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Jeanne Kalogridis: Il patto con il Vampiro

Здесь есть возможность читать онлайн «Jeanne Kalogridis: Il patto con il Vampiro» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Roma, год выпуска: 1997, ISBN: 978-88-8183-794-6, издательство: Newton & Compton, категория: Ужасы и Мистика / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Jeanne Kalogridis Il patto con il Vampiro

Il patto con il Vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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Per questo stupefacente debutto narrativo Jeanne Kalogridis ha scelto di confrontarsi con uno dei classici più avvincenti e terrificanti della letteratura dell’orrore: Dracula di Bram Stoker. Misterioso e sensuale, questo romanzo, scritto in forma di diario, pone l’inquietante figura di Dracula al centro di un puzzle particolarmente intricato. Partendo cinquant’anni prima dell’inizio del romanzo di Stoker, il patto con il Vampiro svela infatti l’esistenza di un antico e segreto accordo nella famiglia Dracula. Arkady, pronipote del principe Vlad Tsepesh, meglio conosciuto come Dracula, vive nell’incubo di una terribile minaccia, costretto a procurare sempre nuove vittime al suo adorato prozio per salvare la vita alle persone amate. Coinvolto in un abisso di morte e di sangue, Arkady oserà ribellarsi al suo tragico destino e sfidare Dracula, per il bene della sua famiglia.

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«Chi siete voi?»

«Arkady Tsepesh, il suo pronipote».

Risi ancora, in tono stridulo, senza divertimento.

«O piuttosto il suo pro-pro-pronipote, con ancora molti gradi».

«Dovete portarmi da lui».

Ancora una volta, cercai di ridere; ne emerse un singhiozzo.

«Lo farei se potessi: si è nascosto».

Abbassai la voce fino a un insistente bisbiglio.

«È un assassino… è peggio di un assassino. Ecco perché ve ne dovete andare subito! Per favore… Vi supplico! Andate! Non siete al sicuro!».

Dietro gli occhiali gli occhi di Kohl si ingrandirono per la meraviglia; quell’emozione lasciò subito il posto alla fiducia. Eppure rimase ostinato e immobile sulle scale, con il revolver ancora puntato alla mia testa.

«Vi credo», disse calmo. «E non ho alcun desiderio di farvi del male, ma devo insistere…».

« Domnule! Domnule! » .

Dunya scese gridando per le scale, con i capelli scuri che le sfuggivano dal fazzoletto e del sangue vivido che le sporcava il grembiule di lino. Era così agitata che non reagì allo strano quadro di Kohl che mi puntava contro una pistola, mentre io ero rannicchiato due gradini più in basso. In tedesco, la lingua che condivideva con la sua padrona e che, senza dubbio, aveva parlato durante la notte trascorsa e il mattino, gridò:

«Venite ad aiutare! Il bambino è capovolto e io non so muoverlo! Lei ha un’emorragia…! Ho paura che muoiano tutti e due!».

Le lacrime e il panico nei suoi occhi erano autentici. Senza pensare alla canna della pistola puntata alla mia testa, mi alzai e mi feci strada scansando Kohl: V e tutti i Demoni dell’Inferno non mi avrebbero trattenuto. Dunya ed io salimmo correndo le scale, passando attraverso la camera interna, fino all’elegante prigione, al fianco di Mary.

Le lenzuola del letto erano macchiate di rosso: mia moglie era caduta in deliquio, ed era così spaventosamente pallida, che pensai fosse morta finché non si mosse e gemette. Caddi in ginocchio accanto a lei e le presi la mano fredda. Era in uno stato di tale sofferenza che non mi riconobbe, ed io stesso ero così disperato — impotente mentre guardavo mia moglie dalle labbra grigie — che non degnai di un pensiero lo straniero, e non mi resi conto che ci aveva seguito, finché non udii la sua voce dietro di me che diceva a Dunya:

«Tienila calda e premi qui. Io ritornerò immediatamente».

In quel momento, ascoltai le sue parole ma non le udii veramente. Senza fare domande, Dunya obbedì agli ordini del forestiero, singhiozzando piano quando io, per la prima volta nella mia vita, pregai. Non sono sicuro se pregai Mary, mio padre, Dio o un astratto Bene, ma so che la disperazione estrema del mio cuore lacerò il velo tra questo mondo e il mondo invisibile e mi permise di passarvi attraverso e di toccare il limite di Qualcosa — una forza — molto reale, molto viva.

Offrii in cambio la mia vita, la mia anima, se mia moglie fosse riuscita a sopravvivere a quel momento, se solo a mio figlio fosse stato risparmiato il destino di mio padre. Pregai che potesse esservi nel mondo un Bene abbastanza forte per vincere il Male che aveva soggiogato la mia famiglia; pregai che il retaggio di sangue potesse finire con me.

