Charles Grant - La carezza della paura

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La carezza della paura: краткое содержание, описание и аннотация

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Quale sarà la prossima vittima dello squartatore, il mostro del New Jersey? Il timido Donald Boyd, capace di parlare solo con creature immaginarie di sua invenzione, assalito dal mostro, viene salvato da uno stallone nero che da allora lo difenderà sempre, apparendo dal nulla. Per Donald è la lotta contro una nuova inspiegabile ossessione.

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Una delle zampe anteriori raspava l’erba e fiamme di smeraldo si levavano nell’aria, simili a fili verdi che si alzavano dalla cortina di nebbia e si dirigevano verso la casa.

«Non ho bevuto niente», disse Falcone a se stesso, e a voce alta. «Giuro su Dio che non ho bevuto nemmeno un goccetto. Cosa diavolo è, Joyce?»

Ma lei aveva lo sguardo fisso al soffitto, in direzione della stanza di Don: si ricordava perfettamente del poster e del cavallo che vi era raffigurato.

«È solo uno scherzo», insistette Harry, «ma non mi pare molto divertente.»

Lei guardò fuori dalla finestra e vide i muscoli dello stallone raggruppati all’altezza della groppa, vide poi le anche, e fece appena in tempo a gridare prima che lui spiccasse un salto dall’erba e passasse attraverso la finestra.

Si gettò da un lato e con la gamba andò a colpire il bracciolo della poltrona di Norman; fu investita da una pioggia di frammenti di vetro scintillanti che rimbalzarono contro il muro ricadendo sulla sua schiena e sul tappeto, schegge che risuonarono come campanelli nel freddo mortale dell’inverno. Cadendo per terra si era girata e ora vedeva lo stallone che riempiva la stanza, vedeva Falcone che si tirava indietro verso il camino, vedeva l’uomo che afferrava l’attizzatoio e lo brandiva sopra la testa.

Il cavallo si guardò attorno e la vide mentre si spingeva verso l’anticamera. Sbuffò, riempiendo la stanza di nebbia; diede un calcio con gli zoccoli posteriori e la poltrona di Norman finì in un angolo, ricadendo al suolo mentre si contorceva fra le fiamme verdastre; si girò verso Falcone che agitava l’attizzatoio sopra la testa, mancando il bersaglio e perdendo l’equilibrio a un solo passo dal camino.

Una scheggia di vetro, simile a una lama di coltello, si staccò dal soffitto.

Joyce si alzò in piedi, ma si lasciò cadere contro la scala quando vide lo stallone alzare la testa, poi abbassarla, afferrando la giacca di Harry con i suoi lunghi denti scintillanti. L’uomo lanciò un grido e cercò di colpire la bestia, ma il cavallo lo sbatteva da una parte all’altra, come se fosse stato una bambola di pezza. La nebbia si fece più fitta, i lampi verdi si intensificarono e mentre Joyce urlava salendo di corsa le scale, udì il suono inconfondibile delle ossa che si rompono, della spina dorsale che si spezza. Il corpo di Harry fu mollato e gettato contro il muro.

«Don», mormorò, mentre correva lungo il corridoio. «Don, salvami, ti prego, salvami.»

Quando si girò per correre verso la porta, il cavallo era là e la guardava con i suoi occhi verdi, mentre la nebbia saliva dal suo corpo e si infiltrava nel corpo di lei, partendo dalle caviglie e riempiendola di brividi freddi che le fecero male, che le fecero spalancare gli occhi, che rallentarono la sua andatura mentre correva a nascondersi nella sua stanza.

Sulle scale — zoccoli contro il legno, che riecheggiavano, vuoti.

Lo specchio d’acqua era calmo nonostante il vento, anche se ogni tanto una raffica penetrava attraverso i rami e increspava la superficie del laghetto, facendo danzare le foglie morte e facendone cadere altre. Dalla strada provenivano i suoni festosi legati alla vittoria riportata, ma loro non avevano nessun bisogno di festeggiare. Decisero invece di sedersi abbracciati su una panchina di legno umida, rimanendo a fissare l’acqua scura.

«Divorzio», disse Tracey, scuotendo con aria comprensiva la testa. Si era cambiata e indossava una camicia e un paio di jeans, oltre a un pullover leggero sotto la giacca della scuola. «Santo cielo, non so proprio cosa dire.»

Don tirò su con il naso parecchie volte per impedire che le lacrime scendessero, deciso a non farsi vedere piangere da Tracey. «Sai una cosa? Mi odiano.»

