Anne Rice - Intervista col vampiro
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- Название:Intervista col vampiro
- Автор:
- Издательство:Salani
- Жанр:
- Год:1977
- Город:Firenze
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«Ma so che sei ansioso di sapere che cosa è stato di Armand. E la notte è quasi finita. Voglio dirtelo perché è molto importante. La storia è incompleta.
«Lasciata Parigi, come t’ho detto ci mettemmo a viaggiare per il mondo: prima l’Egitto, poi la Grecia, poi l’Italia, l’Asia Minore, ovunque io scegliessi di andare, veramente, e ovunque la mia ricerca di arte mi conducesse. Il tempo cessò di esistere come entità dotata di un qualche significato durante quegli anni, e spesso restavo immerso in cose semplicissime — un quadro in un museo, la finestra d’una cattedrale, una statua di grande bellezza — per lunghi periodi.
«Ma durante tutti quegli anni sentivo un desiderio vago ma persistente di tornare a New Orleans. Non l’avevo mai dimenticata. E quando eravamo in luoghi tropicali, in luoghi dove crescono gli stessi fiori e alberi che crescono in Louisiana, ci pensavo intensamente e provavo per la mia patria l’unico barlume di desiderio che provassi per qualsiasi cosa al di fuori della mia infinita ricerca dell’arte. E di tanto in tanto Armand mi chiedeva di portarcelo. E io, da gentiluomo qual ero, ben consapevole d’aver fatto poco per compiacerlo e d’aver spesso trascorso lunghi periodi senza parlare veramente con lui o cercare la sua compagnia, desideravo farlo perché lui me lo chiedeva. A quanto pare la sua richiesta mi faceva dimenticare il timore indistinto di rinnovare il mio dolore a New Orleans, di ritrovare il pallido spettro della mia antica infelicità e della mia nostalgia. Ma rimandavo. Forse quel timore era più forte di quanto non sapessi. Arrivammo in America e vivemmo a New York per molto tempo. Continuavo a rimandare. Poi, alla fine, Armand mi convinse in un altro modo. Mi disse qualcosa che mi aveva tenuto nascosto da quando eravamo a Parigi.
«Lestat non era morto nel Teatro dei Vampiri. Io avevo creduto che fosse morto, e quando avevo chiesto ad Armand di quei vampiri, mi aveva detto ch’erano morti tutti. Ma allora mi confessò che non era così. Lestat aveva lasciato il teatro la notte che ero corso via da Armand e mi ero rifugiato nel cimitero di Montmartre. Due vampiri che erano stati creati insieme a Lestat dallo stesso maestro lo avevano aiutato a trovare una nave per New Orleans.
«Non posso spiegarti la sensazione che mi assalì quando lo seppi. Certo, Armand mi confessò di avermelo tenuto nascosto, nel timore che io avrei intrapreso un lungo viaggio solo per vendetta, un viaggio che m’avrebbe procurato sofferenze e angoscia. Ma la cosa non m’importava veramente. La notte in cui incendiai il teatro non pensavo affatto a Lestat; pensai a Santiago, a Celeste e agli altri che avevano annientato Claudia. Lestat, in realtà, aveva suscitato in me sentimenti che non avevo voluto confidare a nessuno, sentimenti che avevo desiderato dimenticare, nonostante la morte di Claudia. L’odio non era tra questi.
«Ma quando Armand mi disse che era vivo, fu come se il velo che mi proteggeva fosse diventato sottile e trasparente e mi parve di vedere Lestat, mi accorsi che desideravo rivederlo. E così facemmo ritorno a New Orleans.
«Era la tarda primavera di quest’anno. E non appena uscii dalla stazione, capii ch’ero davvero tornato a casa. Era come se lì la stessa aria fosse profumata e speciale, e mi sentivo straordinariamente a mio agio camminando su quei marciapiedi tiepidi e piatti, sotto quelle querce familiari, ascoltando i suoni incessanti, vibranti, pieni di vita della notte.
«Naturalmente, New Orleans era cambiata. Ma, lungi dal deplorare questi cambiamenti, ero grato per quanto sembrava uguale a prima. Ritrovai nel Garden District, che ai miei tempi era il Faubourg St-Marie, uno dei nobili vecchi palazzi che risalivano a quei tempi, così lontano dalla tranquilla strada di mattoni che io, camminando al chiaro di luna sotto le magnolie, provavo lo stesso senso di dolcezza e di pace che avevo conosciuto un tempo; non solo nelle strade strette e buie del Vieux Carré, ma nel terreno incolto di Pointe du Lac. C’erano il caprifoglio e le rose, il luccichio delle colonne corinzie contro le stelle; e al di là del cancello strade di sogno, altre ville… una cittadella piena di grazia.
