Anne Rice - Intervista col vampiro
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- Название:Intervista col vampiro
- Автор:
- Издательство:Salani
- Жанр:
- Год:1977
- Город:Firenze
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«Ma verso tutto questo lei non provava un senso di distacco, di lontananza?»
«Be’…» sospirò il vampiro. «Sì. Ma anche un’ira tremenda. Volersi saziare della vita di un’intera famiglia era per me la dimostrazione suprema dell’indifferenza e del disprezzo totale che Lestat aveva verso tutto ciò che avrebbe dovuto vedere con la profondità d’un vampiro. Così lo tenevo nel buio, e lui mi sputava addosso e mi copriva d’insulti intanto che il giovane Frenière prese lo spadino dal suo amico e padrino e uscì sull’erba umida e viscida per incontrare il suo avversario. Ci fu una breve conversazione, poi il duello incominciò. Pochi secondi, ed era finito. Frenière aveva ferito a morte l’avversario con un agile colpo al petto. Il giovane spagnolo stava in ginocchio sull’erba, sanguinante, moribondo, urlando qualcosa d’incomprensibile a Frenière. Il vincitore rimase immobile, in piedi. Tutti ebbero modo di constatare che non c’era alcuna dolcezza nella vittoria. Frenière guardava la morte come un abominio. I suoi compagni avanzarono con le lanterne, esortandolo a venir via il più presto possibile e lasciare il moribondo ai suoi amici. Nel frattempo, il ferito non permetteva a nessuno di toccarlo. Poi, come il gruppo di Frenière si voltò per andarsene, avviandosi a passi pesanti verso i cavalli, l’uomo a terra estrasse una pistola. Forse io solo potei vederlo, in quel buio pesto. In ogni caso, gridai un avvertimento a Frenière e mi lanciai verso la pistola. Non avrei potuto fare a Lestat cosa più gradita. Mentre io mi perdevo nella mia goffaggine, distraendo Frenière e lanciandomi sull’arma, Lestat, con la sua esperienza e la sua incredibile velocità, abbrancò il giovane e lo fece sparire tra i cipressi. Dubito che i suoi amici abbiano capito cosa accadde. La pistola aveva sparato, il ferito era crollato, e io correvo per quegli acquitrini semighiacciati gridando il nome di Lestat.
«Poi lo vidi. Frenière giaceva scomposto ai piedi di un cipresso, gli stivali affondati nell’acqua nera, e Lestat era ancora piegato su di lui, con una mano sulla mano che ancora reggeva la spada. Andai verso Lestat per tirarlo via, ma quella mano destra vibrò contro di me con la velocità del lampo, tanto che non la vidi, e non seppi che m’aveva colpito finché non mi ritrovai anch’io nell’acqua; naturalmente, quando mi ripresi, Frenière era bell’e morto. Lo vidi, con gli occhi chiusi e le labbra assolutamente immobili come stesse dormendo. ‘Maledetto!’ inveii contro Lestat. Poi mi mossi, perché il corpo di Frenière aveva cominciato a scivolare giù nell’acquitrino. L’acqua salì sul suo viso e lo coprì completamente. Lestat era esultante; mi ricordò che ci restava meno di un’ora per ritornare a Pointe du Lac, e giurò di vendicarsi di me. ‘Se non fosse che mi piace la vita da piantatore del Sud, ti ucciderei stanotte. Conosco un sistema’ mi minacciò. ‘Dovrei portare il tuo cavallo nelle paludi. Ti scaveresti da solo la fossa e ci creperesti asfissiato!’ E si allontanò.
«Anche dopo tutti questi anni, provo ancora per lui quella rabbia, come un liquido incandescente che mi riempie le vene. Allora seppi cosa significava per lui essere un vampiro».
«Era solo un assassino» disse il ragazzo, con una voce che rifletteva in parte l’emozione del vampiro. «Non aveva rispetto per nulla».
«No. Per lui essere un vampiro significava vendetta. Vendetta contro la vita stessa. Ogni volta che sopprimeva una vita, era una vendetta. Non c’è da meravigliarsi, allora, che non capisse niente. Le sfumature dell’esistenza di vampiro non gli erano accessibili, dal momento che era concentrato su questa mania di riscatto sulla vita mortale che aveva lasciato. Consumato dall’odio, si volgeva indietro. Consumato dall’invidia, nessuna cosa lo appagava, se non poteva toglierla agli altri; e una volta ottenutala, tornava indifferente e insoddisfatto, perché non amava quella cosa per se stessa, e si rimetteva a caccia di qualcos’altro. Vendetta cieca, sterile e spregevole.
