Anne Rice - Intervista col vampiro
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- Название:Intervista col vampiro
- Автор:
- Издательство:Salani
- Жанр:
- Год:1977
- Город:Firenze
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«Gli strinsi forte la mano, sperando che potesse bastare come risposta, ma lui insisteva ancora. ‘Hai tutto per vivere, ma sei freddo e brutale com’ero io allora, quando c’era sempre da lavorare, freddo e fame. Lestat, ricordati, tu eri il più fine di tutti loro! Dio mi perdonerà se tu mi perdoni’.
«In quel momento, Lestat varcò la soglia. Gesticolai per farlo stare zitto, ma non mi vide. Allora mi alzai in fretta, in modo che il padre da lontano non potesse udire la sua voce. Alla sua vista, gli schiavi erano scappati. ‘Ma sono là fuori, radunati nel buio. Li sento’ disse Lestat. Poi guardò il vecchio. ‘Uccidilo, Louis!’ mi implorò, con un tono di supplica che non gli avevo mai sentito prima, e che cedette subito alla collera. Fallo!’
«‘Chinati su quel cuscino e digli che gli perdoni tutto, che gli perdoni di averti portato via da scuola quando eri ragazzo! Diglielo, adesso!’
«‘Cosa?’ Lestat storse la bocca, così che il suo viso sembrò un teschio. ‘Avermi portato via da scuola!’ Alzò di scatto le mani ed emise un terribile ruggito di disperazione. ‘Che vada al diavolo! Uccidilo!’
«‘No!’ gridai. ‘Tu lo perdonerai. Oppure lo ucciderai tu stesso. Avanti. Uccidi tuo padre’.
«Il vecchio implorava che gli dicessimo di che cosa stavamo parlando. Invocava: ‘Figlio, figlio’ e Lestat ballava come impazzito. Corsi alle tende di pizzo. Sentivo e vedevo gli schiavi circondare la casa di Pointe du Lac, forme tessute nelle ombre, che piano piano si avvicinavano. ‘Eri Giuseppe tra i tuoi fratelli’ diceva il vecchio. ‘Il migliore di tutti loro, ma come facevo a saperlo? Lo seppi dopo, quando te ne eri andato, quando erano passati tutti quegli anni e loro non potevano offrirmi nessun conforto, nessuna consolazione. Poi sei ritornato da me e m’hai portato via dalla fattoria, ma non eri più tu. Non era lo stesso ragazzo’.
«A questo punto presi Lestat e lo trascinai letteralmente verso il letto. Mai l’avevo visto così debole e al tempo stesso infuriato. Si liberò dalla mia stretta e s’inginocchiò accanto al cuscino, guardandomi in cagnesco. Io restai in piedi, deciso, e sussurrai: ‘Perdona!’
«‘Va tutto bene, padre. Devi riposare tranquillo. Non ho nessun rancore verso di te’ disse con voce sottile e sforzata per coprire la sua ira.
«Il vecchio si voltò sul cuscino, mormorando con sollievo qualcosa di impercettibile, ma Lestat se n’era già andato. S’arrestò bruscamente nel vano della porta, con le mani sulle orecchie. ‘Stanno arrivando!’ sussurrò; poi, voltandosi appena, tanto da riuscire a vedermi, mi intimò: ‘Fallo fuori. Per amor di Dio !’
«Il vecchio non seppe mai cosa accadde. Non si svegliò mai dal suo stordimento. Lo dissanguai giusto quel che bastava, aprendogli l’incisione in modo che morisse, senza soddisfare la mia oscura passione. Quel pensiero non potevo sopportarlo. Ora sapevo che non aveva alcuna importanza che il corpo venisse ritrovato in queste condizioni, perché ne avevo avuto abbastanza di Pointe du Lac e di Lestat e di quel ruolo di ricco possidente. Avrei incendiato la casa e avrei attinto alle molte ricchezze che possedevo sotto falsi nomi, accumulate in previsione di un simile momento.
«Frattanto, Lestat inseguiva gli schiavi. Lasciava dietro di sé tanta rovina e tanta morte che nessuno sarebbe rimasto per raccontare di quella notte a Pointe du Lac; e io lo seguivo. Prima d’allora, la sua ferocia era sempre stata misteriosa, ma ora scopriva le mie zanne dinnanzi agli uomini che fuggivano; il mio avanzare costante superava la loro corsa maldestra, patetica, e su di loro calava il velo della morte, o il velo della follia. Di fronte alla prova incontestabile dell’esistenza e del potere del vampiro, gli schiavi si dispersero in tutte le direzioni. E fui io a tornare di corsa su per le scale e a gettare la torcia nella casa di Pointe du Lac.
