— Cathy?
— Cosa?
— Resta con me. Quanto manca all’alba?
— Non lo so.
— Cosa facciamo adesso?
— Quando sorgerà il sole torneremo indietro, alla casa.
— E poi?
— Poi non lo so.
Le cinque persone che lentamente scendevano il sentiero del Bright Angel avevano lasciato dietro di loro la fine del Ventesimo secolo e la sua folla di turisti. Strangeway e i suoi quattro compagni si muovevano adesso in un canyon molto più piccolo e molto più giovane, tra la flora e la fauna presenti sulla Terra un milione di anni prima della loro nascita.
Era ancora giorno nel Canyon Profondo, un giorno tetro e rannuvolato. Tuttavia vi era abbastanza luce da rendersi conto con sufficiente anticipo dell’approssimarsi tra i cespugli e le rocce di uno splendido incubo ruggente. Mirando per uccidere, Joe mandò una pallottola abbastanza vicina alla tigre dai denti a sciabola da metterla in fuga prima che potesse diventare una seria minaccia.
Studiando il panorama con cauta attenzione, si rese quindi conto di un animale molto simile al lupo, e tuttavia decisamente diverso da qualsiasi lupo avesse mai visto, che osservava la scena con attenzione da una qualche distanza.
— E quello cos’è? — domandò John indicando un’altra direzione. — Ehi ragazzi, ho visto un mammuth!
— Già, era proprio un mammuth — confermò la voce di Bill. — Avete visto quelle zanne? Sembravano due vanghe!
Il gruppo si strinse attorno a Joe, pronto a far fuoco con la grossa pistola. La marcia continuò, con Strangeway alla guida del drappello che non sembrava prestare la minima attenzione a faccende tanto concrete quanto l’assalto di una tigre affamata. Per lui si trattava di semplici animali, per i quali non valeva certamente la pena di preoccuparsi. Sarah camminava accanto a lui appoggiandosi al suo braccio e sempre più spesso il vampiro doveva sollevarla e trasportarla sul terreno accidentato, cosa che faceva con la massima facilità.
Sarah parlava poco e tradiva una certa stanchezza. Interveniva solo per spiegare agli altri che direzione prendere; per il resto taceva.
Finalmente trovarono la casa. Dovettero però arrivare proprio davanti alla porta prima che Cathy uscisse a salutarli.
— Mamma — disse lei guardando Sarah.
Gli occhi dell’anziana donna si riempirono di lacrime. — Una mamma vecchia e molto sciocca, Cathy. Potrai mai perdonarmi, figlia mia? Per tutta una vita ho cercato di nasconderti, di proteggerti, di salvarti… e forse non ve n’era affatto bisogno!
— Dov’è Tyrrel? — domandò Strangeway.
— Mio padre dorme durante il giorno.
— Ah, se io posso affrontare un giorno tanto nuvoloso lo potrà anche lui. Dove riposa?
La giovane donna sulla soglia di casa scosse la testa. — Non lo so.
Strangeway fece per ribattere, ma la sua reazione doveva restare solo abbozzata.
Due voci risuonarono alla distanza, provenienti dal canyon. Tutti si voltarono per vedere Maria che si avvicinava camminando tranquillamente mano nella mano con l’immagine fosforescente di Edgar Tyrrel.
— Tyrrel ha compenetrato l’entità — sussurrò Strangeway. — Può averlo deciso lui o essersi fatto sorprendere, ma la cosa per noi non cambia.
L’immagine pulsante di luce si avvicinò a loro conducendo per mano una docile Maria. Giunta abbastanza vicino, la lucente immagine dello scultore disse: — I miei omaggi Vlad Drakulya, principe di Wallachia.
— Non vengo in pace né in amicizia.
— Allora che il vostro destino sia nelle vostre mani, altezza — replicò l’immagine iniziando a tremolare e lasciando la mano di Maria. E come se si fosse risvegliata da un sogno, lei si allontanò pian piano.
La voce di Tyrrel risuonò come un tuono: — Vedete? Non debbo più temere i raggi del sole — proclamò. — Questo perché non sono più un nosferatu. - E con queste parole scomparve…
…per venire sostituito da un giovane uomo dagli occhi verdi: — Non sono più un semplice essere umano — affermò quest’altro, prima di sparire a sua volta…
…e lasciare il posto a una giovane donna dai lunghi capelli rossi, le cui labbra si muovevano, ma le cui parole non potevano venire udite.
