Mentre parlava indicò lo straniero con il viso che irraggiava una tale serenità e grazia che lui ne fu chiaramente commosso e si chinò al suo fianco guardandola con manifesta ammirazione.
«Signora», disse, e posò la sua grande e larga mano su quella piccola e fragile che sorreggeva il bambino. «Che io possa mostrarmi degno di questa fiducia. Il vostro coraggio è straordinario; dite soltanto ciò di cui avete bisogno e sarà vostro».
«Ci aiuterete?», chiese lei, ripetendo la domanda che io gli avevo posto nel rifugio segreto dello strigoi.
Di nuovo Kohl rispose subito, con la sua ferma voce di basso:
«Sì».
Così i nostri destini furono decisi. Io non potei fare altro che baciare il palmo della mano di mia moglie e tenerla stretta mentre preparavamo i piani che ci laceravano il cuore.
Entro un’ora avevamo abbandonato il castello, portando con noi soltanto le cose più necessarie nel caso che fossimo sopravvissuti. Indirizzai il forestiero verso nord, mentre noi prendevamo la strada di fuga più ovvia verso sud-ovest, verso Bistritz.
Era già tardo pomeriggio; la pioggia era cessata, ma l’aria era umida e fredda. Nuvole scure riempivano ancora il cielo, trasformando il giorno nell’oscurità di un prematuro crepuscolo. …alti alberi stillavano gocce di pioggia ricordando un altro momento, un altro Stefan. Avevo sognato mio fratello nel rientrare in quella scura foresta: pensai di nuovo a lui in quel momento mentre fuggivamo, e pensai anche a Shepherd, di cui ci fidavamo, ma che aveva dimostrato di avere il cuore di un lupo.
Guidavo il calesse, con la Colt di papà infilata nella cintura come protezione contro i lupi. Mary giaceva dietro di me sul sedile dei passeggeri, adagiata su dei cuscini e riparata da coperte di lana, con un piccolo fagotto stretto teneramente al seno.
Non avevamo che un’ora prima del tramonto. Per quel momento lo straniero avrebbe attraversato un corso d’acqua, che Mary mi disse rendeva il Vampiro incapace di seguirlo, tranne che nella bara o nel periodo di secca.
Ma per la strada che avevamo scelto, mia moglie ed io non avremmo raggiunto il fiume più vicino che dopo circa due ore. Era un pericolo che avevamo volontariamente accettato, in modo che l’altra carrozza potesse essere in salvo.
Di nuovo, fui preso dallo stesso panico che avevo sentito vent’anni prima, quando, a cinque anni, correvo attraverso la foresta bagnata, in cerca di mio fratello. Mi calmai chiamando Mary. Temevo che potesse avere un’emorragia, un’eventualità di cui lo straniero ci aveva avvertito, ma per la quale ci aveva dato anche istruzioni.
Lei rispose debolmente, ma incoraggiandomi che tutto andava bene. Così guidai, forzando i cavalli il più possibile, facendo delle smorfie a ogni scossone nella strada non livellata e gettando delle occhiate dietro le spalle a Mary, che sopportava tutto in silenzio ma che era pallida e con le labbra tirate dal dolore mentre stringeva più forte al suo seno il fagotto.
Dopo un po’, la foresta lasciò il posto al villaggio — dove diedi uno sguardo d’addio alla piccola casa di Masika Ivanovna e al cimitero della chiesa — e poi di nuovo la foresta mentre ci dirigevamo a Borgo Pass. Presto il sole calò, e la tortuosa strada sabbiosa si restrinse finché fummo circondati dall’oscurità, dalle sagome nere degli alberi e da lontane montagne. La luna sorse, dipingendo di luce argentea i rami baciati dalla pioggia.
La notte portò con sé ulteriore paura; io caddi nello stesso soffocante panico che avevo provato quando ero rimasto intrappolato con i cavalli e i lupi che attaccavano, nella foresta immersa nella notte.
Silenzio. Tutto era silenzio, tranne che per il respiro affaticato dei cavalli e il rumore del terreno sotto le ruote. Camminammo in questo modo per lo spazio di un’ora, finché osai sperare che avremmo potuto portare a termine la nostra fuga.
