanza, ho voglia... Quando arriva la macedonia che mi dicevi?"

"Eh, arrivo, arrivo, non vedi che qui c'abbiamo un frullato?"

Dal terrazzo arrivano le altre due russe. Ora sembrano più tranquille.

"Tutto a posto, arrivata l'ambulanza. Stanno salendo anche

carabinieri..."

Alessandro sbianca completamente. "Ma come i carabinieri? Ma chi li ha chiamati?"

"Noi, noi tutto in regola. Noi a posto con permessi di

lavoro."

"Ma che permessi, qua i problemi sono altri." Si piega su Andrea. "Ma sei sicuro che non c'era altra roba?"

"No, cioè sì... giusto poca pochina, una bustina sotto il water."

"Sotto il water? Ma tu sei pazzo! Dentro la dovevi buttare!" Alessandro si precipita in bagno, trova la bustina con dentro un po di polvere bianca e fa appena in tempo a gettarla dentro il water che bussano alla porta.

"Aprite."

Alessandro tira lo sciacquone e corre ad aprire la porta.

"Eccomi!"

Davanti a lui due portantini con tanto di lettiga pieghevole e dietro due carabinieri. I due portantini sbirciano all'interno e vedono Pietro che sorregge Andrea. Entrano subito.

"Presto, fatelo stendere, apritegli il colletto della camicia. Largo, largo, deve respirare."

Uno dei due nota le russe, l'altro, professionale, lo richiama all'ordine. "Forza, prendi lo sfigmomanometro che misuriamo la pressione, dai."

"Buonasera. Allora che succede qui?" I carabinieri mostrano i loro tesserini ed entrano. Alessandro fa appena in tempo a leg gere. Pasquale Serra e Alfonso Carretti. Uno fa il giro del salotto e controlla la situazione. L'altro tira fuori un blocchetto dalla tasca e annota qualcosa.

Alessandro subito gli si avvicina. "Che fa, cosa scrive?"

"Niente, perché? Prendo appunti. Ma perché si preoc cupa?"

"No, che c'entra, così, per capire."

"Siamo noi che dobbiamo capire. Allora, qua c'è stata una chiamata per - leggo - strani festini."

"Ma strani festini cosa?" Alessandro guarda preoccupato Pietro. "È una festa normalissima e poi una festa... Neanche una festa, siamo alcuni amici e ci siamo ritrovati qui per bere qualcosa in pace."

"Ho capito, ho capito" annuisce il carabiniere, "con delle russe... giusto?"

"Be, sono delle ragazze, delle modelle, con cui abbiamo girato uno spot..."

"Quindi per lavoro..." continua il carabiniere, "sono dovute venire anche qui. Diciamo che state continuando a lavorare, giusto? Insomma sono una specie di straordinari... giusto?"

"Scusi, ma che vuoi dire "sono dovute"?"

Pietro capisce che Alessandro si sta alterando.

"Mi scusi, può venire un attimo?" prende il carabiniere e lo porta in cucina. "Le posso offrire qualcosa?"

"Grazie, in servizio no."

"Ecco" Pietro gli si avvicina con fare complice, "siccome è

stata un po colpa mia. Stavamo a una festa e mi stava dicendo bene con una delle russe..." "Ho capito, allora?"

"No, aspetti, gliela presento... Veruska, puoi venire un attimo?"

Veruska arriva con una lunga maglietta che la copre e però le mette in risalto le gambe nude e lunghissime. "Sì dimma Pietro" ride. "Dimmi, dimmi, si dice dimmi." "Ah, ok, dimmi..." ride la russa. "Veruska, ti volevo presentare il nostro carabiniere..." Lui porta la mano alla visiera e la saluta: "Piacere. Alfonso". "Ecco, vedi Veruska, che bella divisa che hanno?" Veruska fa la spiritosa e tocca qualche bottone della giacca. "Sì, piena di bottoncini piccoli... piccoli come ciliegie."

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