La mia anima era così assorta nella supplica, che non notai affatto che il forestiero se n’era andato ed era ritornato. So soltanto che, alla fine, una grande ombra incombente cadde sul viso pallido di Mary; guardai in su, temendo di vedere V… e, invece, vidi lo straniero, come un grande orso biondo ai piedi del letto, senza giacca, con le maniche della camicia arrotolate sopra i gomiti.

Dunya aveva mantenuto le candele accese nella camera senza finestre e delle minuscole fiammelle danzavano, riflesse negli occhiali.

«Non ho menzionato nella lettera che ero un medico», disse, poggiando una grossa borsa da medico nera sul letto. «Forse, posso essere d’aiuto». Si chinò e, muovendo discretamente le lenzuola, esaminò mia moglie tastandola. «Bene. È vero, il bambino è capovolto, ma noi lo raddrizzeremo…».

Si mise al lavoro. Accadde subito dopo: l’urlo lacerante di Mary, seguito rapidamente da quello del bambino, e poi lo straniero tenne nelle sue mani enormi il mio bambino, viscido e coperto di sangue.

«Un maschio», annunciò, e ci sorridemmo l’un l’altro, senza frenare la contentezza, come se non fossimo degli sconosciuti ma dei vecchi e cari amici che condividevano quella gioia; come se lui non avesse, qualche minuto prima, tenuto una pistola puntata al mio cranio.

Mio figlio. Il mio piccolo, arrabbiato e piangente figlio.

Mia moglie cadde ben presto addormentata mentre l’inatteso medico si prendeva cura di lei. Io mi lasciai andare su una sedia vicina e piansi per la bellezza e l’orrore dell’evento.

Quando il forestiero ebbe finito e si fu lavate le mani in un catino, si voltò verso di me, asciugandosi le mani in un asciugamano, e disse a voce bassa:

«Il bambino è piccolo ma sano. È prematuro, vero?».

Annuii, e con una mano tremante mi coprii gli occhi.

«Senza dubbio la madre ha sofferto per qualche recente spavento».

Gettai una cupa occhiata a Dunya, che aveva finito di lavare il bambino ed ora lo stava avvolgendo strettamente nelle coperte, poiché desideravo parlare liberamente allo straniero ma non osavo con lei presente. Il dottore vide e sembrò intuire la mia riluttanza, sebbene sorridesse a Dunya mentre lei gli porgeva il bambino pulito.

Rapidamente, assentii con la testa in modo che Dunya non lo notasse.

Lui sistemò il bambino nelle braccia di mia moglie che sonnecchiava e disse piano:

«È giovane e forte, ma ha perso una pericolosa quantità di sangue. Avrà bisogno di molte cure».

Allora Mary si mosse e si trovò il bambino nelle braccia, e il sorriso con cui ci onorò in quel momento rimarrà per sempre il mio ricordo più dolce.

«Il nome», bisbigliò. «Quale sarà il suo nome?»

«Stefan», risposi. «Per mio fratello».

«Stefan George».

Lo disse lentamente, assaporandone il suono.

«Un bel nome», aggiunse il dottore, illuminandosi.

Mary sussultò leggermente alla vista dell’estraneo, ma io sussultai per le sue parole poiché tutti e tre avevamo appena parlato nella lingua madre di mia moglie.

«Parlate inglese», dissi.

«Sì. C’è qualcosa che volete dire e che non volete che la ragazza oda?».

Ancora sorridendo, indicò il bambino con la testa come se avesse appena fatto un complimento a dei genitori orgogliosi.

Guardai mio figlio, rosso, rugoso e bello.

«È un’alleata del Principe; adesso saprà che siete qui. La vostra vita è in grande pericolo. Dovete partire immediatamente…».

«E che cosa ne sarà di voi e della vostra famiglia?». Il forestiero si chinò sul bambino e gli offrì un grande e grosso dito, che il piccolo Stefan afferrò con forza. «Non sarebbe consigliabile che vostra moglie viaggiasse, ma questo luogo… Ho visto quali orrori vi sono nella stanza che conduce a questa. Voi mi sembrate delle persone buone. Vi devo abbandonare qui?».

Seppi in quel momento che la mia preghiera era stata esaudita nella forma di quell’uomo, che aveva salvato mia moglie e poteva, adesso, salvare mio figlio.

Lo guardai con speranza.

«Forse mi potete aiutare».

Mi alzai e camminai verso l’entrata, lasciando Mary con il bambino. Non desideravo offuscare la sua felicità in quel momento.

Kohl sembrò capire; sorrise a mia moglie e disse in tedesco:

«Il bambino ha senza dubbio fame, signora. Permettetemi di lasciarvi sola per alcuni minuti per nutrirlo».

Mi seguì nel corridoio e si chiuse la porta alle spalle.

Dissi a voce bassa in inglese:

«Perché siete qui?».

Il forestiero esitò; la sua espressione indicava che la fiducia lottava con il sospetto.

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