Anne Rice - Intervista col vampiro

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Intervista col vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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In una stanza d’albergo Louis racconta la sua vita ad un esterrefatto giornalista, la lunghissima, estenuante vita di un vampiro. Duecento anni assieme al suo maestro Lestat ed alla piccola Claudia, duecento anni in giro per il mondo, nascondendosi dalla luce e succhiando sangue…

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«E Lestat gridava: ‘Louis, aspettami; Louis, devo parlarti!’

«Vedevo gli splendidi occhi scuri di Armand vicino ai miei e mi sentivo sempre più fiacco, a stento mi rendevo conto che Madeleine e Claudia erano morte. La voce di Armand mi disse piano, anzi forse senza emettere nessun suono: ‘Non potevo impedirlo, non potevo…’ E loro erano morte, così, semplicemente, erano morte. Stavo perdendo i sensi. Santiago era vicino a loro, in qualche luogo, dove giacevano immobili, coi capelli sollevati nel vento, sbattuti su quei mattoni, i riccioli disfatti. Ma io ormai stavo perdendo i sensi.

«Io non potevo raccogliere i loro corpi, non potevo portarli via con me. Armand teneva il braccio dietro la mia schiena, la mano sotto il mio braccio, mi stava quasi trasportando di peso attraverso un locale con le pareti di legno, vuoto, risuonante di echi, e gli odori della strada si alzavano nell’aria, l’odore fresco dei cavalli e del cuoio, e c’erano carrozze che scintillavano debolmente. E io mi vidi, chiaramente, correre per il Boulevard des Capucines, con una piccola bara sottobraccio, e la gente si faceva da parte al mio passaggio, decine di persone si alzavano attorno ai tavoli affollati dei caffè all’aperto, un uomo levava un braccio. Poi mi parve di inciampare, quel Louis che Armand sosteneva col suo braccio, e ancora vidi i suoi occhi scuri che mi fissavano, provai quella sonnolenza, quella sensazione di sprofondare. Eppure camminavo, mi muovevo, vedevo lo scintillio dei miei lucidi stivali sul marciapiede. ‘È pazzo, a dirmi quelle cose?’ chiedevo con voce aspra e irata, il cui stesso suono in qualche modo mi consolava. Ridevo, ridevo forte. ‘Lestat è pazzo furioso a parlarmi così. L’hai sentito?’. E gli occhi di Armand mi dicevano: ‘Dormi’. Volevo dire qualcosa su Madeleine e su Claudia, che non potevamo lasciarle laggiù, e sentii ancora quell’urlo salirmi dentro, quell’urlo che sommergeva ogni altra cosa. Stringevo i denti per trattenerlo, perché era così acuto e così potente che avrebbe potuto distruggermi se l’avessi lasciato uscire dalla gola.

«E fu allora che mi feci un’idea fin troppo chiara di tutto. Ora stavamo camminando, con quel passo bellicoso, cieco, che hanno gli uomini quando sono ubriachi fradici e pieni di odio verso gli altri, e allo stesso tempo si sentono invincibili. Camminavo così per le strade di New Orleans la notte che per la prima volta incontrai Lestat, con quell’andatura da ubriaco che è tutto uno sbattere ovunque, e che però miracolosamente procede con sicurezza verso la meta. Vidi le mani di un ubriaco armeggiare con stupefacente destrezza con un fiammifero. Ero accanto alla vetrina di un caffè. L’uomo tirava boccate dalla sua pipa. Non era per nulla ubriaco. Armand era accanto a me, eravamo nell’affollato Boulevard des Capucines. O era il Boulevard du Temple? Non ne ero certo. Mi sentivo oltraggiato dal fatto che i loro corpi fossero rimasti in quel luogo immondo. Vedevo il piede di Santiago toccare quel corpo annerito dalle fiamme che era stato mia figlia! Ripresi a urlare con i denti stretti, l’uomo si alzò dalla tavola e il vetro di fronte al suo viso si coprì di vapore. ‘Vattene’ dicevo ad Armand. ‘Vattene al diavolo, non venirmi vicino. Ti avverto, non venirmi vicino’. Mi allontanavo da lui, risalendo il boulevard e vedevo un uomo e una donna che si ritraevano al mio passaggio, l’uomo tendeva il braccio per proteggere la donna.

«Poi mi misi a correre. La gente mi vedeva correre. Mi domandai come apparissi a loro, una creatura bianca, folle, troppo veloce per i loro occhi? Mi ricordo che quando mi fermai mi sentii debole e sofferente, le vene mi bruciavano come se stessi morendo di fame. Pensai a uccidere, ma il pensiero mi ripugnava. Ero seduto sui gradini di pietra di una chiesa, sprangata e chiusa a chiave per la notte. La pioggia era diminuita. O almeno mi sembrava. E la strada era desolata e silenziosa, anche se un uomo passava in lontananza sotto un grande ombrello nero lucido. Armand era in piedi, lontano, sotto gli alberi. Sembrava che dietro di lui ci fosse una grande distesa di alberi e di umidi prati, e che la nebbia salisse come se la terra fosse calda.

