— Non c’è bisogno di pensare proprio a niente. Sai che stanotte non potrei mai lasciarti sola.
— Sì — ha mormorato. — Lo so. Non sarei sopravvissuta a questa notte da sola.
Ha lasciato correre le braccia sul mio petto, le ha incrociate sulla mia nuca. L’ho attirata a me. Il nostro è stato il bacio di due persone che si accettano in maniera completa, mente e corpo.
Elise mi è rimasta contro, sussurrando parole che le uscivano dalle labbra in un torrente colmo di calore. — Ieri, quando mi sei apparso sulla spiaggia, ho creduto di morire, di morire davvero. Non potevo parlare. Non potevo pensare. I battiti del cuore mi toglievano il respiro. Ero in preda al tormento da che avevo visto la spiaggia e avevo cominciato a pensare alla possibilità del tuo arrivo. Ero irrequieta, nervosa, irritabile. Mi mettevo a piangere e smettevo subito. In questa settimana ho versato più lacrime che in tutta la mia vita. Mi sono tuffata in un lavoro estenuante, cercando di dimenticare. Ho ucciso di lavoro la mia compagnia. Devono avere creduto che fossi impazzita. Sono sempre stata così controllata, così sicura, serena. Non questa settimana. Oh, Richard, ero diventata pazza. “Pazza”.
Le sue labbra bruciavano sotto le mie. Mi ha stretto la testa, serrando le dita sui capelli.
Poi si è staccata, ansimante. Il suo viso esprimeva paura. — È tutto chiuso dentro me. Ho il terrore di lasciarlo uscire.
— Non avere paura — le ho detto.
— Ma “ho” paura. — Si è stretta a me, disperata. — Amore, mio dolcissimo amore… “Ho” paura. Temo che possa consumarti. È così spregevole…
— Non è spregevole. È naturale. Bello e naturale. Non devi frenarti. Lascia esprimere i desideri del tuo cuore. — Le ho baciato il collo. — E del tuo corpo.
Il suo respiro ardeva sulla mia guancia. — “Dio!” — Un gemito. Era letteralmente terrorizzata. Dentro lei, qualcosa di vulcanico minacciava di eruttare, ed Elise temeva di lasciarlo uscire. Lo considerava distruttivo. — Non voglio scioccarti, Richard. E se ti ingoiasse? È così forte, così “forte”. Non ho mai permesso che qualcuno ne vedesse un solo segno. È come una fame terribile che io non ho mai soddisfatto per l’intera vita. — Mi ha carezzato le guance con mani tremanti. — Non voglio che ti inghiotta. Non voglio sembrarti repellente o…
Ho fermato le sue parole con un bacio. Lei mi si è aggrappata come se stesse per affogare. Ansimava spasmodicamente. Tremava in maniera incontrollabile, convulsa. — Lascialo uscire — le ho detto. — Non averne paura. Io non ne ho. Non è qualcosa da temere. È bello, Elise. Sei tu. Sei una donna. Lascia che quella donna abbia la sua libertà. Liberala. Slegala… e godine. “Nutriti”, Elise. Non continuare a morire di fame. Non è scioccante. Non è repellente. È meraviglioso. Un miracolo. Non trattenerlo per un altro istante. Ama, Elise. “Ama”.
È scoppiata a piangere. Mi ha fatto piacere; indicava lo sfogo, la liberazione. Ha singhiozzato stretta a me, respirando affannosamente. E io ho capito, ho sentito che tutti i suoi anni di spietata prigionia stavano per finire. Finalmente, Elise apriva la porta della segreta dove aveva imprigionato la propria natura. Avrei potuto piangere con lei, tanto profonda era la mia gioia. Le lacrime le scorrevano a torrenti sulle guance, le sue labbra tremavano, e il suo corpo, stretto al mio, sussultava.
Poi le sue labbra si sono insinuate sotto le mie, e lentamente, ma con sicurezza, hanno domandato e hanno risposto, hanno preso con onesta avidità ciò di cui avevano bisogno. Le sue mani correvano impazzite sulla mia schiena e sul collo, mi carezzavano i capelli, l’intero corpo, mi massaggiavano. Le sue dita mi scavavano la carne. Adoravo quel dolore squisito. Avrei voluto che non finisse mai. — Ti amo — mi ha sussurrato. — Ti amo. Ti amo. Ti amo. — Non riusciva a smettere di dirlo. Le parole cadevano tempestose dalle sue labbra; erano la chiave con cui stava aprendo le sale interne dei suo bisogno.
