Stephenie Meyer - Twilight

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Twilight: краткое содержание, описание и аннотация

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Bella si è appena trasferita a Forks, la città più piovosa d’America. È il primo giorno nella nuova scuola e, quando incontra Edward Cullen, la sua vita prende una piega inaspettata e pericolosa. Con la pelle diafana, i capelli di bronzo, i denti luccicanti, gli occhi color oro, Edward è algido e impenetrabile, talmente bello da sembrare irreale. Tra i due nasce un’amicizia dapprima sospettosa, poi più intima, che presto si trasforma in un’attrazione travolgente. Finora Edward è riuscito a tener nascosto il suo segreto, ma Bella è intenzionata a svelarlo. Quello che ancora non sa è che più gli si avvicina e maggiori sono i rischi per lei e per chi le sta accanto... Mentre nella vicina riserva indiana riprendono a circolare inquietanti leggende, un dubbio si fa strada nella mente di Bella. Il sogno romantico che sta vivendo potrebbe essere in realtà l’incubo che popola le sue notti.

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«Ti voglio bene, mamma», la mia voce era fioca. «Ci vediamo presto».

«Ciao, Bella. Non vedo l’ora di incontrarti di nuovo». Riattaccò.

Restai con il telefono all’orecchio, immobilizzata dal terrore, nemmeno in grado di mollare la presa.

Dovevo pensare a un piano, ma la voce di mia madre nel panico mi riempiva la testa. I secondi passavano e mi sforzavo di riprendere il controllo.

Molto, molto lentamente, iniziai a fare breccia nel muro di terrore. A ragionare. Perché ormai non avevo altra scelta: dovevo andare nella stanza degli specchi, a morire. Non avevo garanzie che non facesse del male a mia madre e non avevo nulla da offrire per salvarla, nulla se non me stessa. Potevo soltanto sperare che a James bastasse vincere la partita con Edward. Ero schiacciata dallo sconforto: venire a patti con lui, offrirgli qualcos’altro che potesse soddisfarlo o trattenerlo era impossibile. Non avevo scelta. Dovevo provarci.

Soffocai il terrore meglio che potevo. La decisione era presa. Non valeva la pena sprecare tempo a riflettere sulle conseguenze. Dovevo restare lucida: Alice e Jasper mi aspettavano, e liberarmi di loro era assolutamente indispensabile, e assolutamente impossibile.

Per fortuna Jasper era lontano. Se avesse percepito il mio tormento, in quegli ultimi cinque minuti, come avrei potuto impedirgli di sospettare? Dovevo mettere a tacere ansia e paura. Non potevo permettermele. Non sapevo quando sarebbe tornato.

Mi concentrai sulla fuga. Dovevo sperare che la mia familiarità con l’aeroporto giocasse a mio favore. Dovevo riuscire in qualche modo a tenere lontana Alice...

Proprio lei che, in ansia, mi attendeva nell’altra stanza. Ma prima del ritorno di Jasper occorreva risolvere un’altra piccola questione in privato.

Dovevo accettare che non avrei mai più rivisto Edward, che non avrei potuto portare con me, nella stanza degli specchi, nemmeno il ricordo di un ultimo rapido sguardo al suo volto. Stavo per ferirlo e non potevo neppure dirgli addio. Mi lasciai torturare dalle ondate di sofferenza. Poi soffocai anche quelle, e tornai di là ad affrontare Alice.

L’unica espressione che riuscii a fare fu uno sguardo spento, morto. La vidi allarmata e non aspettai nemmeno che facesse domande. La sceneggiatura era pronta e non c’era posto per l’improvvisazione.

«Mia madre era preoccupata, voleva tornare a casa. Ma va tutto bene, l’ho convinta a rimandare». La mia voce era priva di vita.

«Penseremo noi alla sua sicurezza, Bella, non preoccuparti».

Mi voltai, non potevo mostrarmi a viso aperto.

Il mio sguardo cadde su un foglio bianco di carta intestata dell’albergo. Lo afferrai lentamente, pensando a un piano. C’era anche una busta. Molto bene.

«Alice», chiesi esitante, senza voltarmi, a voce bassa. «Se scrivo una lettera a mia madre, gliela consegnerete? Voglio dire, potete lasciarla a casa sua?».

«Certo, Bella». Parlava con cautela. Aveva capito che stavo per crollare. Dovevo controllarmi meglio.

Tornai in camera e m’inginocchiai al tavolino.

Mi tremava la mano, la grafia si leggeva a malapena.

Edward,

ti amo. Mi dispiace tanto. Ha preso mia madre, devo provarci. So che potrebbe non funzionare. Mi dispiace, mi dispiace tanto.

Non prendertela con Alice e Jasper. Se riuscirò a scappare da loro sarà un miracolo. Per favore, ringraziali da parte mia. Soprattutto Alice.