«Riuscii a calmarmi pensando a una cosa sola, al male che sentivo allo stomaco e alla testa, alla morsa che mi stringeva il petto. Non appena queste sensazioni dolorose svanirono e mi sentii nuovamente tranquillo, mi resi conto di tutto quel che era successo, della grande distanza che avevamo percorso dal teatro, del fatto che i resti di Madeleine e di Claudia erano ancora là. L’una tra le braccia dell’altra, vittime di un olocausto. Mi sentii deciso e vicinissimo alla mia propria distruzione.

«‘Non ho potuto impedirlo’ ripeteva Armand a bassa voce. Alzai lo sguardo sul suo viso, era indicibilmente triste. Volse lo sguardo altrove, come se capisse che era inutile cercare di convincermi, sentivo la sua tristezza opprimente, la sua sconfìtta. Avevo l’impressione che se avessi sfogato tutta la mia ira su di lui, avrebbe opposto ben poca resistenza. E sentivo quel suo distacco, quella sua passività, come qualcosa di pervasivo alla radice di quel che ancora ripeteva: ‘Non avrei potuto impedirlo’.

«‘Oh, avresti potuto benissimo impedirlo!’ risposi a bassa voce. ‘Lo sai benissimo che avresti potuto farlo. Tu eri il capo! Tu solo conoscevi i limiti del tuo potere. Loro non sapevano. Non capivano. La tua conoscenza è superiore alla loro’.

«Guardò lontano. Ma vedevo l’effetto delle mie parole sul suo volto. Vedevo stanchezza, e nei suoi occhi una cupa, opaca tristezza.

«‘Tu avevi potere su di loro. Ti temevano!’ continuai. ‘Avresti potuto fermarli, se avessi voluto usare quel potere oltre i limiti che tu stesso ti sei imposto. Ma non volevi violare l’immagine di te stesso. La tua personale e preziosa concezione della verità! Ti capisco perfettamente. Vedo me stesso riflesso in te!’

«Il suo sguardo si mosse lentamente fino a fissarsi sul mio. Ma non disse una parola. Il dolore sul suo volto era terribile. Era un dolore senza violenza e senza speranza, sull’orlo di una terribile ed esplicita emozione che non sarebbe stato capace di controllare. Armand temeva quell’emozione. Io no. Lui sentiva la mia sofferenza con quell’enorme potere incantatore che possedeva, di gran lunga superiore al mio. Io non sentivo il suo dolore. Non mi importava.

«‘Ti capisco fin troppo bene…’ dissi. ‘L’origine di tutto, il vero male è stato per me quella passività. Quella debolezza, quel rifiuto di compromettere una moralità stupida e già in pezzi, quello spaventoso orgoglio! Per questo ho permesso che diventassi ciò che sono, quando sapevo che era sbagliato. Per questo ho permesso che Claudia diventasse un vampiro, quando sapevo che era sbagliato. Per questo sono stato fermo a guardare quando uccise Lestat, e sapevo che era sbagliato, che era la cosa che l’avrebbe portata alla rovina. Non alzai un dito per impedirlo. E Madeleine, Madeleine, non avrei mai dovuto farla diventare una creatura come noi. Sapevo ch’era sbagliato! Ebbene, sai cosa ti dico, non sono più quell’essere passivo e debole che ha tessuto un male dietro l’altro in una tela spessa e vasta, della quale è rimasto egli stesso la ridicola vittima. È finita! Adesso so cosa devo fare. E ti avverto, per quella misericordia che mi hai dimostrato liberandomi dalla tomba dove sarei morto: non cercare più la tua cella né il Teatro dei Vampiri. Non ti avvicinare’.

«Non aspettai di udire la sua risposta. Forse non provò neppure a rispondere. Lo lasciai senza voltarmi indietro. Se mi seguì, non me ne accorsi. Non cercavo di saperlo. Non me ne importava.

«Mi stavo ritirando verso il cimitero di Montmartre. Perché quel posto, non sapevo, so solo che non era lontano dal Boulevard des Capucines, e Montmartre allora era una zona di campagna, buia e tranquilla in confronto alla metropoli. Vagando qua e là tra le basse case con i loro orti, uccisi senza ombra di soddisfazione e infine mi cercai nel cimitero la bara in cui dovevo riposare durante il giorno. Con le mani nude grattai via i resti e mi distesi su un giaciglio di sudiciume, di umido e di fetore di morte. Non posso dire che ciò mi abbia dato conforto. Mi diede ciò che desideravo. Avviluppato in quell’oscurità, con l’odore della terra, lontano da ogni forma umana vivente, mi abbandonai completamente a tutto ciò che invadeva e soffocava i miei sensi. E mi consegnai totalmente al mio dolore.

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