Anne Rice - Intervista col vampiro

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Intervista col vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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In una stanza d’albergo Louis racconta la sua vita ad un esterrefatto giornalista, la lunghissima, estenuante vita di un vampiro. Duecento anni assieme al suo maestro Lestat ed alla piccola Claudia, duecento anni in giro per il mondo, nascondendosi dalla luce e succhiando sangue…

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«Un posto notevole, se non altro perché tutta la gente che per una qualsiasi ragione vi passava lasciava dietro di sé qualche monumento, qualche struttura di marmo, mattone o pietra oggi ancora in piedi; infatti anche quando sparirono le lampade a gas e arrivarono gli aeroplani e i palazzi degli uffici affollarono gli isolati di Canal Street, rimase un tocco indelebile di bellezza e di fascino esotico; forse non in tutte le strade, ma ancora in tante che per me il paesaggio resta quello di allora, e se adesso vago sotto le stelle per le strade del quartiere francese o del Garden District, ritorno a quell’epoca. Suppongo che questa sia la natura dei monumenti. Sia che si tratti d’una casetta o d’una villa con le colonne corinzie e i fregi di ferro battuto. Un monumento non ti dice che questo o quell’altro uomo è passato di lì, ma che ciò che ha provato in un punto del tempo e dello spazio continua. La luna che illuminava allora New Orleans sorge ancora. Finché saranno in piedi quei monumenti, essa sorgerà ancora. Questa sensazione, almeno qua… e là… resta identica».

Il vampiro era visibilmente triste. Sospirò, come se dubitasse di quanto aveva appena detto. «Cosa stavo dicendo?» domandò improvvisamente come chi è un po’ stanco. «Ah, già, i soldi. Lestat e io dovevamo far soldi. Ti stavo dicendo che lui aveva una certa abilità nel rubare. Ma l’importante era investire bene dopo. Ma sto correndo troppo. Io uccidevo animali. Su questo tornerò tra un momento. Lestat uccideva solo esseri umani, talvolta due o tre per notte, talvolta di più. Beveva da uno quel tanto che bastava a soddisfare una sete momentanea, poi ne prendeva un altro. Migliore era la vittima, più ci godeva, com’era solito dire nel suo modo volgare. Per aprire la serata, quel che preferiva era una fresca ragazzina; ma la cosa che lo appagava di più era un ragazzo. Per uno della tua età sarebbe impazzito».

«Per me?» disse in un soffio il ragazzo. Stava appoggiato in avanti, sui gomiti, per scrutare gli occhi del vampiro; poi si raddrizzò.

«Sì» continuò il vampiro, come se non avesse notato il cambiamento d’espressione del ragazzo. «Vedi, i ragazzi rappresentavano per Lestat la perdita più grande, proprio perché sono sulla soglia della massima possibilità di vita. Naturalmente, Lestat non ci arrivava da solo: fui io a capirlo. Lestat non capiva niente.

«Ti farò un esempio di quel che piaceva a Lestat. Dopo di noi, verso la sorgente del fiume, c’era la piantagione Frenière, una splendida distesa di terra che aveva grandi possibilità di rendere con lo zucchero, subito dopo che fu inventato il processo di raffinazione. Immagino tu sappia che in Louisiana si raffinava lo zucchero. C’è qualcosa di perfetto e d’ironico nel fatto che questa terra che amavo produceva zucchero raffinato. Lo dico con più tristezza di quanto tu possa capire, credo. Questo zucchero raffinato è veleno. Era come l’essenza della vita di New Orleans, così dolce da essere fatale, così inebriante da far dimenticare tutti gli altri valori… Ma come dicevo, dopo di noi verso la sorgente del fiume vivevano i Frenière, una grande e antica famiglia francese che aveva messo al mondo in quella generazione cinque ragazze e un giovanotto. Ora, tre delle giovani donne erano destinate a non maritarsi, ma due erano ancora abbastanza giovani; e tutte dipendevano dal giovanotto. Lui doveva amministrare la piantagione come avevo fatto io per mia madre e mia sorella; lui doveva negoziare matrimoni, mettere insieme le doti quando l’intera fortuna di quel posto si reggeva precariamente sul raccolto di zucchero dell’anno dopo; lui doveva contrattare, lottare, insomma tener lontano da Frenière il mondo materiale. Lestat decise che lo voleva. E quando il destino stesso quasi lo beffò, uscì di senno. Corse seri pericoli per avere il ragazzo Frenière, che era stato coinvolto in un duello. Aveva insultato a un ballo un giovane creolo spagnolo; niente di serio, in realtà, ma, come la maggior parte dei giovani creoli, questo era disposto a morire per niente. Entrambi erano disposti a morire per niente. Casa Frenière era in tumulto. Naturalmente, Lestat lo sapeva benissimo. Tutti e due avevamo battuto la piantagione Frenière, Lestat a caccia di schiavi e di ladri di polli, io di animali».