E per favore, per favore, non venire a cercarlo. Credo sia proprio ciò che vuole. Non posso sopportare che qualcun altro si faccia del male per colpa mia, soprattutto se quel qualcuno sei tu. Ti prego, questa è l’unica cosa che ti chiedo. Falla per me.

Ti amo. Perdonami.

Bella

Piegai la lettera per bene e la imbustai. Prima o poi l’avrebbe trovata. Speravo solo che potesse capirmi e che per una volta mi desse ascolto.

Così, con cura, sigillai anche il mio cuore.

22

Nascondino

C’era voluto molto meno di quanto mi fosse sembrato, malgrado il terrore, lo sconforto, il cuore a pezzi. I minuti scorrevano più lenti del solito. Jasper era ancora assente, quanto tornai da Alice. Avevo paura di restare nella stessa stanza con lei, paura che intuisse qualcosa... e paura di nascondermi da lei per lo stesso motivo.

Pensavo di avere perso la capacità di sorprendermi, torturata com’ero dai miei pensieri, ma mi sorpresi eccome, quando vidi Alice piegata sulla scrivania, ai cui bordi si teneva aggrappata.

«Alice?».

Non reagì, continuò soltanto a ciondolare il capo lentamente, con gli occhi annebbiati, vuoti... Pensai subito a mia madre. Era già troppo tardi?

Corsi al suo fianco per prenderle la mano.

«Alice!», saettò la voce di Jasper, ed eccolo lì accanto, a coprire le mani di lei con le sue, sciogliendole dalla presa sul tavolo. Dall’altra parte della stanza, la porta si chiudeva con uno scatto cupo.

«Cosa succede?», chiese lui.

Lei si voltò e nascose il viso nel suo petto. «Bella», disse.

«Sono qui accanto», risposi.

Si voltò di nuovo, fissandomi negli occhi con uno sguardo stranamente vacuo. Mi resi conto all’istante che non voleva parlare con me: aveva risposto alla domanda di Jasper.

«Cos’hai visto?», chiesi, ma la mia, piatta e disinteressata, non suonava come una domanda.

Jasper mi fulminò con uno sguardo. Io cercai di fingere distacco, e attesi. Gli occhi di lui saltavano dal viso di Alice al mio e sentivano il caos... perché avevo intuito cosa avesse visto Alice.

Mi sentii avvolgere da un’atmosfera tranquilla. L’accolsi di buon grado e la sfruttai per disciplinare le mie emozioni.

Anche Alice si riprese.

«Niente, niente», rispose infine, incredibilmente calma e convincente. «La stessa stanza di prima».

Poi si rivolse a me, composta e tranquilla: «Volevi fare colazione?».

«No, mangio qualcosa in aeroporto». Anch’io ero calmissima. Andai a fare una doccia. Come se possedessi le facoltà ultrasensoriali di Jasper, avvertivo il desiderio pressante - e ben nascosto - di Alice di restare sola con lui. Così che potesse raccontargli che stavano sbagliando qualcosa, che avrebbero fallito...

Mi preparai con scrupolo, concentrandomi su ogni singolo gesto. Tenni i capelli sciolti, disordinati, per coprirmi il viso. La sensazione di pace creata da Jasper mi aveva invasa e mi aiutava a mantenere la lucidità, a pensare al piano. Frugai nella borsa in cerca della calza con i soldi. Me la svuotai in tasca.

Ero impaziente di arrivare all’aeroporto, e felice che alle sette ce ne saremmo andati da quell’albergo. Stavolta sul sedile posteriore dell’auto non avevo compagnia. Alice era appoggiata alla portiera, con il viso rivolto verso Jasper, ma da dietro gli occhiali da sole non mi perdeva di vista.

«Alice...», dissi, con atteggiamento indifferente.

«Sì?», rispose, cauta.

«Come funzionano? Le visioni, intendo». Guardavo fuori dal finestrino e parlavo con voce annoiata. «Edward ha detto che non sono definitive... che le cose cambiano, è vero?». Pronunciare quel nome fu più difficile di quanto pensassi. Probabilmente ciò mise Jasper in allarme, perché un’altra ondata di serenità invase l’abitacolo.

«Sì, le cose cambiano...». Speriamo, pensai. «Alcune visioni sono più sicure di altre... quelle che riguardano il tempo, per esempio. Con le persone è più difficile. Vedo la strada che seguono nel momento in cui la imboccano. Se per caso cambiano idea e prendono una decisione nuova, per minuscola che sia, tutto il futuro si trasforma».

Annuii, pensierosa: «E tu non eri riuscita a vedere James a Phoenix perché non aveva ancora deciso di venirci».

«Sì», mi confermò. Era di nuovo guardinga.

E non aveva visto me nella stanza degli specchi con James, finché non avevo deciso di incontrarlo. Cercai di non pensare a cos’altro avesse potuto vedere. Non volevo che il mio panico insospettisse ulteriormente Jasper. La visione di Alice li aveva resi ancora più vigili. Fuggire sarebbe stato impossibile.

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