— No. Certo che no. Il nostro rapporto “possiede” una natura di sogno. La avverto anch’io.
Lei si è appoggiata a me con un sospiro. — Spero di non svegliarmi mai.
Le ho sorriso. — Non ci sveglieremo.
— Ho “davvero” sognato di te — mi ha confessato. — Dormendo, e da sveglia. Mi sono detta che stavo solo desiderando la realizzazione di un mio desiderio interiore, ma questo non ha fermato i sogni. Mi sono detta che era solo una reazione alla profezia di quell’indiana, alle predizioni di Marie. Anche negli ultimi giorni, quando ti attendevo coscientemente, quando mi aspettavo di vederti ogni volta che uscivo in spiaggia, mi sono ripetuta che si trattava soltanto della mia immaginazione. Ma non potevo convincermi.
— Ne sono lieto.
— Richard, cos’è questo mistero che ci ha portati a incontrarci? Vorrei sapere, e contemporaneamente non voglio. Anzi, mi sembra una follia tentare di risolvere l’enigma. Perché dovrei sapere? Cosa può essere più importante del fatto di stare con te? Cosa può contare, al di là del mio amore per te, del tuo amore per me?
Le sue parole hanno cancellato ogni ansia dalla mia mente. — Nient’altro conta, Elise. Tutto il resto può aspettare.
— Sì — ha detto lei, decisa. — Che aspetti.
Ci siamo fermati, ci siamo girati a guardarci. Ci siamo abbracciati e baciati, e null’altro aveva importanza, nel mondo intero.
Almeno sino alla fine del bacio. — No — ha detto lei, con finta severità. — Se devo diventare la signora Collier, esigo che tu sappia che persona terribile stai per sposare.
— Dimmi. — Ho tentato di assumere un tono inflessibile. — Oh, torna a parlare, radioso angelo.
Sono scoppiato a ridere, ed Elise mi ha pizzicato il braccio. — Ti conviene essere serio, giovanotto. — Scherzava, ma in sottofondo si intuiva una basilare sincerità. — Tu ti illudi di avere davanti un’esistenza deliziosa, scommetto.
— Non è così?
— “No”. — Mi ha puntato contro un indice ammonitore. — Sarai il marito di una maniaca del perfezionismo che ti porterà alla bottiglia. — Ha soffocato il sorriso divertito che minacciava di incrinare la sua serietà. — Ti rendi conto, caro signore, che ho preparato un rigido programma per il mio matrimonio, nel caso mi fossi sposata? Un “programma!” La mia mente ha elaborato ogni singolo dettaglio del matrimonio come un architetto progetta una casa. — Il sorriso malandrino si è riaffacciato. — Una casa che sarebbe crollata subito, ne sono certa, ammesso che qualcuno la costruisse.
— Continua.
— Molto bene. — Ha alzato il mento e mi ha fissato con aria austera. “Lady Barbara?” mi sono chiesto. “O magari Lady Macbeth?”
— Mi interessa molto anche il ruolo femminile nella nostra società.
— Ma non dirmelo.
Un altro pizzicotto al braccio. — Stai a sentire — ha ordinato.
— Sissignora.
— Per continuare… Non ritengo che il ruolo sociale delle donne debba essere così limitato.
— Nemmeno io.
Mi ha studiato con maggiore attenzione. — Mi prendi in giro? — Era realmente confusa.
— No.
— Stai sorridendo.
— Perché ti adoro, non perché non sono d’accordo con te.
— Davvero… — Si è interrotta.
— Cosa?
— Credi davvero che le donne dovrebbero…?
— Esigere la liberazione? Sì. Anzi, so che finiranno con ottenerla. — Finalmente, una certezza acquisita in “quell’altro tempo” aveva un certo valore.
— Oh, perbacco — ha commentato Elise.
Ho aspettato. Lei ha socchiuso gli occhi, e sul suo viso si è dipinta un’espressione di divino sospetto. Ho dovuto fare un grosso sforzo per non scoppiare a ridere. — Ma l’unico ruolo della donna è trovare un marito e obbedirgli — ha detto. Non era un’affermazione; mi stava mettendo alla prova. — L’unico ruolo della donna è riprodurre la specie. — Ha atteso. — Non è così?
— No.