Quando l’ho raccolta da terra e trasportata in camera da letto, l’unico suono è stato il suo respiro ansimante. Era leggera, così leggera. L’ho depositata sul letto, mi sono seduto al suo fianco, ho cominciato a toglierle i pettini. Li ho estratti a uno a uno, e i capelli fulvi le sono scesi a cascata sulla schiena, sulle spalle. Lei mi ha scrutato in silenzio finché non ho tolto l’ultimo pettine e ho preso a baciarle le guance e le labbra e gli occhi e il naso e le orecchie e il collo. Intanto, scioglievo i lacci del suo vestito. Adesso, le sue spalle bianche, calde, erano nude. Le ho baciate all’infinito; poi le braccia, la nuca. Lei ha continuato a non parlare. Ansimava solo, ed emetteva piccoli gemiti imploranti con la gola.
La vista della sua pelle, quando le ho slacciato il corpetto, mi ha strappato un gemito. Lei mi ha fissato, allarmata. I miei occhi non riuscivano a staccarsi dai segni rossi sul suo corpo. — Dio, “non portare mai più quella cosa!” — ho urlato. — Non martoriare questa pelle splendida. — Con un radioso sorriso d’amore, Elise mi ha teso le braccia.
Poi ci siamo sdraiati assieme sul letto, stretti l’uno all’altra, con labbra avide. Scostandomi un poco, le ho baciato il collo, il viso, il petto e le spalle. Lei mi ha attirato ai suoi seni e io ho premuto il viso contro quel calore morbido, li ho baciati, ho preso in bocca i rosei, turgidi capezzoli. I suoi erano quasi gemiti d’agonia. Un’ondata di desiderio mi ha avviluppato. Mi sono alzato, mi sono spogliato, ho gettato gli abiti sul pavimento. Ho guardato Elise che mi aspettava coricata, senza tentare di nascondermi il suo corpo. Quando ho terminato di svestirmi, mi ha teso le braccia. — “Amami”, Richard — ha sussurrato.
Sentirmi dentro lei, sentire il suo corpo febbrile sotto il mio, sentire il suo respiro caldo sulle guance. Udire i suoi gemiti di rabbiosa passione. Sentirmi esplodere dentro di lei, vedere il suo spasmo tanto violento da darmi l’impressione che la sua schiena potesse spezzarsi in due, e le sue unghie che mi scavavano la carne, l’estasi assoluta sul suo volto quando Elise ha provato quello che era forse il primo orgasmo completo della sua vita: tutto questo era quasi superiore alle povere forze di un semplice essere umano. Ondate di tenebra sono corse in me, minacciando di Ianni perdere conoscenza. L’aria era carica di calore pulsante, d’energia.
Poi tutto si è placato. Lei era coricata al mio fianco, e piangeva sottovoce, di felicità. Sussurrava: — Grazie — all’infinito. — Grazie. Grazie.
— “Elise”. — L’ho baciata dolcemente. — Non devi ringraziarmi. Anch’io sono stato in paradiso con te.
— “Oh” — ha sussurrato lei. Era quasi un sospiro. — Sì, era il paradiso.
Ha intrecciato le braccia attorno al mio collo e mi ha guardato, con un sorriso di tenera soddisfazione sulle labbra. — Se stanotte non fossimo rimasti assieme, sarei morta, Richard. — Un singhiozzo smorzato. — Adesso che ci penso, “sono” morta. — Mi ha baciato la guancia. — Per rinascere fra le tue braccia. Reincarnata in un corpo di donna.
— Oh, “sei” una donna — le ho detto. — E che donna.
— Lo spero. — Una carezza eterea sul mio petto. — Ero così… “divorata” dalla follia che tu hai fatto esplodere in me, che non so nemmeno se sono riuscita ad accontentarti.
— Mi hai accontentato. — Ho sorriso alla sua espressione insicura. — Farò scolpire questa frase nella roccia, se vuoi.
Lei mi ha restituito il sorriso, con amore, poi si è guardata. — Sono terribilmente magra? — mi ha domandato.
Mi sono scostato a scrutare i suoi piccoli seni, lo stomaco piatto, la vita così stretta che mi aveva dato l’impressione di poterla stringere in maniera completa nella coppa delle due mani, le gambe affusolate: uno spettacolo color panna, e meraviglioso. — Terribilmente — le ho detto.
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