Anne Rice - Intervista col vampiro
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- Название:Intervista col vampiro
- Автор:
- Издательство:Salani
- Жанр:
- Год:1977
- Город:Firenze
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«E la testa, fiume di sangue dal collo divelto, occhi follemente spalancati sotto le travi in fiamme, scuri capelli di seta appiccicati, bagnati di sangue, cadde ai miei piedi. La colpii con violenza con lo stivale, la feci ruzzolare lungo il corridoio. E corsi dietro quella testa, gettai la torcia e la falce, alzando le braccia per proteggermi dalla vampa accecante di luce bianca che inondava le scale verso il vicolo.
«La pioggia cadeva in aghi luccicanti sui miei occhi, che socchiusi per vedere la sagoma scura della carrozza tremolante contro il cielo. Il cocchiere, accasciato sul sedile, si raddrizzò al mio rauco ordine, la sua mano impacciata cercò istintivamente la frusta, e la carrozza partì traballando come io spalancai lo sportello. I cavalli procedevano veloci, io cercavo di aprire il coperchio della cassa e il mio corpo veniva sbattuto bruscamente da un lato, le mie mani bruciacchiate scivolarono sulla fredda seta protettrice, e il coperchio scese su di me in un’oscurità che mi sottraeva a ogni cosa.
«I cavalli si allontanarono sempre più velocemente dall’angolo dell’edificio in fiamme, eppure sentivo ancora l’odore del fumo: m’aveva soffocato, m’aveva bruciato gli occhi e i polmoni, come le mie mani e la mia fronte erano state bruciate dalla prima luce del sole.
«Ma noi stavamo fuggendo dal fumo e dalle urla. Fuggivamo da Parigi. Ce l’avevo fatta. Il Teatro dei Vampiri stava bruciando dalle fondamenta.
«Sentii il mio capo cadere indietro, e vidi ancora Claudia e Madeleine abbracciate in quel sinistro cortile, e io dicevo loro dolcemente, piegandomi verso quella soffice massa di capelli che brillavano alla luce delle candele: ‘Non vi ho potuto portar via. Non vi ho potuto prendere. Ma loro vi giaceranno intorno, morti e distrutti. Se non li consumerà il fuoco, sarà il sole. Se non saranno bruciati, sarà la gente che verrà a combattere il fuoco che li esporrà alla luce del giorno. Ma ve lo prometto, moriranno tutti come siete morte voi, chiunque sia rinchiuso là dentro, in questa alba, morirà. E queste sono le uniche morti che ho causato nella mia lunga vita che sono a un tempo eccellenti e giuste’.
«Due notti dopo tornai. Dovevo vedere quel sotterraneo inondato dalla pioggia, ogni mattone bruciacchiato sgretolarsi, le poche travi scheletrite pugnalare il cielo come pali di un rogo. Quei mostruosi dipinti murali che un tempo racchiudevano la sala da ballo erano frammenti arsi tra le macerie; qui un viso dipinto, là un pezzo d’ala d’un angelo, le sole cose identificabili che restavano.
«I giornali della sera in mano, mi aprii faticosamente la strada fino al retro di un affollato caffè teatro, dall’altra parte della via; e là, protetto dalla fioca luce delle lampade a gas e dal denso fumo dei sigari, lessi il resoconto dell’incendio. Pochi corpi erano stati trovati nel teatro distrutto dal fuoco, ma vestiti e costumi erano sparsi per ogni dove, come se i famosi attori vampiri avessero in realtà abbandonato il teatro molto prima dell’incendio. In altre parole, solo i vampiri più giovani avevano lasciato là le loro ossa; i vecchi erano stati completamente annientati. Nessuna menzione di un testimone oculare o di una vittima sopravvissuta. E come avrebbero potuto essercene?
«Eppure c’era qualcosa che mi preoccupava moltissimo. Non avevo paura che qualche vampiro fosse scampato. Non avevo nessun desiderio di dar loro la caccia se si fossero salvati. Ero certo che la maggior parte della compagnia fosse morta. Ma come mai non c’erano i custodi umani? Ero sicuro che Santiago aveva parlato di custodi, e avevo pensato che fossero i portieri e le maschere che costituivano il personale del teatro prima della rappresentazione. Ero stato pronto persino ad affrontarli con la mia falce. Ma non ne avevo incontrati. Era strano. Questo mi agitava.