«Lei uccideva solo animali?»

«Sì. Poi ti spiegherò. Stavo dicendo che frequentavamo entrambi la piantagione, dove io indulgevo a uno dei massimi piaceri dei vampiri: osservare la gente senza essere visti. Conoscevo le sorelle Frenière come conoscevo gli splendidi rosai attorno alla cappella di mio fratello. Erano delle donne straordinarie. Ciascuna a suo modo era intelligente come il fratello; e una di loro, che chiamerò Babette, non solo intelligente, ma anche molto più saggia di lui. Tuttavia a nessuna di loro era stato insegnato come occuparsi della piantagione, nessuna aveva un’idea delle più elementari questioni finanziarie. Tutte dipendevano completamente dal giovane Frenière, e ne erano ben consapevoli. Quindi, sotto quel sublime amore per lui, quella convinzione appassionata che fosse lui a tenere la luna in cielo, e che qualunque amore coniugale sarebbe stato solo un pallido riflesso di quell’amore, c’era una disperazione forte come la volontà di sopravvivere. Se Frenière fosse morto nel duello, la piantagione sarebbe finita. La sua fragile economia, il tenore di vita lussuoso, invariabilmente fondato sull’ipoteca del raccolto dell’anno successivo, era nelle sue mani. Immagina quindi il panico e l’infelicità della famiglia Frenière la notte in cui il figlio andò in città per affrontare il duello stabilito. E immagina Lestat, che digrignava i denti come un diavolo da operetta perché non poteva uccidere il giovane Frenière».

«Mi sta dicendo che lei provava…compassione per le donne Frenière?»

«Sì, assolutamente» disse il vampiro. «La loro condizione era disperata. Anche il ragazzo mi faceva compassione. Quella notte si chiuse nello studio del padre e stese il testamento. Sapeva perfettamente che se alle quattro del mattino dopo fosse caduto sotto i colpi della spadina, la sua famiglia sarebbe caduta con lui. Deplorava la sua situazione, eppure non poteva fare nulla per evitarla. Sottrarsi al duello non solo avrebbe significato la rovina sociale, ma probabilmente sarebbe stato impossibile. L’altro giovane l’avrebbe perseguitato fino a costringerlo a battersi. A mezzanotte, lasciando la piantagione, guardava in faccia la morte con l’animo di chi, avendo solo una strada da percorrere, si è coraggiosamente risolto a seguirla. Avrebbe ucciso il ragazzo spagnolo o sarebbe morto: l’esito non era prevedibile, nonostante la sua abilità. Il suo viso rifletteva una profondità di sentimenti e una consapevolezza che non avevo mai trovato sul volto delle vittime di Lestat. Fu la mia prima battaglia con Lestat. Erano mesi che gli impedivo di uccidere il ragazzo, e adesso intendeva farlo prima che lo facesse lo spagnolo.

«Eravamo a cavallo, lanciati dietro al giovane Frenière alla volta di New Orleans, Lestat deciso a superarlo, io deciso a superare Lestat. Come ti dicevo, il duello era fissato per le quattro del mattino, al margine della palude appena fuori della porta nord della città. Arrivandoci appena prima delle quattro, avevamo poco tempo per far ritorno a Pointe du Lac, il che significava che le nostre stesse vite erano in pericolo. Covavo un’ira senza precedenti nei confronti di Lestat, e lui era deciso a prendersi il ragazzo. ‘Lascialo al suo destino’ insistetti, afferrando Lestat prima che potesse avvicinarsi a Frenière. Era pieno inverno, nelle paludi faceva un freddo intenso e umido e raffiche di gelida pioggia spazzavano la radura in cui si doveva tenere il duello. Naturalmente, io non temevo questi elementi come potresti temerli tu; non mi facevano intirizzire né mi minacciavano con brividi o malattie da mortali. Ma i vampiri sentono il freddo quanto gli esseri umani, e spesso il sangue della preda è un potente e sensuale lenimento. Quel che mi preoccupava quel mattino, però, non era il malessere che provavo, ma la perfetta cappa di oscurità creata da questi elementi, che rendeva Frenière estremamente vulnerabile all’aggressione di Lestat. Bastava solo che s’allontanasse dai suoi due amici e s’incamminasse nella palude che Lestat avrebbe potuto assalirlo. Così lottai con Lestat, riuscendo a trattenerlo».

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