Anne Rice - Intervista col vampiro

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Intervista col vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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In una stanza d’albergo Louis racconta la sua vita ad un esterrefatto giornalista, la lunghissima, estenuante vita di un vampiro. Duecento anni assieme al suo maestro Lestat ed alla piccola Claudia, duecento anni in giro per il mondo, nascondendosi dalla luce e succhiando sangue…

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«Non sapevo dove ci trovavamo in quel momento, ma nei miei vagabondaggi ero già passato di lì: una strada di antichi palazzi, di muri, di giardini e passaggi per le carrozze, torri e finestre impiombate sotto arcate di pietra. Case di altri secoli, alberi nodosi, quell’improvvisa tranquillità densa e silenziosa che significa che le folle sono chiuse fuori; un pugno di mortali abita questa vasta regione di stanze dagli alti soffitti; la pietra assorbe il suono dei respiri, lo spazio di intere vite.

«Ora Armami era in cima a un muro con un braccio appeso al ramo sporgente d’un albero, e l’altra mano protesa per prendermi; in un attimo fui accanto a lui, il fogliame bagnato mi sfiorava il viso. Sopra di me vidi un piano dopo l’altro salire in una torre solitaria, che a stento emergeva dalla scura pioggia. ‘Ascoltami; noi scaleremo quella torre’ diceva Armand.

«‘Non posso… è impossibile…!’

«‘Non hai neppure idea di quali siano i tuoi poteri. Puoi salire tranquillamente. Ricorda, se cadrai non ti ferirai. Fa’ come me. Ma sappi questo. Gli abitanti di questa casa mi conoscono da cent’anni e mi credono uno spirito; così, se ti dovessero vedere o tu li vedessi attraverso quelle finestre, ricorda che cosa credono che tu sia e non far mostra di averli notati per non deluderli o confonderli. Hai capito? Non corri alcun rischio’.

«Non sapevo bene che cosa mi spaventasse di più, se la scalata o l’idea di essere scambiato per uno spettro; ma non avevo tempo per abbandonarmi a oziosi sofismi. Armand aveva iniziato a salire, i suoi piedi trovavano le fessure tra le pietre, le sue mani erano salde come artigli nelle crepe; e io dietro di lui, rasente al muro, senza osare guardar giù, aggrappandomi per un attimo allo spesso arco intagliato di una finestra, intravedendo all’interno, al di sopra delle lingue d’un fuoco, una spalla scura, una mano che manovrava l’attizzatoio, una figura che si muoveva, ignorando d’essere osservata. Sparita. Ci arrampicavamo sempre più in alto, finché raggiungemmo la finestra della torre stessa, che Armand rapido spalancò. Le sue lunghe gambe sparirono sopra al davanzale; salii dopo di lui, sentendo il suo braccio cingermi le spalle.

«Sospirai mio malgrado, non appena mi trovai nella stanza, e mi massaggiai la parte posteriore delle braccia, esplorando con lo sguardo quel luogo strano e umido. I tetti scintillavano argentei sotto di noi, torrette spuntavano qua e là attraverso le cime gigantesche, fruscianti degli alberi; e lontano lontano brillava la catena spezzata di un boulevard illuminato. La stanza sembrava umida quanto la notte all’esterno. Armand stava facendo un fuoco.

«Da una pila ammuffita di mobili raccoglieva delle sedie, le rompeva agevolmente nonostante lo spessore dei loro pioli. C’era qualcosa di grottesco in lui, acuito dalla sua grazia e dalla calma imperturbabile del suo viso. Stava facendo quello che qualunque vampiro poteva fare, spezzava quei grossi pezzi di legno fino a ridurli in schegge, ma anche quello che solo un vampiro poteva fare. E non sembrava esservi nulla di umano in lui; persino i bei lineamenti e i capelli ramati diventavano gli attributi di un angelo terribile che aveva in comune con noi soltanto una somiglianza superficiale. Quella giacca era un miraggio. E sebbene mi sentissi attirato da lui, forse più di quanto fossi mai stato attirato da qualunque altra creatura tranne Claudia, Armand mi turbava in modi diversi, che assomigliavano alla paura. Non mi sorprese il fatto che, quando ebbe finito, mi apprestasse una pesante poltrona di quercia, ma che si ritirasse presso la mensola di marmo del caminetto a scaldarsi le mani sul fuoco, che gli gettava sul viso delle ombre rosse.

«‘Sento gli abitanti della casa’ gli dissi. Il calore era gradevole. Sentivo la pelle dei miei stivali asciugarsi, il tepore nelle mie dita.