Mi ha guardato in diffidente silenzio. Alla fine ha sospirato, sconfitta. — Tu sei senz’altro diverso, Richard.
— Accetto la differenza, se serve a farmi amare ancora di più da te.
La sua espressione non è cambiata. — Io “devo” amarti. — Era perplessa. — Potrei parlare con tanta franchezza solo all’uomo che amo. So che è vero.
— Bene. — Ho annuito.
— Nessuno mi ha mai realmente conosciuta — ha ripreso lei. — Nemmeno mia madre. Eppure, tu hai già letto in me in maniera tanto profonda che… — Ha scosso la testa. — Non posso crederci.
— Io ti capisco, Elise.
— Questo lo credo. — Il suo tono era esile, incredulo.
Abbiamo proseguito per un po’ in silenzio, poi ci siamo fermati a scrutare, in direzione di Punta Loma, il lampeggiare periodico del faro. Dopo qualche minuto, ho alzato la testa a guardare il cerchio argenteo della luna e la manciata di diamanti che erano le stelle. “Nulla può essere più delizioso di questo luogo”, ho pensato. “Il paradiso non ha niente di più da offrire”.
È stato come se lei mi leggesse nella mente. Si è girata, mi ha abbracciato, stringendosi a me. — Tanta felicità mi fa quasi paura — ha mormorato.
Le ho appoggiato le mani alle tempie, ho inclinato all’indietro la sua testa. C’erano lacrime nei suoi occhi. — Non devi mai più avere paura — le ho detto. Chinandomi, le ho baciato gli occhi, ho sentito le sue lacrime calde sulle labbra, le ho assaporate. — Ti amerò sempre.
Con un sospiro tremulo, si è aggrappata a me. — Dimentica quello che ti ho detto sulle donne — ha sussurrato. — No, non voglio che lo dimentichi. Ma ricorda che è solo una parte di ciò che sento e desidero. L’altra parte è quello che sento adesso, la parte che non si è mai realizzata per tanto, tanto tempo. Ho finto di non sapere cosa fosse, ma l’ho sempre saputo. — Le sue braccia si sono serrate sulla mia schiena. — Era la mia natura femminile, e non la nutrivo. Aveva “fame”, Richard.
— Adesso non più.
Girandoci, ci siamo incamminati verso l’hotel, e io ho avuto l’impressione che tutti e due sapessimo perché tornavamo. Non c’erano più parole. Passeggiavamo in silenzio, tenendoci stretti. Anche a lei batteva forte il cuore come a me? Non ne avevo idea. Sapevo solo, ed ero certo lo sapesse anche lei, che non importava più quale mistero ci avesse uniti, non importava che io fossi una sua fantasia concretizzata in carne e ossa, o che lo fosse lei per me. Come aveva detto Elise, era sufficiente essere assieme, dividere quei momenti. Perché, per quanto la mente possa parlare, arriva sempre l’istante in cui il cuore parla più forte. Adesso i nostri cuori stavano parlando, e non si poteva sfuggire ai loro ordini.
Davanti a noi, la sagoma imponente dell’hotel si stagliava contro il cielo scuro. Incredibilmente, sopra la costruzione erano sospese due nuvole bianche. Dico incredibilmente perché sembravano due teste di profilo. — Quella a sinistra sei tu — ho detto, certissimo che anche lei avesse visto le nubi, che avrebbe capito.
— Sì, sono io. Ho stelle nei capelli. — Mi ha appoggiato la testa al petto. — E quella a destra sei tu, senza dubbio.
Per tutto il resto del percorso abbiamo continuato a guardare le due gigantesche, eteree teste sopra il tetto dell’hotel: la testa di Elise, e la mia.
Raggiunta la sua stanza, senza una parola, lei ha estratto la chiave dalla borsetta e me l’ha porta. Il suo era un sorriso di pace sognante. Ho aperto, siamo entrati. Ho richiuso la porta a chiave e mi sono voltato verso di lei. Elise ha lasciato cadere a terra lo scialle e si è stretta a me. Siamo rimasti immobili, abbracciati. — Strano — ha sussurrato lei.
— Cosa, amore?
— Strano che nel consegnarti la chiave non abbia temuto di sorprenderti. Non ci ho nemmeno pensato.
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