«Lestat mi fu subito dietro. ‘Cosa fai!’ gridò. ‘Sei pazzo!’ Ma non c’era modo di spegnere le fiamme. ‘Se ne sono andati e tu distruggi la casa, distruggi tutto!’ Girava senza posa per il sontuoso salotto, in mezzo al suo fragile splendore. ‘Porta fuori la tua bara. Hai tre ore prima dell’alba!’ gli dissi. La casa era una pira funeraria».
«Il fuoco avrebbe potuto farvi male?» chiese il ragazzo.
«Altroché!» fece il vampiro.
«Ritornò alla cappella? Era sicura?»
«Per niente. Una cinquantina di schiavi era dispersa per i campi. Molti di loro non avrebbero mai fatto la vita dei fuggiaschi e sicuramente sarebbero andati subito a Frenière o verso sud alla piantagione Beau Jardin, più a valle. Non avevo alcuna intenzione di restare là quella notte; ma c’era poco tempo per andare in qualsiasi altro posto».
«Quella donna, Babette!» esclamò il ragazzo.
Il vampiro sorrise. «Sì, andai da Babette. Ora viveva a Frenière col suo giovane marito. Mi restava abbastanza tempo per caricare la bara nella carrozza e andare da lei».
«E Lestat?»
Il vampiro sospirò. «Lestat venne con me. Intendeva proseguire per New Orleans, e cercava di persuadermi a fare lo stesso; ma quando vide che intendevo nascondermi a Frenière, anche lui optò per quella soluzione: probabilmente non ce l’avremmo mai fatta a raggiungere New Orleans. Cominciava a far chiaro, non tanto da essere percettibile agli occhi dei mortali, ma io e Lestat lo vedevamo.
«Ora, per quanto riguarda Babette, ero andato un’altra volta a farle visita. Come ti dissi, aveva scandalizzato la costa rimanendo da sola nella piantagione senza un uomo in casa, senza neanche una donna più anziana. Il maggior problema di Babette era che rischiava di raggiungere il successo finanziario solo nell’isolamento dell’ostracismo sociale. Per la sua sensibilità la ricchezza in sé non voleva dire nulla; una famiglia, dei discendenti… questo significava qualcosa per Babette. Sebbene fosse in grado di tenere insieme la piantagione, lo scandalo la stava logorando. Stava cedendo interiormente. L’avvicinai una notte nel giardino. Impedendole di guardarmi, le dissi nel tono più garbato che ero la stessa persona che aveva visto l’altra volta, che sapevo della sua vita e della sua sofferenza. ‘Non aspettatevi che la gente lo capisca’ le dissi. ‘Sono degli stupidi. Vorrebbero che vi ritiraste a causa della morte di vostro fratello. Vorrebbero usare la vostra vita come se fosse olio per la lampada della rispettabilità. Dovete sfidarli, ma con purezza e fiducia in voi’. Stette ad ascoltare tutto il tempo in silenzio. Le dissi che doveva dare un ballo per una causa, che doveva essere religiosa. Che scegliesse un convento di New Orleans, uno qualunque, e vi organizzasse un ballo filantropico. Avrebbe invitato gli amici più cari della madre morta e si sarebbe comportata con perfetta sicurezza di sé. Fiducia e purezza erano essenziali.
«Babette trovò che era un colpo di genio. ‘Non so cosa siate, e comunque non me lo direste’ disse (era vero, non l’avrei fatto). ‘Ma posso solo pensare che siate un angelo’. E mi pregò di lasciarle vedere il mio viso. Cioè, mi pregò come può pregare la gente come Babette, che non è veramente portata a chiedere qualcosa a qualcuno. Non che Babette fosse orgogliosa. Era semplicemente forte e onesta, il che nella maggior parte dei casi fa sì che chiedere… Vedo che vuoi farmi una domanda». Il vampiro si fermò.
«Oh, no» disse il ragazzo, che aveva sperato di tenerla per sé.
«Ma non devi aver paura di chiedermi qualunque cosa. Se ci fosse qualcosa di troppo privato…» quando disse queste parole, il suo volto si oscurò per un attimo. Si aggrondò, e come le sopracciglia si avvicinarono l’una all’altra, sulla fronte, sopra all’occhio sinistro, apparve una minuscola fossa, come se qualcuno ve l’avesse impressa con un dito. Gli dava una bizzarra espressione di profondo turbamento. «Se ci fosse qualcosa di tanto privato che tu non lo possa chiedere, non ne avrei mai parlato».
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