Ma poi udii un ululato. Dapprima lontano, poi più vicino e seguito da un altro. E poi un altro e un altro.
Feci schioccare le redini e gridai ai cavalli spaventati di andare più veloci, più veloci, sapendo che non sarebbe servito a nulla: il fiume che ci avrebbe fornito la salvezza era a un’altra mezz’ora di distanza verso ovest.
Continuai a guidare, pregando che l’altra carrozza avesse già trovato la salvezza data dall’acqua, pregando che il nostro sacrificio non fosse vano.
Gli ululati si avvicinarono. Estrassi il revolver di papà. Come se fossero stati evocati da quell’azione, i lupi emersero dall’oscurità in tutte le direzioni. Un branco di sei lupi superarono il calesse, attaccando i cavalli che nitrivano con un’incalzante ferocia che fece gridare me e Mary all’unisono.
Nello stesso tempo, provai pietà per loro, sapendo che non erano altro che delle pedine di V. come ero stato io, ma la pietà non poté sopprimere l’istinto alla sopravvivenza. Feci fuoco, costringendo la mia mano a non tremare, poiché ci sarebbero stati più lupi che pallottole. Infatti, ne uccisi uno con facilità, mentre stringeva la zampa di un cavallo, solo per vedere che altre due creature ringhianti balzavano fuori dall’oscurità per prendere il posto del loro compagno caduto.
Poi l’obiettivo dell’attacco dei lupi si spostò dai tremanti cavalli a noi. Mentre un’altra pallottola ne colpiva un secondo, un altro emerse dall’oscurità e saltò sul posto del passeggero dove si trovava mia moglie.
La paura e l’istinto mi resero come pazzo. Mi voltai con rapidità soprannaturale e spinsi il grilletto un millesimo di secondo prima che l’animale affondasse i denti nel collo di Mary. Morì con un rantolo, con le mascelle piene di saliva spalancate, e cadde ai piedi di lei che si alzò ammutolita dallo spavento, con il fagotto premuto strettamente contro di sé. Con ripugnanza spingemmo via la creatura morta dalla carrozza.
Improvvisamente i lupi cessarono il loro attacco. Per alcuni minuti si placarono, gemendo piano, poi si accucciarono intorno a noi nella luce lunare come delle silenziose sfingi grigie, le orecchie tese in un’attesa strana, inquieta. I cavalli — tremanti e insanguinati ma non seriamente feriti — battevano gli zoccoli e nitrivano con irritazione. Posai la pistola sul sedile del guidatore, accanto a me, sapendo che la pallottola che restava nel caricatore, si sarebbe dimostrata inutile contro il male che stava per arrivare.
Dall’oscurità che ci sovrastava, una sottile colonna di nebbia si alzò nel cielo ad oriente, aleggiando sulle nostre teste e posandosi davanti al nostro calesse, proprio all’interno del cerchio di lupi. Mentre guardavamo, la nebbia, cosparsa dai bagliori di una luce ultraterrena blu e rosa, cominciò lentamente a solidificarsi e a prendere la forma di un uomo, finché, alla fine, lo stesso V. fu davanti a noi.
Era giovane, con i capelli corvini, in possesso della stessa abbagliante bellezza leonina che avevo visto nell’Impalatore quando mio padre mi aveva condotto al suo trono, e in quei penetranti occhi sempreverdi brillava un disprezzo pieno di scherno. Alla vista del loro padrone, gli animali guairono e abbassarono i loro musi tra le zampe in segno di infelice obbedienza.
«Arkady», disse piano, ma la sua voce riempì l’intera foresta. «Non ti avevo considerato tanto pazzo. Credevi veramente di potermi sfuggire?».
Si mosse verso la carrozza — non camminando ma, semplicemente, ingrandendosi nel mio campo visivo — e tese la mano verso Mary, che sedeva, premendo il bianco fagotto di lana al suo cuore.
«Dammelo. Svelta! La mia pazienza si è esaurita da molto tempo».
Subito i miei occhi cercarono quelli di Mary, e ci guardammo l’uno negli occhi dell’altra con segreto trionfo pur in preda alla paura. Lei si alzò e con un’espressione di un odio talmente intenso che non avevo mai visto prima, gettò il fagotto dalla carrozza verso i lupi, gridando:
Читать дальше