Quel giorno la radura era un luogo pacifico e felice. Fazzoletti di margherite estive coloravano di macchie bianche e gialle la distesa d’erba. Mi sdraiai sulla terra senza badare alla lieve umidità e cercai di leggere le sagome delle nuvole. Erano troppo regolari, troppo lisce. Niente immagini, soltanto una coperta grigia e soffice.
Edward si sdraiò accanto a me e mi prese la mano.
«Tredici agosto?», chiese disinvolto dopo qualche minuto di gradevole silenzio.
«Così mancherà un mese al mio compleanno. Non volevo che cadesse troppo vicino».
Sospirò. «Esme è nata tre anni prima di Carlisle. Lo sapevi?». Scossi la testa.
«Non ha mai contato granché».
La mia voce era serena, un controcanto alla sua ansia. «Ormai la mia età non importa, Edward. Sono pronta. Ho scelto la mia vita e voglio iniziare a viverla».
Mi accarezzò i capelli. «E il veto sulla lista degli invitati?».
«Non è che m’importi, però...». Mi trattenni, poco entusiasta di dare spiegazioni. Meglio togliersi subito il peso. «Non credo che Alice sentirebbe la necessità di invitare... i licantropi. Non so se... Jake si sentirà di... di dover presenziare. Non voglio che sia indeciso, che tema di offendermi se non si presenta. Questo glielo voglio risparmiare». Edward restò in silenzio per qualche istante. Io fissavo le cime degli alberi, quasi nere sullo sfondo grigio chiaro del cielo. All’improvviso mi cinse i fianchi e mi strinse al suo petto.
«Dimmi perché fai tutto questo, Bella. Perché adesso hai deciso di lasciare carta bianca ad Alice?». Gli ripetei la conversazione della sera precedente tra me e Charlie. «Non è giusto che Charlie resti escluso da tutto questo», conclusi. «E come lui Renée e Phil. Tanto vale lasciar divertire Alice. Magari sarà più facile per Charlie, se riesce a salutarmi come vorrebbe. Anche se pensa che sia troppo presto, non voglio privarlo della possibilità di accompagnarmi all’altare». Scandii quelle parole con una smorfia e un bel respiro. «Se non altro, mia madre, mio padre e i miei amici saranno al corrente della parte migliore della scelta, il massimo che mi è consentito di rivelare. Sapranno che ho scelto te, e che viviamo assieme. Sapranno che sono felice, ovunque mi trovi. Penso sia il massimo che possa fare per loro». Edward mi prese la testa fra le mani e per un breve istante mi guardò negli occhi.
«Non ci sto», disse di punto in bianco.
«Cosa?», esclamai. «Rinunci? No!».
«Non rinuncio, Bella. Terrò fede al mio impegno. Ma tu sei libera. Alle tue condizioni, senza malintesi».
«Perché?».
«Bella, ho capito tutto. Stai cercando di fare felici tutti quanti. E a me dei sentimenti altrui non importa. Ho bisogno di sapere che tu sei felice. Non preoccuparti di dare la notizia ad Alice. Ci penserò io. Ti prometto che non ti farà sentire in colpa».
«Ma io...».
«No. Facciamo a modo tuo. Perché a modo mio non funziona. Dico che tu sei testarda, ma guarda cos’ho combinato io. Mi sono aggrappato con stupida ostinazione a una mia idea di felicità e ho finito per farti del male. Nel profondo, di continuo. Ormai non mi fido più di me stesso. Puoi essere felice a modo tuo. A modo mio non va mai bene. Quindi», scivolò sotto di me e raddrizzò le spalle, «facciamo a modo tuo, Bella. Stasera. Oggi. Prima è, meglio è. Parlerò con Carlisle. Pensavo che magari, se ti diamo una bella dose di morfina, non farà così male. Vale la pena di provare». Serrò i denti.
«Edward, no...».
Mi zittì con un dito. «Non preoccuparti, Bella, amore. Non ho dimenticato il resto delle tue richieste». Le sue mani furono tra i miei capelli, le sue labbra si mossero morbide ma determinate sulle mie, prima che capissi cosa intendeva. Cosa stesse facendo.