«In Rue Royale, dove portai Armand accanto a turisti, a negozi d’antiquariato e agli ingressi sfavillanti di luci dei ristoranti alla moda, fui sorpreso di scoprire la casa dove Lestat, Claudia e io avevamo stabilito la nostra dimora, la facciata appena modificata dallo stucco fresco e da qualche riparazione. Le due porte-finestre si aprivano ancora sui balconcini sopra al negozio, e vidi, nella dolce luminosità dei lampadari elettrici, una elegante tappezzeria che non sarebbe apparsa inconsueta a quei tempi prima della guerra di secessione. In quel posto ebbi una forte percezione di Lestat, molto più di lui che di Claudia, e la certezza, sebbene lui non fosse affatto vicino a quella casa, che lo avrei trovato a New Orleans.
«E sentivo un’altra cosa ancora; una tristezza che mi invase dopo che Armand se ne fu andato per la sua strada. Ma questa tristezza non era dolorosa né travolgente. Era qualcosa d’intenso, quasi dolce, come il profumo del gelsomino e delle rose che affollavano il vecchio giardino nel cortile, che vidi attraverso i cancelli di ferro. E mi dava una sottile contentezza e mi trattenne a lungo in quel posto; mi trattenne in città; e non mi lasciò completamente la notte che me ne andai.
«Adesso mi domando che cosa avrebbe potuto derivare da questa tristezza, quale sentimento avrebbe potuto generare in me capace di diventare più forte di essa. Ma sto andando troppo avanti.
«Perché, poco dopo, vidi a New Orleans un vampiro, un giovane dal viso bianco, lucente, che camminava solo sui larghi marciapiedi di St Charles Avenue nelle ore che precedono l’alba. E subito mi convinsi che, se Lestat viveva ancora lì, quel vampiro avrebbe potuto conoscerlo e avrebbe potuto anche condurmi da lui. Naturalmente il vampiro non mi vide. Da tempo avevo imparato a distinguere quelli della mia razza nelle grandi città senza che loro avessero modo di notarmi. Armand, nelle sue brevi visite ai vampiri di Londra e di Roma, era venuto a sapere che l’incendio del Teatro dei Vampiri era noto in tutto il mondo, e che noi due eravamo considerati dei reietti. Le polemiche su questa storia per me non avevano alcun significato, e fino a oggi le ho evitate. Ma cominciai a tener d’occhio questo vampiro a New Orleans e a seguirlo, sebbene mi conducesse spesso soltanto a dei teatri o ad altri passatempi per i quali non avevo alcun interesse. Ma poi, una notte, le cose cambiarono.
«Era una sera molto calda, e non appena lo vidi in St Charles Avenue capii che stava andando in qualche posto. Non solo camminava in fretta, ma sembrava un po’ angosciato. Quando svoltò in una viuzza stretta, misera e buia, fui certo che era diretto verso qualcosa che mi avrebbe interessato.
«Ma poi entrò in una casetta di legno, e uccise una donna. Lo fece molto in fretta, senza ombra di piacere; quando ebbe finito, raccolse il figlio della donna da una culla di vimini, lo avvolse delicatamente in una coperta di lana azzurra e uscì di nuovo in strada.
«Solo dopo un isolato o due si fermò davanti a una cancellata di ferro coperta di rampicanti che cingeva un ampio cortile incolto. Oltre gli alberi vidi una vecchia casa scura, con la vernice che si staccava e le adorne ringhiere di ferro incrostate di ruggine arancione. Pareva una casa in rovina, arenata laggiù in mezzo alle numerose casette di legno, le grandi finestre vuote guardavano su ciò che doveva essere stato un malinconico grappolo di tetti bassi, una drogheria sull’angolo, un piccolo bar. Ma il vasto, scuro terreno proteggeva la casa da tutto questo, e dovetti procedere di alcuni passi prima di distinguere, attraverso i densi rami degli alberi, un debole alone di luce in una delle finestre del primo piano. Il vampiro era entrato dal cancello. Sentii il bambino piagnucolare, poi più nulla. Lo seguii, scavalcando agevolmente la vecchia cancellata; mi lasciai cadere nel giardino e salii silenziosamente sulla lunga veranda della facciata.
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