«‘Allora sai che li sento anch’io’ rispose piano; e sebbene non vi fosse ombra di rimprovero nella sua voce, mi resi conto delle implicazioni delle mie parole.

«‘E se vengono?’ insistetti, studiandolo.

«‘Non capisci dal mio comportamento che non verranno?’ mi domandò. ‘Potremmo restare seduti qui tutta la notte senza mai parlare di loro. Ci tengo che tu sappia che se parliamo di loro è perché sei tu a volerlo’. Non risposi, e forse assunsi un’aria un poco sconfitta, allora Armand mi spiegò con dolcezza che molti anni prima avevano chiuso ermeticamente quella torre e l’avevano lasciata indisturbata; se pure avessero visto il fumo salire dal camino o la luce nella finestra, nessuno di loro si sarebbe avventurato lassù fino al giorno dopo.

«Vidi che c’erano molti scaffali di libri su un lato del caminetto, e uno scrittoio. I fogli sullo scrittoio erano avvizziti, ma c’era un calamaio e parecchie penne. Immaginavo che la stanza poteva essere un luogo molto accogliente quando non c’era il temporale, come in quel momento, o dopo che il fuoco aveva asciugato l’aria.

«‘Vedi’ disse Armand, ‘tu non hai alcun bisogno delle stanze che occupi all’albergo. In realtà quello che ti occorre è ben poco. Ma ciascuno di noi deve decidere che cosa vuole. Presso la gente di questa casa io sono famoso; gli incontri con me danno luogo a chiacchiere per vent’anni. Sono solo istanti isolati del mio tempo che non significano nulla. Non possono farmi del male, e io uso la loro casa per restare solo. Nessuno del Teatro dei Vampiri sa che vengo qui. È un mio segreto’.

«Ero stato a guardarlo parlare, e i pensieri che mi erano passati per la testa nella cella del teatro si ripresentarono. I vampiri non invecchiano, e io mi domandavo quanto il suo viso e le sue maniere giovanili di oggi potessero essere diversi da un secolo prima; perché il suo viso, seppur non segnato dalle lezioni della maturità, non era sicuramente una maschera. Era potentemente espressivo, come la sua voce discreta, ma non riuscivo a stabilire esattamente perché. Sapevo solo che ero violentemente attratto da lui; e in una certa misura le parole che ora gli dicevo erano un sotterfugio. ‘Ma che cosa ti trattiene al Teatro dei Vampiri?’ domandai.

«‘Un bisogno, naturalmente. Ma ho trovato ciò di cui ho bisogno’ rispose. ‘Perché mi sfuggi?’

«‘Non è vero’ risposi cercando di nascondere l’agitazione che queste parole produssero in me. ‘Io devo proteggere Claudia, che non ha nessun altro all’infuori di me. O perlomeno, non aveva nessun altro finché…’

«‘Finché Madeleine non è venuta a vivere con voi…’

«‘Sì…’

«‘Ma ora Claudia ti ha lasciato libero, eppure tu continui a stare con lei, resti legato a lei come alla tua amante’ continuò.

«‘No, non è affatto una mia amante; tu non capisci’ replicai. ‘Semmai è mia figlia, e non so se può lasciarmi libero…’ Erano pensieri su cui avevo riflettuto varie volte. ‘Non so se un figlio ha il potere di lasciar libero il genitore. Non so se non sarò legato a lei finché…’

«Mi fermai. Stavo per dire ‘finché morte non ci separi’. Ma mi resi conto che era un vuoto stereotipo mortale. Claudia sarebbe vissuta per sempre, come me. Ma non era lo stesso anche per i padri mortali? Le loro figlie vivono per sempre perché quei padri muoiono prima. Ero confuso; ma sempre conscio di come Armand ascoltava; lui ascoltava come noi sogniamo che gli altri ci ascoltino, pareva riflettere su tutto quel che dicevo. Non si precipitava a impossessarsi d’ogni mia minima pausa, a pretendere di aver capito i miei pensieri prima che finissi di esporli, o a ribattere seguendo un impulso immediato, irresistibile — tutte cose che rendono spesso impossibile il dialogo.

«Dopo un lungo intervallo Armand mi disse: ‘Io ti voglio. Ti voglio più d’ogni altra cosa al mondo’.

«Per un attimo non credetti alle mie orecchie. Mi pareva incredibile. Ne fui irreparabilmente disarmato, l’inesprimibile visione della nostra convivenza dilagò nella mia mente e cancellò ogni altra considerazione.

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