«A me sembra», disse, mentre si dirigeva nella stanza della TV, «che il problema sia tuo. Sei tu quella che pensa che non ti amo più, ricordi?»
«Ma…»
E restò sola, con le mani imprigionate in un asciugamano, mentre le labbra si muovevano senza emettere suoni e il suo sogno di fuggire via con Harry in qualche paradiso remoto le parve d’un tratto il sogno di una vecchia zitella.
Poi guardò l’orologio e si rese conto che stava facendo tardi. Oh, merda, pensò, gettò l’asciugamano per terra, si precipitò nell’ingresso e disse: «Io vado. Tornerò verso le undici».
«Sarò qui.»
«Parla con Don, okay?»
Alzò una mano — forse sì, forse no.
Vai al diavolo, pensò, e riuscì a mettersi dietro al volante prima di scoppiare in lacrime. Non per molto, e senza fare rumore. Solo quel tanto che bastava per provare a se stessa che era ancora in grado di farlo e che ancora le importava qualcosa nonostante i sogni a occhi aperti, nonostante Falcone. Non era facile; qualche settimana prima aveva ammesso con se stessa che non era niente per lei, nemmeno un rifugio tra le sue tempeste private. Le importava ancora meno, per essere completamente onesta, dell’avvocato che si era presa subito dopo la morte di Sam. Era stato un episodio per cercare un senso, almeno così aveva dichiarato, e così Norman aveva creduto concedendole il suo perdono; ma questa volta stava cercando qualcos’altro, qualcosa che non riusciva a definire, e cominciava a essere stanca di tentare. Probabilmente si trattava, pensò amaramente, di una donna sull’orlo della menopausa, alla ricerca della sua adolescenza in uno specchio che mentiva.
Emise una risata a quell’immagine e fece retromarcia sulla strada, andandosene con il proposito di tornare prima possibile. Forse allora avrebbero potuto parlare, tutti e tre, su quello che stava succedendo e quello che avrebbero potuto fare, e di come si amavano tutti quanti. Dovevano farlo. La domanda di Don di quella sera l’aveva dimostrato.
Qualcosa si muoveva nell’oscurità.
«Sai, mio padre mi ucciderà», disse Tracey, camminando il più velocemente possibile per non sentire il freddo che era arrivato con la sera di lunedì.
«Ma non sei in ritardo», le rispose Amanda. Aveva i capelli lunghi e neri tenuti insieme da un nastro nero, e teneva la giacca aperta nonostante i rigori della sera. «Dio, non penserai che sia il tuo guardiano o qualcosa del genere.»
«A volte pensa di esserlo», ribatté lei, con un sorriso. Amanda aggrottò le sopracciglia e scosse il capo. «È uno strazio che sia tanto vecchio stile a volte, sai? Ma … be’, ha solo paura, tutto qui. È per via dello Squartatore.»
«Per l’amor del cielo, quel pazzo con tutta probabilità si trova a mille miglia di distanza, ormai. Non può essere tanto stupido da restare qui in giro, no? Cristo, forse ha già raggiunto l’Ohio o chissà quale altro posto.» Si mise a ridere. «Con tutto il casino che hanno fatto, non sono riusciti a scoprire niente.»
«Ehi», mormorò Tracey.
«Oh, scusa», disse Amanda senza dispiacersi. Scrollò le spalle e aumentò l’andatura.
«Va bene.»
«No, dico davvero.»
Amanda tacque per un po’, poi disse: «Mi chiedo se Provetta resterà in piedi tutta la notte».
«Ancora?»
«Sì, certo. Non hai sentito Brian oggi? Ha detto che il vecchio puttaniere è stato in piedi tutta la notte a ripulire la veranda. Aveva una pila elettrica e quando è passato Brian l’ha spenta. Credo che non avesse voglia di far vedere a nessuno quello che stava facendo. Scommetto che userà un po’ di quella porcheria nel laboratorio, sai? Candeggina fatta in casa.» Si mise a ridacchiare e a mimare uno scienziato che versava una soluzione da una provetta all’altra. «Forse se n’è anche bevuta un po’. Forse crede che gli faccia rispuntare i capelli.»
«Tutta la notte, eh? Non stai scherzando?»