«Ti ho parlato delle sorelle Frenière. Erano quasi le cinque e mezzo quando tornai alla loro piantagione. L’alba sarebbe arrivata subito dopo le sei, ma ero quasi a casa. Scivolai sulla veranda superiore della loro casa e le vidi tutte riunite nel salotto; non si erano neppure cambiate per andare a dormire. Le candele bruciavano basse, e le cinque donne sedevano già come in lutto, attendendo la notizia. Erano tutte vestite di nero, nella loro abituale tenuta da casa, e nell’oscurità le nere forme dei loro abiti facevano un’unica massa con i capelli corvini, così che alla luce delle candele i loro volti avevano l’aspetto di cinque dolci, scintillanti apparizioni, ognuna a modo suo sconsolata. Solo il viso di Babette aveva un aspetto risoluto, come se avesse già deciso di assumersi la responsabilità di Frenière, qualora suo fratello fosse morto, e sul suo volto c’era la stessa espressione ch’era stata sul volto di suo fratello quand’era montato a cavallo per recarsi al duello. L’aspettava qualcosa di quasi impossibile. L’aspettava la morte finale, di cui Lestat era colpevole. Perciò feci qualcosa di molto rischioso. Mi feci mostrai lei, giocando sulla luce. Come puoi notare, il mio viso è molto bianco e ha una superficie liscia, che riflette moltissimo i raggi, piuttosto simile a quella del marmo levigato».
«Sì» annuì il ragazzo, visibilmente agitato. «È molto… bello, davvero. Mi domando se… ma cosa accadde?»
«Ti domandi se ero un bell’uomo quand’ero vivo» suggerì il vampiro. Il ragazzo accennò di sì. «Lo ero. Nulla nella mia struttura è cambiato. Solo, non avevo mai saputo di essere bello. La vita turbinava attorno a me in un vento di meschine preoccupazioni, come ho detto. Non guardavo niente, nemmeno lo specchio… anzi, meno che mai lo specchio… con occhio sgombro. Ma questo è quel che accadde. Mi avvicinai al vetro della finestra e lasciai che la luce sfiorasse il mio viso. E lo feci in un momento in cui gli occhi di Babette erano rivolti alla finestra. Poi svanii opportunamente.
«In pochi secondi tutte le sorelle seppero che era stata vista una ‘strana creatura’, una creatura simile a uno spettro, e le due schiave si rifiutarono categoricamente di uscire a controllare. Io intanto aspettavo impaziente che si verificasse ciò che volevo: infine Babette prese un candelabro da un tavolo, accese le candele e, superando la paura di tutti gli altri, s’avventurò da sola sulla fredda veranda per vedere cosa c’era, mentre le sorelle volteggiavano sulla soglia come grandi uccelli neri, e una di loro gridava che il fratello era morto e che quello che lei aveva visto era il suo spettro. Naturalmente Babette, forte com’era, non attribuiva mai ciò che vedeva alla sua immaginazione o agli spettri. Aspettai che arrivasse in fondo alla veranda prima di parlarle, e anche allora lasciai che vedesse soltanto il vago profilo del mio corpo accanto a una colonna. ‘Dite alle vostre sorelle di andare via’ le sussurrai. ‘Vengo a parlarvi di vostro fratello. Fate come dico’. Stette immobile per un istante, poi si volse verso di me e si sforzò di distinguermi nell’oscurità. ‘Ho solo poco tempo a disposizione; non vi farei del male per nulla al mondo’ le dissi. E lei obbedì. Dicendo che non era niente, ordinò alle sorelle di chiudere la porta, e loro eseguirono, come chi non solo ha bisogno di un capo, ma non chiede di meglio che obbedire. Poi entrai nella luce delle candele di Babette».
Gli occhi del ragazzo erano spalancati. Si portò la mano alle labbra. «Aveva lo stesso aspetto per lei… che ha per me?»
«Lo chiedi con una tale innocenza… Sì, credo di sì, certo. Però al lume di candela ho sempre avuto un aspetto meno soprannaturale. E del resto con lei non finsi affatto d’essere una creatura normale. ‘Mi restano pochi minuti’ le dissi immediatamente. ‘Ma ciò che devo dirvi è della massima importanza. Vostro fratello si è battuto coraggiosamente e ha vinto il duello — ma aspettate. È morto. La morte è stata con lui come un ladro della notte contro cui nulla hanno potuto la sua bontà o il suo coraggio. Ma non è la sola cosa di cui voglio parlarvi. Voi potete governare la piantagione e potete salvarla. Quel che dovete fare è non permettere a nessuno di convincervi a fare altrimenti. Assumete questa posizione a dispetto di ogni protesta, di ogni appello alle convenzioni, alla decenza o al buon senso. Non date ascolto a nulla. Qui adesso c’è la stessa terra che c’era qui ieri mattina quando vostro fratello dormiva di sopra. Nulla è cambiato. Prendete il suo posto. Se non lo fate, la terra è perduta, e così la famiglia. Sareste cinque donne condannate ad avere la metà o meno ancora di quanto la vita potrebbe darvi. Imparate ciò che dovete sapere. Non fermatevi di fronte a nulla finché non avrete le risposte. E se vi capitasse di vacillare, per farvi coraggio ricordate questa mia visita. Prendete in mano le redini della vostra vita: vostro fratello è morto’».
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