Il volto di suo padre sembrava cambiato: era più scuro, e mostrava cicatrici che non ricordava. Tuttavia, lei fu subito certa di chi aveva davanti.
L’uomo sulla soglia restò immobile per un lungo istante. Guardò brevemente Maria prima di fissare nuovamente Cathy con una penetrante occhiata. Nulla in volto tradiva le sue emozioni.
Poi chiese, con voce roca e profonda: — Chi siete?
Fu come se Cathy non avesse neppure udito la domanda. Guardandolo a sua volta immobile con le mani sullo schienale della sedia, ripeté: — Papà!
— Dio mio! È mai possibile? — fece l’uomo continuando a guardare Cathy e cercando, con una qualche agitazione, la sedia più vicina. Quando finalmente riuscì ad afferrarla l’avvicinò a sé e sedette con un improvviso movimento, come se le ginocchia rifiutassero di sostenerlo oltre.
Poi, lentamente chiese: — Come mi hai chiamato, ragazza?
— Tu sei mio padre. Devi esserlo. Mi ricordo di te e di questa casa — disse Cathy guardandosi attorno, per aggiungere: — Una volta anch’io vivevo qui.
— Come ti chiami? — Era una voce stanca quella che parlò, molto, molto stanca.
— Sono Cathy! Non ti ricordi di me? Io ti ricordo come se fosse ieri. Non sei cambiato. Non molto.
— Cathy! Per un attimo ti ho scambiata per Sarah… ho creduto che fosse riuscita a trovare la strada per tornare da me giovane come allora. Assomigli a tua madre in modo sorprendente, addirittura miracoloso!
D’impulso, come se quella domanda non potesse venire soffocata oltre, Cathy domandò: — Perché hai abbandonato me e la mamma?
— Abbandonato? Io?
— Lei ha dovuto lasciarmi in collegio quando avevo cinque anni. Di questo sono certa. Non avrebbe dovuto farlo se tu non ci avessi abbandonate. Ho torto forse? — inquisì Cathy, sembrando ansiosa di sentirsi dire che sì, aveva torto.
Edgar Tyrrel s’irrigidì sulla sedia. — Io l’avrei abbandonata? E tu con lei? Chi ti ha detto questo?
— Nessuno, ma sembra la cosa più logica. Ho torto? Ricordo benissimo che litigavate lassù sull’altopiano, il giorno della sepoltura di qualcuno.
L’uomo seduto sulla sedia sembrò invecchiare ogni minuto di più. Con uno strano, rantolante sospiro disse: — Quel giorno seppellimmo tua sorella. Sono… sono sorpreso che tu possa ricordarlo. — E poi, scuotendo lentamente la testa: — Dopo, tua madre mi lasciò. In qualche modo incolpò me della tragedia. E così, senza neppure avvisarmi, un giorno se ne andò portandoti con sé. Da allora non l’ho più rivista.
Dopo un intenso attimo di silenzio, Cathy chiese: — Mia madre… com’era?
— Da giovane, vuoi dire? Perché parli di lei al passato?
Cathy lo guardò sgranando gli occhi: — Perché è morta!
Il vecchio Tyrrel le ritornò l’occhiata, per poi guardarsi intorno. E come se si fosse ricordato qualcosa, balzò in piedi con un’agilità inaspettata visto il suo aspetto derelitto.
— Dov’è la tua amica? — chiese bruscamente.
A Cathy fu necessario un istante per capire. — Maria? Non lo so. Era qui un attimo fa.
Fermo in piedi, Tyrrel ascoltò i rumori della notte con grande attenzione. — Non importa — disse infine. — Non andrà lontano. Lei non importa. Tu sì — concluse, tornando con lo sguardo a Cathy.
— Papà — disse piano Cathy, lasciando finalmente andare la spalliera della sedia e muovendo verso di lui dapprima indecisa, poi con rapidi passi che terminarono in un impacciato abbraccio. Le braccia di Tyrrel, dapprima alzate come per tenerla lontano, si chiusero dolcemente su di lei.
— Tu sei mio padre — ripeté lei piangendo sulla sua spalla.
