Federico Moccia - Scusa ma ti voglio sposare
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Flavio abbassa lo sguardo. Cristina ci fa caso e lo guarda curiosa e avvicina le sopracciglia, preoccupata di quale pensiero possa mai aver attraversato la sua mente.
Flavio alza gli occhi. "Cristina, ti devo fare una domanda…"
E lei aspetta silenziosa. Flavio fa un sospiro e poi si butta. "Non pensi che potremmo riprovarci? Questa lontananza mi ha fatto capire molte cose e forse incontreremo nuovi amori e avremo qualche possibilità di riuscire, ma anche di fallire un'altra volta. Tutto funziona i primi mesi… le difficoltà arrivano dopo un anno, due, noi ne avevamo già fatti tanti insieme. Non te lo dico per amore dell'abitudine, non te lo dico perché è più facile per due che già si conoscono e che certe cose le hanno già superate… te lo dico perché è proprio te che voglio, perché sei una novità ogni giorno, anche se non me ne accorgevo. Lo sei da anni." Flavio sorride. "Ed erano andati benissimo, poi ci siamo seduti, persi, addormentati… Ti va di svegliarti ogni giorno con me, in ogni senso?"
Cristina non risponde niente. Si avvicina silenziosa e lo abbraccia. "Speravo tanto che tu mi venissi a fare questo discorso."
Flavio la bacia e subito dopo piange e le sue lacrime salate scivolano tra le loro guance, tra le loro labbra, mischiate al loro sorriso e poi alle loro risate. "Sembriamo due bambini…"
"Tutti sono sempre bambini."
Flavio la guarda e l'abbraccia. "Ti amo, perdonami…"
Cristina si nasconde in quel bacio. Poi si scosta e chiude gli occhi poggiata alla sua guancia. "Perdonami tu, amore mio…" E ripensa a tutto quello che è accaduto da quando Flavio ha lasciato la loro casa. Flavio invece chiude gli occhi e ripensa di nuovo alle parole di Alex, ma stavolta sa che non ha più il diritto di fare quella domanda che tanto vorrebbe fare, che crescere è anche non aver bisogno di certe risposte, di non cercare sicurezze ma di saperle dare. "Amore… Siamo qui. Solo questo conta."
Cristina lo abbraccia ancora più forte sentendo di nuovo tutto il loro amore.
Centocinquantacinque
Simona va ad aprire la porta di casa, alla quale hanno appena suonato, e rimane sorpresa quando lo vede.
"Alex…"
"Ciao." È visibilmente imbarazzato. Ma sorride. "Sono contento di vederti."
Arriva Roberto con il giornale tra le mani. "Chi è? È per me? Stavo aspettando un pacco." Ma quando lo vede rimane a bocca aperta. "Alex, che piacere…" E lo dice sul serio, sinceramente dispiaciuto per come sono andate le cose e anche imbarazzato per la situazione. "Prego… Entra! Vuoi qualcosa da bere?"
"No no, grazie."
"Però entra dai, non stare sulla porta." Simona la chiude alle sue spalle. Si scambia uno sguardo con il marito sollevando leggermente le sopracciglia, come a dire: e ora che facciamo? Mentre Alex fa qualche passo guardandosi in giro. Proprio in quel momento arriva Matteo. "Ehi, ciao Alex!"
"Ciao, come stai?" Si danno la mano in modo un po'"buffo.
Questa volta Simona e Roberto assistendo alla scena sorridono divertiti.
Matteo riprende a parlare. "Sai, mi dispiace molto per una cosa… Cioè, sono pure affari vostri… Certo… E in questo non voglio intromettermi… Però mi avevi promesso che facevamo un giro a cavallo e poi non l'abbiamo più fatto…"
Alex sorride, divertito della sua ingenuità. "Hai ragione. Lo faremo, ti prometto che qualunque cosa accada, noi quel giro a cavallo lo faremo…" E gli scompiglia teneramente i capelli.
Matteo lo guarda come illuminato da una grande intuizione. "Ma che hai portato un'altra lettera?"
"No…" Ma Alex non fa in tempo a rispondere.
"Vai in camera tua, Matteo." Simona si alza e va verso il figlio.
"Ma non è giusto, ormai sono grande, posso seguire tutta questa storia!"