«Ma poi, quando misi da parte i giornali e ripensai a tutto ciò, m’accorsi che non aveva alcuna importanza. Quel che contava era che io mi trovavo ancora più solo al mondo di quanto fossi stato fino a quel momento. Che Claudia era ormai oltre ogni possibilità di grazia e io avevo meno ragione e meno desiderio di vivere di quanti ne avessi mai avuti.
«Eppure il dolore non mi schiacciò, non venne neppure a farmi visita, non mi ridusse a quel relitto, a quella creatura disperata che mi sarei aspettato di poter diventare. Forse non era possibile sostenere lo strazio che avevo provato quando avevo visto i resti bruciati di Claudia. Forse non era possibile conoscere un simile dolore e sopravvivere. Mi domandavo oscuramente, col passare delle ore, mentre il fumo nel caffè diventava sempre più denso e il sipario stinto della piccola scena illuminata saliva e scendeva e robuste donne cantavano sul palcoscenico, la luce brillava sui loro gioielli falsi e le loro voci ricche, morbide, si spiegavano in lamenti squisitamente malinconici — mi domandavo oscuramente come sarebbe stato conoscere una simile perdita, un simile oltraggio, ed essere assolto, meritare compassione e consolazione. Non avrei mai parlato della mia sventura con un essere umano. Le mie stesse lacrime non significavano nulla per me.
«Dove andare, allora, se non a morire? Fu strano come mi venne la risposta. Strano come uscii dal caffè, girai attorno al teatro in rovina, vagai senza meta fino all’ampia Avenue Napoléon e la percorsi fino al palazzo del Louvre. Era come se quel posto mi chiamasse, eppure non ero mai stato dentro quelle mura. Ero passato davanti alla lunga facciata un migliaio di volte, rimpiangendo di non essere un comune mortale per un giorno solo, per poter girare entro quelle innumerevoli sale e ammirare i magnifici dipinti. Avevo voglia di entrarci, ora, posseduto solo da una vaga idea che nelle opere d’arte avrei potuto trovare un certo conforto, che non potevo portare niente della morte a ciò che era inanimato e tuttavia splendidamente imbevuto dello spirito della vita stessa.
«Sull’Avenue Napoléon udii dietro di me un passo, che riconobbi per quello di Armand. Era come se mi mandasse segnali per farmi sapere che era vicino. Ma io mi limitai a rallentare il passo e lasciare che mi raggiungesse, e per un bel pezzo continuammo a camminare senza dire una parola. Non osavo guardarlo. Naturalmente avevo pensato tutto il tempo a lui, a come, se noi fossimo stati degli uomini e Claudia il mio amore, avrei potuto finalmente abbandonarmi tra le sue braccia, con quel bisogno così forte, così consumante di dividere un dolore comune. La diga sembrò cedere allora; eppure non cedette. Ero intontito e camminavo come una persona intontita.
«‘Sai cosa ho fatto?’ dissi alla fine. Avevamo girato l’angolo del viale e ora vedevo di fronte a me la lunga fila di doppie colonne sulla facciata del Musée Royal. ‘Hai portato via la tua bara come ti avevo avvertito…’
«‘Sì’ rispose. Ci fu un’improvvisa, inconfondibile nota di piacere nella sua voce. M’indebolì. Ma ero troppo lontano dal dolore, troppo stanco.
«‘Eppure tu sei qui con me ora. Hai intenzione di vendicarli?’
«‘No’ disse.
«‘Erano i tuoi compagni, tu eri il loro capo’ continuai. ‘Eppure tu non li hai avvertiti che mi volevo vendicare di loro, come ti avevo avvisato’.
«‘No’ ribadì.
«‘Ma senza dubbio mi disprezzi per questo. Certamente tu rispetterai certe regole, una forma di fedeltà alla tua specie’.
«‘No’ rispose a voce bassa.
«Mi sorprese come la sua risposta fosse logica, anche se non potevo spiegarmela né capirla.
«E allora qualcosa emerse con chiarezza dalle remote regioni delle mie inesorabili considerazioni. ‘C’erano dei guardiani, c’erano quei portieri che dormivano in teatro. Perché non c’erano più quando sono entrato? Come mai non stavano a proteggere i vampiri nel sonno?’
«‘Perché erano alle mie dipendenze e io li avevo licenziati. Li avevo mandati via’ rispose Armand.
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