Seguirono le immagini di altre figure umane dai lineamenti sfocati e l’età indefinibile, sicché nessuno poté dire quale fosse il loro aspetto in vita.
Poi, giunto nuovamente il suo momento in quel ciclo, l’immagine di Tyrrel ricomparve dicendo: — È la vita del nostro pianeta quella che vi danza davanti, principe di Wallachia. È stato folle da parte mia pensare di poterne mai catturare l’essenza, di poterla imprigionare in immagini scolpite.
La voce di Drakulya risuonò sopra ogni cosa. — Tyrrel, se hai ancora abbastanza cervello da capirmi ascolta le mie parole. Ciò che hai fatto è pura follia. La follia dell’artista è tollerabile, persino necessaria. Ma tu sei andato troppo oltre. Vite umane, e non solo la tua, sono state distrutte. L’offesa recata allo spirito del pianeta deve venire cancellata.
— Vite umane? — ripeté con ironia l’artista. — Cosa contano le vite umane? Cosa rappresenta qualsiasi singola vita, anche la mia o la vostra, paragonata a questo?
— Parlando da essere umano, considero la mia vita una cosa molto preziosa — replicò qualcuno.
Drakulya aveva finito di discutere. Aprendo le braccia, mormorò le antiche formule magiche apprese dai libri proibiti.
A Joe, che seguiva ogni cosa pronto a far fuoco con la pistola di Brainard, parve di udire Strangeway parlare in tedesco. Tuttavia sapeva che non era semplicemente tedesco.
Improvvisamente il terreno del Canyon Profondo prese a tremare sotto i loro piedi. Tutti avvertirono il tremendo cambiamento in corso e reagirono con grande disagio.
— Salve. Io sono Jake.
Tyrrel era scomparso di nuovo. Adesso l’entità mostrava il volto di un giovane uomo con gli occhi verdi. Si presentò una seconda volta come Jake, probabilmente il suo nome in vita, per poi cambiare ancora e diventare una donna di nome Camilla. Camilla e Jake presero a comparire in rapida successione, chiamandosi a vicenda. Le loro voci suonavano confuse e disperate.
Infine il giovane uomo, che sembrava aver recuperato una sorta di equilibrio, restò abbastanza tempo da dire: — Sono sempre io, Jake. Potremmo diventare amici, che ne dite?
Maria intanto si era unita al gruppo dei soccorritori, seguendo, come gli altri, quella folle scena con reverenziale timore. Drakulya invece sembrava l’assoluto padrone del campo: era ancora là con le braccia aperte, sempre intento a mormorare le sue formule magiche.
L’entità cominciò visibilmente a dissolversi sotto l’attacco psichico: i poteri della Terra, pensò Joe, stavano riprendendosi ciò che spettava loro. Uno dopo l’altro molti animali comparvero nella creatura di luce: Joe poté riconoscere cervi, orsi e altri animali. La sua mente si ritrasse dalle numerose forme meno familiari.
Tyrrel però non era ancora vinto. Per un’ultima volta comparve gridando qualcosa a Sarah che nessuno comprese. Poi chiamò più volte il nome di sua figlia.
Cathy sembrò non udirlo. La sua attenzione andava a qualcos’altro.
— Ho bisogno di utensili, normali utensili — gridò Drakulya a Sarah. — Dove posso trovarne?
— Nella grotta!
Giovani gambe volonterose si precipitarono verso la grotta. Giovani mani tornarono presto indietro cariche di attrezzi da minatore.
— Ehi, ma quelli sono i miei attrezzi! — strillò Jake comparendo per un attimo tra un ribollire di luci.
Drakulya afferrò un piccone.
Il principe di Wallachia colpì il terreno con il metallo dell’utensile usando tutta la sua forza. La terra tormentata si gonfiò e si contrasse. Tutti i presenti sentirono il terreno mancare sotto i piedi, mentre un grande squarcio si apriva davanti a loro mostrando un nero ammasso lavico tra due strati di roccia.
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