«Una lettera?».
«Un... invito a un matrimonio».
Tutti i muscoli del mio corpo scattarono. Sentivo la schiena solleticata da una piuma ardente. Afferrai il tavolo per tener ferme le mani. Billy proseguì come se non si fosse accorto di nulla. «Dentro c’è un biglietto indirizzato a te. Non l’ho letto». Sfilò la busta spessa, color avorio, che teneva nascosta tra la gamba e il bracciolo della sedia a rotelle. La posò al centro del tavolo.
«Probabilmente non è il caso che tu lo legga. Non importa granché cosa c’è scritto».
Stupida psicologia inversa. Afferrai di scatto la busta. Era carta pesante, rigida. Costosa. Troppo lussuosa per Forks. Il biglietto era uguale, troppo elaborato e formale. Bella non c’entrava niente. Non c’era traccia del suo gusto personale nei fogli trasparenti con i petali in filigrana. Ero sicuro che non le piacessero affatto. Non lessi neanche una parola, nemmeno la data. Non m’importava. C’era un foglietto di quella carta spessa d’avorio piegato in due, con il mio nome scritto a inchiostro nero. Non riconobbi la grafia, ma era leccata come il resto della confezione. Per un secondo mi chiesi se il succhiasangue godeva a prendermi in giro. Aprii il biglietto.
Jacob, so che spedirti questo biglietto infrange le regole. Lei aveva paura di ferirti, e non voleva che ti sentissi in alcun modo obbligato.Ma so che, se le cose fossero andate diversamente, da parte miaavrei voluto poter scegliere.
Ti prometto che mi prenderò cura di lei, Jacob. Grazie — per lei — per tutto.
Edward
«Jake, abbiamo soltanto questo tavolo», disse Billy. Fissava la mia mano sinistra.
La morsa delle dita afferrava il legno con forza tale da rischiare di distruggerlo. Aprii le dita una a una, concentrandomi con tutto me stesso, poi strinsi una mano nell’altra per non rompere nulla.
«Vedi, tutto sommato non importa», borbottò Billy.
Mi alzai da tavola, sfilandomi la maglietta. Forse, finalmente, Leah era andata a dormire.
«Non fare tardi», bofonchiò Billy mentre spalancavo la porta di casa per gettarmi fuori.
Iniziai a correre prima di raggiungere gli alberi, lasciandomi i vestiti alle spalle come un sentiero di briciole, come volessi segnare la strada del ritorno. Ormai era fin troppo facile trasformarmi. Non dovevo neanche pensarci. Il mio corpo intuiva dove volessi andare e prima ancora che glielo chiedessi mi dava ciò che volevo. A quel punto avevo quattro zampe, ed ero in volo.
Gli alberi si dissolsero in un mare nero che mi avvolgeva. I miei muscoli si contraevano e rilassavano con un ritmo naturale. Avrei potuto correre in quel modo per giorni senza stancarmi. Forse, questa volta, non mi sarei fermato.
Ma ero solo.
Mi dispiace tanto , sussurrò Embry nella mia testa. Vedevo con i suoi occhi. Era lontano, a nord, ma aveva invertito la marcia e mi stava correndo incontro. Con un ruggito, accelerai. Aspettaci , m’implorò Quil. Era più vicino, appena partito dal villaggio. Lasciatemi stare , ringhiai.
Sentivo la loro preoccupazione nella testa, malgrado cercassi di annegarla nel rumore del vento e della foresta. Questo era ciò che odiavo di più: vedermi riflesso nei loro occhi. E adesso era ancora peggio perché nei loro occhi c’era soltanto compassione. Vedevano l’odio, ma non smettevano di rincorrermi.
Un’altra voce risuonò nella mia testa.
Lasciatelo andare. I pensieri di Sam erano tranquilli, ma l’ordine fu perentorio. Embry e Quil rallentarono fino a camminare. Se solo avessi potuto smettere di sentire, di vedere ciò che vedevano. La mia testa era affollata, l’unico modo di restare solo era tornare umano, ma a quel punto non avrei sopportato il dolore.
Trasformatevi , ordinò Sam. Vengo io a prenderti, Embry. Prima una, poi l’altra coscienza tacquero. Restava soltanto Sam. Grazie , riuscii a pensare.
