Anne Rice - Intervista col vampiro

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Intervista col vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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In una stanza d’albergo Louis racconta la sua vita ad un esterrefatto giornalista, la lunghissima, estenuante vita di un vampiro. Duecento anni assieme al suo maestro Lestat ed alla piccola Claudia, duecento anni in giro per il mondo, nascondendosi dalla luce e succhiando sangue…

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«La scongiuro… conceda a tutto questo un’altra occasione. Un’altra occasione… con me!» implorò il ragazzo.

Il vampiro si voltò verso di lui, il viso contorto dall’ira come prima. Ma poi, a poco a poco, cominciò a distendersi. Le palpebre si abbassarono lentamente sugli occhi, e le labbra si allungarono in un sorriso. Di nuovo guardò il ragazzo. «Ho fallito» sospirò, sorridendo ancora. «Ho fallito completamente…»

«No…» protestò il ragazzo.

«Non dire altro» lo interruppe il vampiro energicamente. «Mi resta solo una possibilità. Vedi i nastri? Stanno ancora girando. Mi resta solo un modo per dimostrarti il significato di quello che ho detto». Si slanciò in avanti così velocemente ad afferrare il ragazzo che questi si ritrovò che tentava di agguantare, di spingere qualcosa che non c’era; la sua mano era ancora protesa quando il vampiro lo strinse al petto, abbassando le labbra sul suo collo piegato. «Vedi?» sussurrò il vampiro; le lunghe labbra di seta scoprirono i denti e due lunghe zanne penetrarono nella carne del ragazzo. Il ragazzo balbettò, un lungo suono rauco gli uscì dalla gola, la sua mano si sforzava di stringere qualcosa e i suoi occhi si dilatarono, ma divennero subito opachi e grigi quando il vampiro cominciò a bere. E frattanto il vampiro appariva tranquillo come una persona addormentata. Il magro petto si alzava e si abbassava lentamente, impercettibilmente, con grazia da sonnambulo. Un uggiolio si levò dal ragazzo, e quando il vampiro lo lasciò andare lo tenne con ambo le braccia e guardò il viso umidiccio e bianco, le mani inerti, gli occhi semichiusi.

Il ragazzo gemeva, il suo labbro inferiore penzolava e tremava come se avesse la nausea. Gemette ancora, più forte, la sua testa cadde all’indietro, gli occhi ruotarono in su nella testa. Il vampiro lo depositò delicatamente sulla sedia. Il ragazzo si sforzava disperatamente di parlare, e le lacrime che gli sgorgarono dagli occhi parevano derivare da quel tentativo di parlare quanto da tutto il resto. La testa gli cadde in avanti, pesantemente, come a un ubriaco, una mano era appoggiata sul tavolo. Il vampiro restò in piedi a guardarlo, la sua pelle bianca diventò d’un morbido rosa luminoso. Era come se una luce rosa brillasse su di lui e tutto il suo essere sembrava restituire quella luce. La carne delle sue labbra era scura, quasi del colore d’una rosa rossa, le vene sulle sue tempie e sulle sue mani erano solo tracce sulla sua pelle, il suo viso giovane e liscio.

«Io… morirò?» mormorò il ragazzo, sollevando lentamente lo sguardo, con labbra umide e pendule. «Morirò?» gemette, con labbra tremanti.

«Non lo so» rispose il vampiro, e sorrise.

Il ragazzo sembrava sul punto di dire qualcosa d’altro, ma la mano sul tavolo gli scivolò in avanti sulle assi, vi appoggiò accanto la testa e perse conoscenza.

Quando riaprì gli occhi vide il sole. Riempiva la finestra sporca e disadorna e gli scaldava un lato del viso e la mano. Per un attimo restò inerte, il viso contro il tavolo; poi con grande sforzo si drizzò, tirò un profondo respiro e, chiudendo gli occhi, premette la mano sul punto da cui il vampiro gli aveva estratto il sangue. Quando l’altra mano accidentalmente toccò la lamina di metallo che copre il registratore, il ragazzo lanciò un grido perché il metallo scottava.

Poi si alzò, maldestramente, e mancò poco che cadesse, finché non appoggiò entrambe le mani sul lavandino bianco. Aprì rapidamente il rubinetto, si spruzzò il viso con l’acqua fredda, e se l’asciugò con una salvietta sudicia appesa a un chiodo. Ora respirava regolarmente, restò in piedi a guardarsi nello specchio senza appoggiarsi. Poi guardò l’orologio. Fu come se la vista dell’orologio lo scuotesse violentemente, gli desse più vita del sole o dell’acqua. Fece una rapida ispezione della stanza e del corridoio e, non trovando niente e nessuno, si rimise a sedere sulla sedia. Poi estrasse di tasca un piccolo taccuino bianco e una penna, li depose sul tavolo e toccò il tasto del registratore. Fece tornare indietro il nastro poi lo bloccò. Sentì la voce del vampiro, si sporse in avanti, ascoltando con estrema attenzione, poi schiacciò il tasto per sentire un altro punto poi ne cercò un altro ancora. Finalmente il suo viso si illuminò, le bobine giravano e la voce diceva: «Era una serata molto calda, e non appena lo vidi in St Charles Avenue, capii che stava andando in qualche posto…»

Rapidamente il ragazzo annotò:

«Lestat… traversa di St Charles Avenue. Vecchie case in rovina… quartiere misero. Cercare cancellata arrugginita».

Si cacciò rapidamente in tasca il taccuino, ripose i nastri nella cartella, assieme al piccolo registratore, e corse per il lungo corridoio, giù per le scale, fino in strada dove, di fronte al bar dell’angolo, aveva parcheggiato la macchina.

FINE
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