"Vai in camera tua, ti ho detto…" E lo spinge quasi per il corridoio fino a quando finalmente Matteo si convince, accelera il passo e si chiude arrabbiato in camera sbattendo la porta. Simona scuote la testa e torna veloce in salotto, piena di curiosità, emozionata e con il cuore a duemila. E ora, pensa tra sé, che succederà? Poi si siede davanti ad Alex e fa un bel sospiro.
Roberto ci riprova. "Sei sicuro che non vuoi niente? Una Coca, un bitter, forse abbiamo anche dei succhi."
"No no, niente davvero." Poi fa una piccola pausa e riprende tranquillo. "Mi dispiace molto che le cose siano andate così, è stato tutto così… così… caotico, insomma avrei voluto che andassero diversamente!"
Roberto annuisce. "Eh, dillo a noi!"
Simona gli dà una botta sulla gamba. "Non lo interrompere!"
"Volevo solo essere solidale con lui, volevo fargli capire che anche a noi dispiace."
"Ecco…" Alex sorride. "Vorrei più di ogni altra cosa la felicità di vostra figlia."
Roberto si infila di nuovo. "Anche noi…"
Simona lo guarda malissimo, Alex non ci fa caso e continua. "E sono venuto qui per parlarle… Vorrei chiarirle alcune cose e sono sicuro che…"
Questa volta è Simona a interromperlo prima che dica troppo. "Alex… Mi piacerebbe molto che tu parlassi con Niki, ma ormai è partita…"
Centocinquantasei
Onde lunghe si abbattono sulla Playa Bianca, poco lontano dal Puerto del Rosario. Un vento forte, teso, ha soffiato per tutto il giorno spazzando in maniera decisa la sabbia. Gabbiani allargano le ali e si mettono di traverso facendosi portare lontano dal vento. E giocano così, spericolati, fuggendo improvvisamente dal gruppo e tornandoci poco dopo per poi tuffarsi tra le onde. Ribelli, ogni tanto affamati, rapaci nella loro presa, strappano al mare piccoli pesci argentati per andarli a mangiare in volo poco più in là.
Niki cammina da sola sulla lunga spiaggia. I capelli le vanno spesso davanti, le coprono gli occhi, le nascondono il viso, e lei con le mani, muovendole come una bambina, imprecise, confuse, cerca di levarseli dagli occhi. E con il palmo, quasi strusciandolo contro il viso, se li porta indietro, con forza, con rabbia, ma sono attimi. A nulla serve tutto questo. Il vento di nuovo li mette in disordine rendendola ancora più selvaggia in questo suo inutile tentativo.
Niki si ferma su uno scoglio. Si siede, guarda il mare lontano, poggia i gomiti sulle ginocchia. E cerca oltre, più in là, lì dove finisce l'orizzonte, come se qualcosa o qualcuno, una barca di pirati, un veliero o chissà cos'altro, la potesse aiutare. Ma non è possibile. E non c'è niente di più terribile di quando lo senti, quando te ne accorgi, quando un'inquietudine di fondo ti assale, ti rapisce, ti possiede, ti sbatte giù con forza sulla sabbia e ti blocca i polsi e ti monta sopra la pancia e ti tiene ferma a terra. Ecco, così si sente Niki, bloccata in questa sua sensazione. E tutto improvvisamente le appare chiaro, nitido come la giornata che sta per finire, come il sole caldo e infuocato che ha battuto tutto il giorno su quella spiaggia. Sì. Niki ora lo sa. È infelice. E c'è un'altra cosa che sa. Ha sbagliato. E non c'è niente di più terribile quando ti accorgi di aver fatto una scelta sbagliata, che non permette ripensamenti o meglio non ti consente più di tornare indietro, una scelta definitiva. Sì, non c'è niente di peggio. No, pensa Niki, una cosa peggiore c'è,
quando questo tuo errore, questa tua scelta avventata, riguarda l'amore. E ad un tratto si sente piccola, sola, si sente stringere il cuore e le vengono le lacrime agli occhi e vorrebbe gridare, piangere… Ma ormai quelle lacrime sono finite. Nessuno se ne è accorto ma da quando è partita per questa vacanza non ha fatto altro che piangere di nascosto, a casa, in bagno, nelle sue passeggiate solitarie, nel suo letto. Solo una volta ha riso. Quando si è ricordata la prima volta che Erica aveva lasciato Giò, il suo primo ragazzo, e si era messa con un altro. Era al liceo ed Erica aveva pianto per tutta la lezione di matematica e lei l'aveva presa in giro, se lo ricorda come fosse ieri.
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