Torna a casa appena puoi. Le parole furono deboli e svanirono nel vuoto quando anche lui se ne andò. Lasciandomi solo. Andava molto meglio. Finalmente udivo il fruscio debole del tappeto umido di foglie sotto le zampe, il sussurro delle ali di un gufo sopra di me, il lamento dell’oceano — lontano, lontanissimo a occidente — sulla spiaggia. Tutto questo e nient’altro. Sentivo soltanto la velocità, lo sforzo di muscoli, tendini e ossa che lavoravano in armonia, mentre mi lasciavo i chilometri alle spalle.
Perso in quel silenzio, non sarei tornato mai più. Altri prima di me avevano preferito questa forma all’altra. Forse, se fossi fuggito abbastanza lontano, non sarei stato più costretto a sentire... Accelerai il ritmo della corsa per fuggire da Jacob Black.
Sarei davvero negligente se non ringraziassi le tante persone che mi hanno aiutata a sopravvivere alla gestazione di un altro romanzo.
I miei genitori sono stati un’ancora di salvezza: non so come sia possibile farcela senza i buoni consigli di un papà e la spalla di una mamma su cui piangere.
Mio marito e i miei figli hanno dimostrato una pazienza incredibile — chiunque altro mi avrebbe internata in manicomio già da un pezzo. Grazie per avermi tenuta con voi, ragazzi.
La mia Elizabeth — Elizabeth Eulberg, la regina delle addette stampa — è stata decisiva per la mia salute mentale, sia in viaggio che a casa. In pochi hanno la fortuna di lavorare a così stretto contatto con le proprie migliori amiche, perciò sarò sempre in debito con certe ragazze del Midwest di sani principi che adorano il formaggio.
Jodi Reamer continua a guidare la mia carriera con genio e classe. È davvero un sollievo sapere che sono in mani così buone.
È una meraviglia sapere che anche i miei manoscritti sono in buone mani. Grazie a Rebecca Davis, che, sempre in sintonia con la storia che avevo in mente, mi ha aiutata a trovare le maniere migliori per raccontarla. Grazie a Megan Tingley, primo per la fede incrollabile nella mia opera, secondo per averla tirata a lucido fino a farla brillare.
Non riesco a credere alla fortuna di aver scoperto Lori Joffs, che, chissà come, riesce a essere contemporaneamente la lettrice più veloce e la più puntigliosa. Sono entusiasta di avere un’amica e una complice tanto profonda, talentuosa, e paziente di fronte alle mie lamentele.
Ringrazio ancora Lori Joffs, che assieme a Laura Cristiano, Michaela Child e Ted Joffs, ha creato e gestisce la stella più fulgida dell’universo telematico di Twilight , il Lexicon. Apprezzo sinceramente i grandi sforzi che fate nel mantenere vivo un approdo felice per i miei fan.
Grazie agli amici d’oltreoceano di crepusculoes.com, un sito così straordinario da superare le barriere linguistiche. Onore anche al favoloso lavoro di Brittany Gardener, che cura il gruppo Twilight and New Moon by Stephenie Meyer su MySpace, un sito così grande che soltanto l’idea di seguirlo giornalmente mi fa perdere la testa; Brittany, sei straordinaria.
Katie e Audrey, Bella Penombra è una bellezza. Heather, il Nexus è una forza.
Non posso citare tutti gli altri siti straordinari e i loro creatori, ma li ringrazio tanto, uno per uno.
Molte grazie alle mie lettrici, Laura Cristiano, Michelle Vieira, Bridget Creviston e Kimberlee Peterson, per i consigli preziosi, l’entusiasmo e l’incoraggiamento.
Ogni scrittore ha bisogno dell’amicizia di un libraio indipendente: ringrazio per il supporto i miei concittadini del Changing Hands Bookstore di Tempe, in Arizona, specialmente Faith Hochhalter e i suoi gusti letterari impeccabili.
Vi sono debitrice, Muse, dèi del rock, per l’ennesimo album ispiratore. Grazie per aver creato ancora una volta la mia musica da scrittura preferita. Ringrazio anche tutti gli altri gruppi della playlist , che mi hanno aiutato a superare le crisi da pagina bianca, e le mie nuove scoperte: Ok Go, Placebo, Blue October e Jack’s Mannequin.
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