«Non essere stupido. Non è vero.»

«Be’, allora forse non gliene importa niente. Non c’è niente che gli interessi al di fuori di se stessi. Cristo, sai che … Non riesco ancora a crederci, ma sai che la settimana scorsa mia madre mi ha chiamato Sam?»

Tracey afferrò una delle mani di Don, abbandonata fra le ginocchia, e la strinse, nel tentativo di riscaldarla un po’.

«E io sono pazzo, Tracey.»

«Stupido.»

«No», disse in tutta onestà, girandosi verso di lei e stringendosi a lei. «No, parlo sul serio. Sono pazzo.» La zittì con un’occhiata e respirò profondamente. Era giunto il momento di farlo, ma era impossibile trovare le parole che stava cercando, allora si alzò in piedi e iniziò a camminare lungo lo specchio d’acqua. Tracey rimase a guardarlo pazientemente, mordendosi le labbra e scrollando le spalle quando il vento si alzò di nuovo.

Lui si fermò dall’altra parte del laghetto e la guardò, alzando poi gli occhi verso gli alberi e verso l’oscurità che sovrastava le foglie. «Non riesco a capire», disse, con un sorriso tremolante. «Voglio dire, anche i tuoi litigano, non è vero? Cioè, so che tipo è tuo padre e immagino che anche loro litighino, giusto? Ma allora perché non divorziano? Perché … cosa c’è che non va fra me e Brian? Perché non mi lascia in pace nemmeno per un attimo?» Il collo si irrigidì e spinse la bocca in fuori; abbassò lo sguardo e vide Tracey che lo osservava, con le mani cacciate in tasca e strette attorno allo stomaco. «Io ho fatto qualcosa, Trace», disse con dolcezza. «Ho fatto qualcosa.»

Lei si alzò in piedi e si incamminò verso di lui, che stese le braccia, quasi a voler tenere l’acqua fra di loro. «Cosa, Don? Ancora quella sciocchezza relativa all’uccisione di Tar?»

Lui annuì.

«Ma è una sciocchezza. Non sei stato tu.»

Lui annuì di nuovo e si portò una mano alla fronte, massaggiandola, poi se la passò fra i capelli. «Tu non capisci.»

«Capisco che sei sconvolto per Tar, e per Mandy, e ora per la storia dei tuoi. Questo sì che lo capisco, Don, ma tu…»

«No.»

Quella parola fu pronunciata con calma, ma ebbe l’effetto di uno schiaffo. Lei fece un passo indietro e girò la testa a causa del vento che li avvolse per un attimo in una pioggia di foglie morte.

In quel preciso momento, Don si mosse verso di lei, sperando che le estremità delle foglie lo riducessero a brandelli per poi seppellirlo e farlo morire soffocato: il giorno in cui le avessero spalate via, di lui non sarebbe rimasto altro che un mucchietto di polvere.

Si incontrarono a metà strada e lei lo abbracciò; Don decise che non le avrebbe detto più niente.

«Don?»

«Tracey, ascoltami, andiamo…»

Lei lo spinse via e lo osservò con attenzione, mentre i capelli neri le sventolavano davanti agli occhi. «Cristo», disse, «credi di essere l’unico ragazzo al mondo ad avere dei problemi? Che cosa cazzo credi di avere che ti rende così unico?»

«Tracey!»

«A te nessuno ha mai dato della puttana, vero? Con te nessuno ha mai cercato di allungare le mani solo perché facevi loro un sorriso.»

«Ehi, Tracey, ti prego, io non…»

«Sai perché i miei non divorziano? Perché mio padre è ancora più cattolico del papa, ecco perché. Perché, anche se forse è il caso, mio padre e mia madre hanno deciso di vivere insieme per il resto della loro vita anche se non si sopportano più, ma Dio proibisce anche solo che si parli di divorzio.» Mise un pugno contro la guancia e la strinse con forza. «Devo portare le gonne lunghe in modo che tu non possa vedere le mie gambe, e devo indossare i maglioni larghi perché mio padre non vuole che tu sappia che anch’io possiedo dei capezzoli.»

«Cristo, Tracey, io…»

«È come vivere in un convento, Don. Io gli voglio bene, non fraintendermi, ma ci sono momenti nei quali vorrei tanto spaccargli la testa. Quindi…» Gli puntò contro un dito, mentre la mano le tremava violentemente. «Quindi non osare venire a dirmi che sei l’unico qui attorno ad avere dei problemi, chiaro? Non provarci neppure, Donald Boyd!»

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