Lentamente l’abbraccio terminò, ma Tyrrel tenne sua figlia per le spalle dicendole: — Io ero il tuo padre adottivo, mia adorata Cathy. Quando ti vidi per la prima volta, avevi forse due anni. Tua sorella era appena nata. Tua madre era, oppure è, la sola donna che abbia mai amato in vita mia. Tu e tua sorella eravate i soli figli che mai potevo avere. Ecco perché ti voglio bene, Cathy. E te ne vorrò per sempre.
Seguì un lungo, commosso silenzio. Poi, gentilmente, Tyrrel aggiunse: — Dici che tua madre è morta?
— La mia vera madre? Così mi hanno detto quando avevo sei anni — spiegò Cathy con l’ombra di un sospetto nella mente. — Perché, non è vero?
Tyrrel ignorò la domanda sul momento. — Quando sei scesa dall’altopiano, in che anno? E come sei arrivata qui nel Canyon Profondo? La strada è chiusa.
— La strada è aperta invece, almeno per me — replicò Cathy con semplicità. — Un tempo ho vissuto qui e ricordo benissimo dove trovare il sentiero e come seguirlo. Sono venuta qui per cercare mio padre… e me stessa con lui.
— Ma in che anno sei partita? Dimmelo!
— Non capisco cosa vuoi dire. In che anno? Siamo nel Novantuno, quasi nel Novantadue.
— Ah — fu la breve replica di suo padre.
Muovendo verso la porta aperta e guardando fuori nella notte incombente, la ragazza gustò l’aria e l’insolita atmosfera di quel luogo con un profondo respiro. Odori strani e familiari allo stesso momento, sconosciuti dall’infanzia in poi, si fissarono nella sua memoria.
Poi disse: — Non ho mai dimenticato questo posto. È tutto come allora, solo che adesso la casa e tutto il resto sembrano molto più piccoli. Ma ogni volta che ricordavo, temevo che la mia mente stesse giocandomi brutti scherzi. Perché ci sono altre cose che non quadrano. Automobili, radio e persone vestite da anni Trenta, vecchie macchine e giocattoli. Ogni volta che simili immagini mi si affacciavano alla mente pensavo di essere semplicemente pazza.
Cathy guardò suo padre da vicino. — E c’erano altre cose persino più strane. Cose che ti ho visto fare, o almeno che ricordo di averti visto fare, e che sono impossibili per un normale essere umano.
— Mia cara bambina…
Cathy gli fece capire con un gesto che non aveva finito. — E non è solo una questione di memoria — aggiunse. — La gente mi ha mentito per tutta la vita. Io non ero certa che questo posto esistesse davvero, ma ogni volta che cercavo di parlarne, nessuno mi prestava attenzione. Mia madre mi ha abbandonata in un collegio e tu, mio padre, non mi hai mai cercato. Non è forse vero?
— Sì, è vero. Non ti ho mai cercata perché ho capito che tua madre aveva ragione a portarti via da qui.
— Perché?
— Perché questo è un posto pericoloso, Cathy, soprattutto per dei bambini.
— Adesso vivi qui da solo?
Tyrrel parve vagamente sorpreso. — Solo? Oh no, tutt’altro.
— In che anno ti ha lasciato? — chiese la ragazza.
— Chi?
Lei lo guardò sorpresa. — La mamma, naturalmente.
— Nel 1934.
Non fu necessario alcun calcolo mentale. — Nel 1934? Ma è impossibile!
— Già. Eppure è proprio così.
— No! Come può… papà, tu dici che la mamma ti ha lasciato nel Trentaquattro, ma io ho solo diciassette anni. Ecco perché è impossibile.
— La mia intera vita è una questione di tempo, Cathy. Con me il tempo non scorre come al solito. E lo stesso vale per chiunque viva nel Canyon Profondo, come te. Qui il tempo scorre come le rapide di un fiume. Ricordi il fiume? Te l’ho fatto vedere tante volte.
— Il fiume! Sì, lo ricordo.
— E ricordi le rocce bianche che ti feci vedere un giorno? Ti spiegai che sono proprio quelle rocce vecchie come il pianeta a creare le grandi rapide nel flusso del tempo. Ho trascorso la mia vita intera a scolpire quelle rocce. In esse riposa lo spirito della Terra.
Ma a Cathy non interessava molto lo spirito della Terra. — Papà, devi dirmelo: tu vivevi con Sarah negli anni Trenta. Colei che ho sempre creduto mia zia è in realtà…
— Sarah Tyrrel, tua madre. Ah, ora comincio a capire.
Читать дальше