Non restava tempo per reagire. Se avessi aspettato troppo, non sarei riuscita a ricordarmi perché fosse il caso di fermarlo. Già faticavo a respirare. Le mie dita affondavano nelle sue braccia, che mi stringevano a lui; la bocca era incollata alla sua e rispondeva a tutte le domande inespresse che si sentiva rivolgere.
Cercai un po’ di lucidità, una maniera per parlare.
Lui rotolò con grazia e mi schiacciò contro l’erba fresca. Oh, chi se ne importa! Esultò la parte meno nobile di me. Avevo la testa piena della dolcezza del suo respiro.
No, no, no , replicai a me stessa. Scossi la testa e la sua bocca si spostò sul mio collo, concedendomi di respirare.
«Basta, Edward. Aspetta». La mia voce era debole quanto la mia volontà.
«Perché?», sussurrò nell’incavo del mio collo.
Mi affannai per far suonare decisa la mia risposta. «Non voglio farlo ora».
«Ah, no?», domandò, nella voce un sorriso. Tornò a baciarmi e m’impedì di parlare. Sentivo il calore nelle vene e la pelle bruciare a contatto con la sua.
Cercai di concentrarmi. Mi occorse un grande sforzo per costringere le mani a liberarsi dai suoi capelli, a spostarsi sul suo petto. Ma ci riuscii. A quel punto feci forza per spingerlo via. Da sola non ci riuscii, ma lui reagì come mi aspettavo.
Si scostò di pochi centimetri per guardarmi, ma i suoi occhi non facevano niente per assecondare la mia decisione. Erano fuoco nero. Ardevano.
«Perché?», chiese di nuovo, a voce bassa e ruvida. «Ti amo. Ti voglio. Adesso».
Le farfalle che avevo nello stomaco m’inondarono la gola. Approfittò della mia incapacità di parlare.
«Aspetta, aspetta», cercai di dire, aggirando le sue labbra.
«Io no di certo», mormorò.
«Per favore», esclamai.
Con una smorfia si allontanò da me e rotolò sul fianco. Per qualche istante restammo immobili, in attesa che il nostro respiro rallentasse.
«Dimmi perché no, Bella», domandò. «E spero che non mi riguardi». Che speranza sciocca. Tutto il mio mondo riguardava lui.
«Edward, per me è molto importante. Io voglio fare le cose per bene».
«Secondo quali criteri?».
«I miei».
Si appoggiò a un gomito e restò a fissarmi con uno sguardo di disapprovazione.
«E come farai le cose per bene?».
Respirai a fondo. «Con responsabilità. Tutto nell’ordine giusto. Voglio salutare Charlie e Renée nel modo migliore. Non priverò Alice del suo divertimento, perciò organizzerò lo stesso un matrimonio. E mi legherò a te in ogni maniera umana possibile, prima di chiederti di rendermi immortale. Voglio solo rispettare le regole, Edward. La tua anima è troppo, troppo importante per me, non posso rischiare. E non mi smuoverai di un centimetro».
«Magari potessi», mormorò, gli occhi ancora infuocati.
«Ma non lo faresti», dissi cercando di non perdere fermezza, «non se sapessi che questo è ciò che desidero davvero».
«Non stai giocando pulito», mi accusò.
Risposi sorridendo. «Non ho mai detto di volerlo fare». Restituì il sorriso, malinconico. «Se cambi idea...».
«Sarai il primo a saperlo, te lo prometto».
Proprio in quell’istante la pioggia iniziò a cadere: poche gocce sparse che colpivano l’erba con un suono debolissimo.
Lanciai un’occhiataccia al cielo.
«Ti porto a casa». Asciugò le piccole perle d’acqua dalle mie guance.
«Non è la pioggia il problema», mugugnai. «Vedi, è giunto il momento di fare qualcosa di molto fastidioso e probabilmente pericolosissimo». Strabuzzò gli occhi, allarmato.
«Per fortuna sei antiproiettile», sospirai. «Ho bisogno dell’anello. È ora di dirlo a Charlie».
Rise della mia espressione. «Pericolosissimo, certo». E, sempre ridendo, infilò una mano nella tasca dei jeans. «Se non altro, stavolta non dovremo nascondere le nostre tracce».
E rimise l’anello al suo posto, sull’anulare della mia mano sinistra. Dove sarebbe rimasto... probabilmente per l’eternità.
Читать дальше