«Te lo giuro», rispose Amanda, avvicinandosi e abbassando la voce. «Sono contenta che non ci sia andato Fleet. Con la fortuna che ha, li avrebbero beccati, sospesi e buttati in prigione.» Tirò su con il naso e si guardò alle spalle. «Il vecchio puttaniere però deve aver capito. Ci sta addosso fin dall’inizio della scuola. Credo che non voglia farci diplomare.» Proruppe in una risata, dando una manata sulla spalla di Tracey. «Non sopporta che Fleet continui a prendere degli otto, sai? Crede che Fleet sia uno stupido solo perché gioca a football. Forse è geloso di lui, chissà?» Rise più forte e Tracey girò lo sguardo imbarazzata.
Il viale era vuoto, c’erano solo i lampioni e le ombre e non fu difficile ad Amanda sentire il rumore di passi alle loro spalle. Si voltò, ma non vide niente.
Tracey si accorse della mossa. «Sentito?» disse e si avvicinarono al bordo della strada per essere pronte a scattare dall’altra parte in caso di necessità.
«Che sciocchezza.»
«Cosa?»
«Questo», rispose Amanda, riferendosi al modo in cui cercavano di restare in bilico sul bordo. «È a chissà quante miglia di distanza.»
«Certo», disse Tracey.
«E poi gli frantumerei le palle se tentasse di farmi qualcosa.»
Tracey annuì, tastando la borsetta che teneva a tracolla. «Ho un pezzo di tubo di piombo, qui dentro. Gli spaccherei il cervello.»
«Piombo?» Amanda era impressionata. «Non stai scherzando?»
«Me lo ha fatto portare papà.»
«Be’, è naturale. È un poliziotto.»
«Non so se saprei usarlo.»
«Cosa?» Amanda si fermò, fissandola incredula. «Sei stupida, Trace. Sei… una stupida! Ma certo che sapresti come usarlo. Se ti trovi di fronte alla morte, gliela faresti vedere al bastardo.»
Tracey rifletté per un istante e poi annuì. «Credo di sì.»
Superarono un altro isolato e il freddo aumentò, acutizzando il suono dei loro passi sul marciapiede, rendendo più brillante e penetrante la luce dei lampioni.
Camminavano a braccetto.
Il viale continuava a rimanere vuoto.
«La sai una cosa?» sussurrò Amanda.
«Che cosa?»
Si guardò attorno e sollevò la testa. «Quel bastardo è uno stronzo, ecco che cosa!» disse ad alta voce.
«Uno stronzo!» urlò Tracey.
«Più stronzo della merda», fece eco Amanda.
«Stronzo di merda!» urlò Tracey e proruppe in una risata che le fece mancare il fiato.
E Tanker rideva di loro in silenzio, osservandole mentre si affrettavano sul marciapiede, quasi correndo in direzione del parco, con le luci dei negozi alle spalle, e si facevano coraggio per affrontare l’oscurità. Conosceva bene quel metodo, l’aveva usato un sacco di volte quando doveva attraversare qualche territorio nemico e non aveva voglia di morire.
C’era un’unica differenza…
Lui non era morto.
Loro invece ci sarebbero rimaste secche.
Si teneva nascosto tra gli alberi in mezzo al viale, quasi esattamente dalla parte opposta alla loro, facendo percepire la sua presenza senza però farsi vedere, senza fare rumore, solo incurvando il labbro quando si erano messe a correre come matte per un tratto, subito dopo che la più bassa delle due aveva smesso di tossire.
Era una tentazione prendere due puttanelle in una volta, e i brividi lo scuotevano tanto da fargli venire i crampi alle gambe, mentre aveva la sensazione che i capelli gli venissero strappati dallo scalpo. Era da molto che non si sentiva così male e si era rallegrato quando le nuvole in cielo si erano leggermente diradate, lasciando uscire la luna: si era anche rallegrato per la pioggia di fine settimana. Aveva tenuto nascosti i suoi amici mentre si era trovato in quella cella odorosa di piscio, in mezzo a una manciata di altri uomini, stronzi raccolti da due poliziotti la notte di sabato. Uno di essi, un piccolo idiota dalla carnagione scura e pieno di moccio, sembrava avere più paura di un cane bastonato. Comunque, Tanker non aveva tentato di fuggire, perché non sapevano che aspetto avesse, non sapevano chi fosse, non sapevano quello che aveva fatto. Li aveva seguiti facendo finta di essere più debole e indifeso di quello che era, dicendo «signore» ogni volta che parlava, dando un nome falso, dormendo sulle loro fottute brandine e mangiando il loro fottuto cibo che, tutto considerato, non era poi tanto male.
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